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Giustizia, Cartabia: “I processi sono più rapidi”. L’Anm, “stop alla pulsione di mettere in riga i giudici”

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ROMA – Sulla giustizia arrivano, in contemporanea, i messaggi al futuro governo della (tuttora) Guardasigilli Marta Cartabia e del presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia. La prima vanta i processi civili e penali più rapidi grazie alle sue riforme e ai primi fondi del Pnrr. Con quel -18,4% nel civile tra giudizi già esistenti e quelli in arrivo, e quel -13,9% nel penale. Santalucia ripete invece, davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, uno storico leit motiv della magistratura diretto ancora una volta alla politica, stop alla voglia di “mettere in riga l’ordine giudiziario”. 

Per una fortuita coincidenza, nella stessa giornata e a ridosso delle ormai imminenti trattative per formare il nuovo governo, sia la ministra della Giustizia, sia le toghe del sindacato dei giudici lanciano un chiaro segnale a chi s’insedierà in via Arenula. Cartabia chiede di proseguire il lavoro che è stato svolto nei venti mesi da Guardasigilli e ne sintetizza i risultati, mentre Santalucia, al Parlamento appena insediato e che dovrà scegliere i dieci componenti laici del Csm, chiede a sua volta di nominare “componenti di alta statura per cultura giuridica e sensibilità istituzionale”. 

L’appello di Cartabia 

“Tornerò a fare il professore, quello che in fondo amo di più. I miei ragazzi mi aspettano a Milano” dice a Sky Marta Cartabia sgombrando il campo da chi ipotizza un suo futuro al Csm. Si appresta già al passaggio di consegne con chi arriverà dopo di lei con lo spirito di chi ha lavorato in una maggioranza eterogenea che descrive così: “Dopo 30 anni siamo riusciti a parlarci e ad arrivare a testi condivisi. Adesso non perdiamo questo patrimonio, qualunque riforma si debba fare, cerchiamo di farla insieme”. 

E delle “sue” riforme porta i risultati. Visto che, “come scrive la Costituzione, la ragionevole durata del processo riguarda i diritti delle persone”. L’arretrato nel civile in tribunale attestato sul  -6,7% e sul -24,1% in Appello. E ancora in Cassazione -25,1% nel civile e -23,3% nel penale. Come lei stessa ammette “le crisi possono essere un’opportunità” tant’è che la pandemia ha portato il fondi del Pnrr per ridurre del 40% i tempi dei processi civili e del 25% quelli penali. “Noi abbiamo voluto traghettare la giustizia verso un futuro migliore con una priorità, battere proprio l’eccessiva durata dei processi”. Da qui “gli investimenti nella digitalizzazione, gli 8.250 giuristi dell’ufficio del processo, e altrettanti ne verranno, le assunzioni del personale amministrativo, tre concorsi in venti mesi per futuri magistrati da 300, 500 e 400 nuovi posti per rimettere in moto una macchina che andava troppo a rilento”. E poi quel monito per il futuro: “La giustizia è sempre stata terreno di scontri feroci, ho lavorato con forze politiche che non riuscivano a mettersi d’accordo, ma abbiamo trovato un terreno comune, un accordo anche con divergenze di vedute identitarie, ma imparare ad ascoltarsi serve per la convivenza non solo politica, ma civile”. 

Le mani avanti dell’Anm 

Dopo un paio d’ore ecco che Giuseppe Santalucia apre il congresso dell’Anm. E conviene citare subito tre righe della sua relazione mentre già risuonano in sala gli allarmi dei colleghi visti i programmi anti-giudici del centrodestra, dalla separazione delle carriere alla riforma costituzionale dello stesso Csm: “La speranza è che sia finalmente messa da canto la pulsione, che in questi recenti anni abbiamo visto invece ravvivata, di poter mettere in riga l’ordine giudiziario, profittando delle difficoltà e del calo di credibilità”. Santalucia spiega il suo allarme: “Non parliamo per difendere una corporazione, ma perché l’impulso di far pagare il conto ai magistrati non porta al superamento della crisi della giurisdizione, ma apre al progressivo indebolimento di un suo connotato ideale, l’unico capace di alimentare e mantenere nel tempo la fiducia collettiva che tutti ricerchiamo: mi riferisco all’indipendenza dei magistrati dall’esterno e all’interno dell’ordine stesso”. 

Gli scandali ci sono stati

Il presidente dell’Anm non minimizza quelli che lui stesso chiama “gli scandali”. Il caso Palamara ovviamente. Ma descrive una magistratura “che non è rimasta inerte e frastornata dalla rivelazione degli intrecci tra mondo associativo, intromissione della politica e istituzione consiliare”. Invece “abbiamo reagito nel modo più corretto e soprattutto capace di assicurare effetti durevoli”. Poi Santalucia chiosa: “Forse abbiamo deluso quanti al rumore degli scandali volevano che seguisse una reazione vistosa, altrettanto spendibile mediaticamente, e quanti anche in buona fede ritengono che la compostezza della reazione equivalga a debolezza e confusione, smarrimento e mancanza di progettualità”. Santalucia elenca i numeri delle “punizioni” della stessa Anm (da non confondere con quelle disciplinari del Csm): tra 2021 e 2022 sono stati aperti 102 procedimenti, a oggi 64 sono definiti, 16 con sanzioni, le maggior parte delle volte la censura, 27 per dimissioni dalla stessa Anm, 21 per insussistenza del rilievo deontologico. Insomma l’Anm “sta facendo i conti, e seriamente, con gli errori del passato”. 

Troppo “carrieriste” le leggi Cartabia

Sul piano delle riforme di certo Santalucia non è tenero con quelle di Cartabia. Dice che la nuova legge sul Csm “fa correre il rischio di veder intaccato il modello di magistrato delineato in Costituzione, che si distingue soltanto per diversità di funzioni, che non ha capi gerarchici, che segue logiche di giustizia e non quelle produttivistiche di aumento incontrollato delle statistiche”. L’efficienza di un magistrato “si apprezza anche e forse di più sul terreno della qualità delle decisioni”. 

Come la stessa Anm ha ripetuto più volte nelle commissioni parlamentari la via da seguire avrebbe dovuto essere un’altra: “Se il fine era quello di sopire l’ansia di far carriera, sarebbe stato necessario deprimere il peso e l’incidenza della carriera stessa, riducendone gli spazi, disinnescando i meccanismi che ne hanno fatto crescere il fascino tra i magistrati, spinti a ricercare nelle promozioni e negli incarichi la compensazione delle frustrazioni per la quotidiana constatazione di farraginosità procedurali e organizzative che sono d’ostacolo alla principale gratificazione, quella di amministrare la giustizia”. 

No alle pagelle per i giudici 

E Santalucia chiude così: “Si colgono qui le maggiori responsabilità della Politica, nel non aver ricercato le ragioni di un disagio, di un malessere che si è manifestato nelle forme del carrierismo, patologia che è effetto e non causa del progressivo indebolimento della giurisdizione”. Bocciate dunque le pagelle, i fascicoli per valutare la toga, con il rischio di attribuire ai capi tutto il potere. A fronte dell’ansia di efficienza, Santalucia risponde che “la giurisdizione non può essere ossessionata e schiacciata da una logica efficientista che punti tutto sul dato numerico dimenticando che un fascicolo rappresenta uno scorcio di vita, di sofferenza, di umanità ferita”. Di qui l’appello alla politica perché, in sede di esercizio della delega, “ascolti attentamente ciò che abbiamo da dire”.

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