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Giuseppe Conte giù nei sondaggi adesso attacca Draghi: “Lui ha tradito il Paese”

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ROMA – “È stato Mario Draghi a tradire l’Italia, non il M5S”. Eccola l’ultima accusa che inverte la realtà nel tentativo di cancellare le impronte digitali della crisi che ha sfasciato il governo. Dopo Berlusconi (“Era stanco”) e Giorgia Meloni (“È scappato dalla tempesta perfetta in arrivo”) ci prova pure Giuseppe Conte a scaricare la colpa sul premier: è stato lui a voltare le spalle al Paese quando ha deciso di ignorare l’agenda sociale proposta dal Movimento. In sostanza, questa la tesi sostenuta su Fb, si è affondato da solo. 

L’avvocato passa al contrattacco

Trattato come un appestato dagli (ex) alleati, rassegnato all’espulsione dalla coalizione progressista, l’avvocato è passato al contrattacco. Doppio l’obiettivo. Restituire lo schiaffo di Enrico Letta, che con una cliccatissima card sui social (“L’Italia è stata tradita”) lo aveva additato fra i responsabili del draghicidio. E indicare l’asse portante della campagna grillina: da soli contro tutti, ma specialmente contro il Pd. Mossa necessaria per recuperare terreno. L’ultimo sondaggio di Termometro politico dà in salita Fdi al 23,7% e Pd al 22,7; in calo i partiti che hanno rotto l’unità nazionale: la Lega scende al 15,4, M5S all’11,9, FI al 7,6.

“L’Agenda Draghi lontana dalla nostra”

“È vero, Enrico. L’Italia è stata tradita quando in Aula il premier e il centrodestra, anziché cogliere l’occasione per approfondire l’agenda sociale presentata dal M5S, l’hanno respinta umiliando tutti gli italiani che attendono risposte”, la premessa di Conte. “L’agenda Draghi da voi invocata ha ben poco a che fare con i temi della giustizia sociale e della tutela ambientale, che sono stati respinti e umiliati sprezzantemente”. Un modo per marcare le distanze, provare a tornare megafono del popolo vessato dai Migliori, impostare la linea delle urne. Esplicitata poi da Danilo Toninelli: “È stato Draghi, con la complicità attiva di Salvini e Berlusconi e la complicità passiva di Letta, ad aver tradito la parte più debole della società. Il Pd ha gettato la maschera mostrando da che parte sta. Noi stiamo da quella degli italiani in difficoltà, per i quali continueremo a lottare, da soli contro tutti”. 

Il post di Zingaretti

Una parabola contestata dai Dem. Sempre più convinti di aver fatto bene a emarginare Conte, rimasto sordo a ogni richiamo quando ancora il governo si poteva salvare. “Se hai davvero a cuore la vita delle persone, lo dimostri dove si cambiano le cose, non su Facebook”, attacca Marco Furfaro, che per il Nazareno cura i rapporti con movimenti e associazioni. “Il salario minimo, il taglio del cuneo fiscale, gli aiuti alle famiglie erano a portata di mano. Un’agenda sociale costruita con il ministro Orlando che avrebbe cambiato la vita a milioni di italiani”, prosegue il dirigente, rivendicando le misure concrete promosse dal Pd, altro che i 9 punti del M5S. “Rompere ha avuto un solo risultato: dall’ottenere tutto siamo passati all’ottenere nulla. Le persone chiedono risposte, non like. E le risposte sociali saranno il nostro programma per i prossimi mesi”. Le elenca una per una Nicola Zingaretti: “Politiche per il lavoro, la scuola, la conoscenza, la sostenibilità ambientale e sociale, la parità di genere. Impegno per lo sviluppo e contro le disuguaglianze”. 

Un post che serve al governatore del Lazio per certificare la fine del patto giallorosso, di cui proprio lui fu sponsor e garante, e invitare Conte a non farsi strane idee. “Con Letta per un’Italia semplice”, scrive Zingaretti in chiusura. Chiaro il messaggio: non sarà lui a spingere per ricucire. Il tempo dei mediatori scaduto. “È grottesco assistere al ribaltamento della realtà”, conferma Gian Mario Fragomeli, capogruppo in Finanze: “Gli incoscienti di Lega, FI e M5S dicono che Draghi è vittima del suo stesso operato e che la sua agenda non rispondeva alle necessità del Paese. Purtroppo sarebbe stata utilissima per fronteggiare i tanti problemi che avremo in autunno”. Accuse e controaccuse. La campagna di quel che fu il campo largo si fa sempre più in salita. 

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