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di Alessandro Pellizzari
Milioni di messaggi quelli che ci scambiamo ogni giorno. Ma pochi rimangono impressi: troppo veloci, visualizzati il tempo di un click, liquidati con una faccina o subito cancellati. Ma c’è messaggio e messaggio, e ogni tanto ci si dovrebbe fermare, concentrandosi almeno su quelli davvero importanti, perché possono cambiarti la vita o cambiare quella dei tuoi cari.
Il 28 luglio abbiamo una grande occasione per fermarci e pensare alla nostra salute, mettendoci la testa e non uno sguardo fuggevole: in questa data cade, infatti, la Giornata Mondiale delle Epatiti. “E perché mai dovrei pensare alle epatiti?”, diranno alcuni di voi, “non è un mio problema…”. Sbagliato: le epatiti sono un problema di tutti, come spiega bene Gilead Sciences con la campagna Viral, insieme con le Società Scientifiche e le Associazioni di pazienti impegnate nell’area delle epatiti virali.La campagna Viral sarà online proprio dal 28 luglio e coinvolgerà numerosi influencer che posteranno le grafiche dedicate sui loro profili social e nelle story, in modo che tutto possa essere condiviso.
Dunque, perché è importante essere a conoscenza del problema epatiti, in particolare dell’epatite C?
Molti hanno l’epatite C e non lo sannoSi calcola che oggi nel nostro Paese fra le 71mila e le 130mila persone abbiano contratto il virus dell’epatite C e non ne siano consapevoli. E si stima che i soggetti con infezione cronica siano circa l’1% della popolazione.
Queste persone non hanno ancora sviluppato dei sintomi, ma, con il passare del tempo e senza fare nulla, sono a rischio di ammalarsi gravemente. In più, possono contagiare altre persone.
La trasmissione del virus avviene, infatti, attraverso il contatto con il sangue infetto di un portatore del virus. Ciò può succedere attraverso strumenti chirurgici o estetici non adeguatamente disinfettati (piercing, tatuaggi, interventi dentistici o di agopuntura, per esempio, possono esporre al rischio se chi li esegue non rispetta le regole di igiene sanitaria). Ma possono bastare anche la condivisione di uno spazzolino da denti infetto o un rapporto sessuale non protetto. Un’indagine Doxa Pharma – Gilead Sciences ha rivelato come gli italiani sappiano poco o nulla dell’epatite C: il 64% degli intervistati over 30 è quasi del tutto disinformato mentre, del 36% di coloro che si definiscono conoscitori della malattia, solo il 4% afferma di sapere bene di cosa si tratti.
Chi rischia di più l’epatite C ha compiuto 50 anni
Prima del 1989 non si sapeva neanche che esistesse il virus HCV, quello dell’epatite C, e quindi non esisteva neanche il test per individuarne la presenza nel sangue. Le trasfusioni, poi, prima del 1990, non avevano le garanzie di controllo e sicurezza di oggi, e non sempre si impiegavano strumenti usa e getta in ambito estetico (pensiamo alle lamette o alle forbici) e sanitario. Molte persone hanno quindi contratto il virus senza saperlo e oggi non sono consapevoli del fatto che possono sviluppare l’epatite C. Quando questo succede, le cellule del fegato vengono danneggiate dal virus HCV fino a morire, lasciando cicatrici sull’organo (fibrosi epatica), che a lungo andare lo danneggiano gravemente (cirrosi epatica).
Come scoprire se si è contratto il virus HCV
Basta un test del sangue per scoprire il virus HCV, in modo da potersi curare subito. Il problema è la scarsa conoscenza delle dinamiche dell’epatite e la mancanza di sintomi, che può permanere anche per anni. Solo il 5-10% dei pazienti nella prima fase presenta i segni che possono indurre ad andare dal medico o porre dubbi durante una visita di routine, come, per esempio febbre, vomito, diarrea, malessere generalizzato e/o affaticamento (tutti sintomi, fra l’altro, piuttosto generici). L’ittero, cioè il colore giallastro della pelle o delle sclere oculari può suscitare dubbi più mirati, ma non è sempre presente. Il 73% degli italiani over 30 non ha quindi mai fatto il test per rilevare la presenza del virus HCV, e il 47% degli intervistati nell’indagine Doxa Pharma – Gilead Sciences non sa se la malattia sia curabile o meno. Questo dato è preoccupante, considerando che una diagnosi precoce è fondamentale per iniziare il trattamento in modo tempestivo e per prevenire la progressione della malattia. L’epatite C è dunque una malattia sotto-diagnosticata.
Un virus cattivo ma curabile
Nel 60%-80% dei casi di infezione il sistema immunitario non riesce ad avere la meglio sul virus: è la fase cronica dell’infezione da HCV. Oggi sappiamo però che dopo 20-30 anni di infezione, oltre il 20% dei pazienti sviluppa cirrosi epatica e, nel 5% dei casi un tumore. L’epatite C è dunque una malattia che può avere conseguenze gravi per la salute, ma è anche una malattia curabile, grazie alle terapie disponibili. Le moderne cure per l’epatite C prevedono l’utilizzo di farmaci che agiscono direttamente sul virus, eliminandolo dall’organismo nella maggior parte dei casi: portano, infatti, all’eradicazione del HCV nel 95% dei casi. Questi trattamenti sono efficaci, vengono somministrati per via orale in poche compresse giornaliere e di solito presentano solo lievi effetti collaterali.
La Giornata Mondiale delle Epatiti è dunque un momento cruciale per sensibilizzare l’opinione pubblica su queste malattie silenti, in particolare l’epatite C. Attraverso campagne come Viral, possiamo combatterle, diffonderne la conoscenza e garantire un futuro senza questa minaccia. Perché c’è messaggio e messaggio, come si diceva all’inizio.
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Tag: epatite.