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La settimana trascorsa è stata tra quelle a più alta tensione per i rapporti tra il M5S e il premier Draghi, con un clima da pre-crisi di governo che è arrivato a scuotere anche l’alleanza fra Giuseppe Conte ed Enrico Letta. In questa intervista il presidente del M5S offre la sua visione sui rapporti fra l’Occidente e la Russia fino ad arrivare al futuro del centrosinistra. Secondo Conte l’Europa deve giocare una sua partita diplomatica, alla ricerca di una “soluzione politica” alla guerra, senza seguire tutte le orme degli Stati Uniti. Almeno non “pedissequamente”. Ma il punto di partenza di ogni riflessione non possono che essere le rivelazioni choccanti sulle esecuzioni di civili ucraini a Bucha.
Presidente Conte, ha visto?
“Sì, le notizie che arrivano da Bucha sono atroci…”.
Massacro a Bucha, le reazioni. Draghi: “La Russia ne renderà conto”. Letta: “Embargo completo su petrolio e gas”
Sono episodi che oggettivamente portano il conflitto in una dimensione molto diversa. Letta chiede un embargo del petrolio e del gas russo. E lei?
“Io penso che questi atti configurino dei veri crimini di guerra e i responsabili dovranno risponderne davanti alla Corte penale internazionale. Ma come Unione Europea non dobbiamo rispondere a queste atrocità con un’escalation militare, se vogliamo che termini questa carneficina dobbiamo lavorare con tutti gli strumenti a nostra disposizione per una soluzione politica”.
Zelensky a “Fox News” ha detto che, a questo punto, l’unica soluzione è la vittoria dell’Ucraina. In Italia invece molti, spaventati dalla guerra, sono preoccupati soprattutto di offrire una via di uscita a Putin. E se invece la strada giusta fosse proprio puntare alla sua sconfitta?
“Con la guerra non si gioca e l’Europa deve avere una posizione chiara. Una cosa è offrire il necessario sostegno all’Ucraina, altra cosa è pensare di procrastinare il conflitto nella speranza di piegare la Russia. L’Europa deve promuovere una soluzione politica, che muova dal riconoscimento del principio di autodeterminazione dell’Ucraina. Va inoltre evitato che lacorsa al riarmo possa assorbire le risorse che invece dobbiamo destinare al rafforzamento dei nostri sistemi di sicurezza sociale e della transizione energetica”.
Al 40° giorno di guerra la Russia sembra puntare a superare l’isolamento diplomatico con un’offensiva “multipolare” che coinvolge Cina e India. Come deve rispondere l’Occidente e l’Europa a questa sfida?
“La Russia ha un disperato bisogno di contrastare il suo isolamento politico. E per questo proverà a intensificare le relazioni con i giganti asiatici e a sfruttare le strutture cooperative già esistenti come la Shanghai Cooperation Organization, in cui si ritrovano proprio Cina, Russia e India. Il rischio che le nostre sanzioni spingano a integrare queste economie è molto alto. È per questo che l’Unione europea e gli Usa devono sferrare una grande offensiva politica e diplomatica nei confronti della Cina e dell’India: bisogna assolutamente evitare che la vecchia logica della Guerra fredda si riproponga in termini ancora più dirompenti del passato con il blocco della Nato da un lato e un blocco euro-asiatico dall’altro lato”.
Se Putin non viene fermato oggi in Ucraina, ci mettono in guardia i dirigenti di Kiev, domani si prenderà la Moldavia e poi, magari, tornerà a guardare ai baltici. C’è del vero in queste parole?
“Credo che il contagio della democrazia sia la più grave minaccia percepita dal sistema russo che, nel corso degli anni, si è sviluppato in direzione sempre più autocratica. Nel corso degli anni ’90 in Russia era ancora prevalente l’idea di una collaborazione con la Nato. Poi c’è stata la repressione in Cecenia, la guerra per l’Ossezia del sud, l’occupazione della Crimea, adesso l’Ucraina. Sono evidenti le linee di un disegno neo-imperialista che mira a recuperare un’influenza russa, diretta o per interposto governo, nelle vecchie repubbliche sovietiche”.
In Italia c’è ancora chi addebita alla Nato la “provocazione” contro la Russia. Lei ha partecipato ai vertici Nato come premier, c’era davvero questa aspirazione a tirare dentro l’Ucraina?
“Personalmente credo che la decisione di invadere l’Ucraina sia stata accelerata più dal ritiro della Nato in Afghanistan e dalla convinzione che l’Europa post-pandemica si sarebbe ritrovata divisa, che da improvvidi tentativi di far rientrare l’Ucraina nella Nato. Ma sull’alleanza atlantica occorre fare una valutazione più ampia. QuandoMacronne decretò la morte cerebrale, io lo ritenni un giudizio errato. Ma non dobbiamo nasconderci le contraddizioni in cui si avvolge da anni: il disimpegno degli Usa in Medio Oriente, il ritiro non concordato in Afghanistan, la scarsa attenzione per l’area del Mediterraneo ci inducono a valutare come gli interessi strategici dell’Italia e dell’Unione Europea non sempre siano coincidenti con quelli degli Stati Uniti”.
Dovremmo “allargare” l’Atlantico?
“Io penso che non dobbiamo in alcun modo mettere in discussione la nostra collocazione euro-atlantica. Vedo però diffondersi, soprattutto sulla scia emotiva di questa guerra, un vetero-atlantismo di stampo fideistico che, unito a un oltranzismo bellicista, rischia di portare ulteriori guai a noi e ai nostri alleati. Dobbiamo lavorare a sviluppare un progetto didifesa comune europea, che però deve partire da un rafforzamento della nostra politica estera e una maggiore integrazione europea anche sul piano politico”.
L’aumento delle spese militari è stata una questione molto divisiva nella maggioranza. Alla fine si farà ma con tempi più diluiti. Qual è la lezione che trae da questo scontro?
“Che la reazione a questo conflitto non può consistere in una forsennata rincorsa al riarmo nell’ambito della Nato e dei Paesi con maggiore spazio fiscale come la Germania. Sull’obiettivo del 2% della spesa militare, finalmente anche il governo ha chiarito che il 2024 è una data meramente indicativa e che va definito un piano temporale compatibile con il nostro Paese, che già oggi si ritrova sul ciglio di una pesante recessione. In sede Nato bisogna continuare la battaglia da me intrapresa per riequilibrare i criteri di contribuzione, tenendo conto anche dei costi politici che comportano le nostre missioni all’estero e attribuendo valore aggiunto alla “capacity building”, alla nostra abilità di favorire la creazione di strutture istituzionali efficienti”.
E sul fronte interno?
“Alcune forze politiche scherzano col fuoco. Fratelli d’Italia vorrebbe armare anche i Panda e deride le famiglie che non hanno nulla e percepiscono il reddito di cittadinanza. Ma non ci si rende conto che con il caro-bollette e una inflazione che galoppa a un +7%, il potere di acquisto delle famiglie meno abbienti e del ceto medio è calato rapidamente e tante imprese rischiano di chiudere”.
Lo scontro ha messo in crisi anche il “campo largo” del centrosinistra?
“Io lavoro per un campo progressista. Più che l’ampiezza mi sta a cuore la coesione di questo campo, perché non sono disponibile a prendere in giro i cittadini presentandomi alle elezioni con interpreti che sono in politica per difendere i loro propri interessi o rafforzare il predominio di élites economiche e sociali”.
Ce l’ha con Renzi e Calenda?
“Lei lo dice. Per parte mia escludo di poter presentare una proposta politica insieme a chi, comeRenzi, si specchia in un delirio narcisista e ha come priorità quella di fare affari in giro per il mondo. Quanto aCalendavedo che ogni giorno continua a ripetere ossessivamente che non vuole venire in alleanza con il Movimento. Io però non dispero, confido che prima o poi qualcuno possa informarlo che nessuno del Movimento l’ha mai invitato”.
E i rapporti con il Pd?
“Con il Pd non è in discussione il dialogo e la possibilità di continuare a costruire un’alleanza progressista, ma non dobbiamo nasconderci il fatto che su un tema non secondario stiamo registrando una distanza di sensibilità che tende a cristallizzarsi quando il Pd derubrica una nostra profonda convinzione a questione meramente elettorale. Noi abbiamo un’identità chiara, non siamo disposti a compromessi per compiacere. Sul salario minimo, ad esempio, ci aspettiamo che Pd prenda posizioni chiare e forti”.
Non sarebbe meglio, a questo punto, atterrare su una legge elettorale proporzionale?
“Noi siamo sempre stati favorevoli. E, al di là di valutazioni ispirate a singole convenienze, credo sia la necessaria risposta alla riduzione del numero dei parlamentari per garantire la più efficace rappresentatività del Parlamento”.
Da più parti vi accusano di voler logorare il governo. Con l’idea magari di passare qualche salutare mese all’opposizione prima del voto. È così?
“Non accetto che mi vengano rivolte queste accuse, molto spesso nella forma di insulti. Ogni volta che il Movimento pone una questione politica seria, scatta questo ricatto: “volete far cadere il governo”. Non intendiamo rinunciare alla dialettica politica. Le delegazioni governative delle forze politiche spesso si sono ritrovate a non poter consultare con congruo anticipo testi normativi anche molto complessi. Ma questa volta sul Def, ad esempio, non vogliamo che arrivi un testo chiuso: vogliamo contribuire con le nostre proposte su sanità, welfare, sostegno alle famiglie. Non è sano pensare che il governo sia portatore della soluzione migliore, mentre le forze politiche siano intente solo a piantare bandierine”.
Sulla missione dei russi in Italia alcuni pensano ci siano ancora punti oscuri da chiarire. Crede ancora che non abbiano spiato?
“Senta, ho chiesto io di essere ascoltato dal Copasir prima ancora di essere convocato, per riferire tutte le informazioni in mio possesso. Ho chiarito che alla luce delle informazioni che mi sono state sin qui riferite dai comparti interessati (Difesa, Intelligence, Protezione civile) non sono emersi elementi di criticità che possano far pensare che la missione russa abbia travalicato i confini sanitari”.