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Giuliano De Seta, morto in stage a 18 anni, era solo ai macchinari. Si indaga per omicidio

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VENEZIA – L’ipotesi principale è che fosse appoggiato su due cavalletti senza un sistema di ancoraggio o protezione lo stampo di due tonnellate che venerdì ha travolto Giuliano De Seta, il diciottenne di Ceggia morto durante lo stage in azienda. È uno degli aspetti che emerge dopo il sopralluogo dei tecnici dello Spisal e dei carabinieri alla Bc Service di Noventa di Piave, chiusa e posta sotto sequestro, e sui quali si concentrerà l’indagine.

Una prima relazione con la ricostruzione di quanto accaduto è arrivata sulla scrivania della sostituto procuratore Antonia Sartori che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. L’inchiesta dovrà chiarire anche quali mansioni il ragazzo, impegnato nel percorso di alternanza scuola lavoro avviato con l’Istituto tecnico Da Vinci di Portogruaro, potesse e dovesse svolgere all’interno dell’azienda. E quale percorso di formazione avesse seguito per mettersi a operare con i macchinari

Al momento dell’infortunio, è emerso dalle prime verifiche e testimonianze, non c’era nessuno con lui quando è stato travolto e schiacciato dallo stampo. Il ragazzo poteva stare lì da solo o doveva essere affiancato, in quelle fasi, dal tutor aziendale? Perché non c’erano sistemi di protezione adeguati a evitare la caduta? La Bc Service è un’azienda meccanica artigiana con una ventina di dipendenti che da tempo collabora, per i percorsi professionali degli studenti, con la scuola frequentata da Giuliano.

Giuliano De Seta 

I genitori, Antonella Biasi ed Enzo De Seta, chiedono di «sapere la verità», ma non accusano nessuno. Pretendono giustizia, ma non puntano il dito contro l’alternanza scuola lavoro. «Per noi non è una cosa negativa» perché Giuliano «era contento di lavorare e imparare, rientrava a casa dallo stage sorridente». Lo aveva scelto lui, loro erano d’accordo. L’azienda non li ha ancora contattati ma «alcuni operai ci hanno chiamato per far sentire la loro vicinanza e dirci che Giuliano era un bravo ragazzo, e ben voluto».

Un diciottenne con i piedi per terra, ma pieno di sogni. La Vespa bianca d’epoca regalata da papà con la quale portava a spasso la fidanzata, la stessa Vespa con cui andava in azienda, a dieci minuti da casa. E poi l’esame della patente che avrebbe affrontato a breve, la passione per l’atletica, la pesca e il mare della Calabria, dove gli piaceva immergersi durante le vacanze estive.

A inizio agosto, per i suoi 18 anni, «aveva fatto il suo primo volo con paracadute in tandem, un’esperienza che lo aveva riempito di gioia. Voleva studiare ingegneria a Milano e poi aprirsi una sua attività». Aveva una passione per la meccatronica, trasmessa dal papà, e per questo aveva scelto di frequentare l’istituto tecnico Da Vinci. Era in quinta. Un’altra settimana in azienda e poi sarebbe rientrato in classe con i suoi compagni che, da quando hanno appreso la notizia, sono scioccati, come il resto della scuola. Per questo la preside Anna Maria Zago ha ritenuto di concludere una settimana prima i tirocini in corso nelle classi quinte.

Oltre allo sconforto, cresce la rabbia. «Martedì, in occasione della manifestazione contro lo sfruttamento climatico, andremo davanti ai cancelli dell’azienda per denunciare un altro sfruttamento, quello degli studenti utilizzati per avere manodopera gratuita», annuncia Nina Mingardi, del Coordinamento studenti medi di Venezia.

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha detto che «quando si parla di incidenti sul lavoro il grado di tolleranza deve essere zero, tanto più quando sono coinvolti i ragazzi», e ha annunciato che un rappresentante del ministero sarà presente al funerale, giorno in cui è stato annunciato il lutto cittadino.

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