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Codice alla mano, ha chiesto al tribunale penale di Venezia di rinviare un’udienza perché incinta all’ottavo mese, dunque per legittimo impedimento. Del resto per l’avvocata Federica Tartara compiere il viaggio dalla sua Genova, a venti giorni previsti dal parto, non era proprio consigliato: «Anche perché non vorrei ritrovarmi a partorire sul treno», spiega lei.
Invece niente, la giudice titolare del dibattimento non ne ha voluto sapere. Nonostante la legale avesse depositato l’istanza di rinvio secondo le norme previste, inviando comunque in udienza un collega di Venezia, la giudice ha deciso di rigettare la richiesta «sostenendo che vi fossero già stati troppi rinvii e che un legale che sa di non potersi assumere un incarico, non deve assumerlo», riporta Tartara.
La quale è diventata difensore di una coppia accusata di appropriazione indebita nemmeno due settimane fa, il 4 novembre scorso, a pochi giorni dall’ultima udienza del processo fissata per il 12 novembre, subentrando dunque a un altro avvocato.
Tartata ha deciso di presentare un esposto al Csm: «La giudice ha obbligato il collega che avevo delegato a discutere un processo di cui non conosceva gli atti e condannando gli imputati. Se un giudice non è più sottoposto neppure al codice dove finiremo? Una donna avvocato non ha neppure il diritto di evitarsi una gravosa trasferta alla 36ma settimana di gravidanza?».
La questione non è finita solo al Csm ma in queste ore è all’attenzione dell’Ordine degli avvocati di Genova, della Camera Penale della Liguria e della Commissione Pari Opportunità.