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A San Pietro per la vigilia di Natale è rimasto seduto sulla carrozzina, questa volta, si è alzato in piedi e, camminando con difficoltà, ha bussato al portone di bronzo della cappella: così papa Francesco ha aperto la seconda Porta Santa del giubileo, nel carcere di Rebibbia. Jorge Mario Bergoglio è giunto poco prima delle nove alla casa circondariale di Roma, accolto dal ministro della giustizia Carlo Nordio. E’ presente anche Giovanni Russo, capo dimissionario del Dap, e Alessandro Diddi, procuratore vaticano. Ai detenuti Francesco ha assicurato: “Tutti i giorni prego per voi: non è un modo di dire, penso a voi e prego per voi”.
Roma, Papa Francesco nel carcere di Rebibbia per l’apertura della seconda Porta Santa. La diretta
“La speranza non delude”
“La prima Porta Santa la ho aperta a Natale in San Pietro, ma ho voluto che la seconda fosse qui in un carcere”, ha detto Francesco introducendo la celebrazione: “Ho voluto che ognuno di noi, tutti che siamo qui, dentro e fuori, avessimo la possibilità di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude”. Bergoglio ha chiesto a monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliare di Roma per la carità, di accompagnarlo e, alzatosi dalla carrozzina, si è avvicinato a piedi alla porta della cappella del Padre Nostro, ha bussato e la porta è stata aperta.
Le porte del cuore
“Io ho voluto spalancare la porta oggi qui: la prima l’ho fatta a San Pietro, la seconda è vostra”, ha detto il Papa nella breve omelia che ha pronunciato a braccio: “E’ un bel gesto spalancare, aprire le porte, ma più importante è quel che significa: aprire i cuori, cuori aperti, e questo fa la fratellanza. I cuori duri non aiutano a vivere. La grazia di una giubileo – ha proseguito Bergoglio – è spalancare, aprire, e soprattutto aprire i cuori alla speranza. La speranza non delude mai. Pensate bene a questo: anche io, perché nei momenti brutti uno pensa che tutto è finito, non si risolve niente, ma la speranza non delude mai. A me piace pensare la speranza come l’ancora che è sula riva e noi con la corda stiamo lì, sicuri, perché la nostra speranza è come l’ancora sulla terra. Non perdere la speranza, questo è il messaggio che vorrei darvi: non perdere la speranza, la speranza non delude. Delle volte la corda è difficile, ci fa male alle mani, ma sempre con la corda in mano guardando la riva l’ancora che porta avanti: sempre c’è qualcosa di buono, sempre c’è qualcosa per andare avanti. La mano nella corda e, secondo, le finestre spalancate, le porte spalancate. Soprattutto la porta del cuore: quando il cuore è chiuso diventa duro come la pietra, si dimentica della tenerezza. Anche nelle situazioni più difficili – ognuno di noi ha la propria, più facile, più difficile – ma sempre il cuore aperto, il cuore che è proprio quello che ci fa fratelli. Spalancate le porte del cuore. Ognuno sa come farlo, ognuno sa dove la porta è chiusa o semichiusa, ognuno lo sa. Due cose vi dico: prima, la mano nella corda, con l’ancora della speranza, secondo spalancate le porte del cuore. Abbiamo spalancato questa, ma questa è un segnale della porta del nostro cuore. Vi auguro un grande giubileo. Vi auguro molta pace… e tutti i giorni prego per voi: davvero, eh?, non è un modo di dire, penso a voi e prego per voi. E voi pregate per me”.
I carcerati a messa
Delle 300 persone presenti in Chiesa, spiega Gnewsonline, il notiziario web del ministero della Giustizia un centinaio, fra uomini e donne, i detenuti provenienti dai quattro istituti penitenziari di Rebibbia. Una buona parte siede davanti al Pontefice, alcuni, in qualità di cantori, costituiscono il coro che intona i canti previsti dalla liturgia. A conclusione della messa monsignor Rino Fisichella, responsabile vaticano dell’anno santo, ha fatto firmare al Papa una pergamena che ricorda la visita e definisce ufficialmente quella della cappella di Rebibbia una Porta Santa del giubileo.
L’opera d’arte con i detenuti
Al suo arrivo nel cortile del carcere il Papa è stato accolto dal cardinale José Tolentino de Meondonca, prefetto del dicastero vaticano per la Cultura, che lo ha accompagnato nell’inaugurazione dell’opera d’arte intitolata «Io contengo moltitudini», firmata dall’artista Marinella Senatore ma realizzata insieme a tutta la popolazione carceraria, pensata per essere vista dai detenuti e dai loro familiari.
L’appello per l’amnistia
Nella bolla di indizione del giubileo, Spes non confundit (la speranza non delude), il Papa fa appello per “forme di amnistia o di condono della pena” dei detenuti e “percorsi di reinserimento” a loro dedicati, nonché per “l’abolizione della pena di morte”, e aggiunge: “Per offrire ai detenuti un segno concreto di vicinanza, io stesso desidero aprire una Porta Santa in un carcere, perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita”. Un tema, quello del carcere, affrontato da Francesco anche in occasione della benedizione urbi et orbi pronunciata a Natale, quando ha sottolineato che Gesù “attende i carcerati che, nonostante tutto, rimangono sempre figli di Dio”.