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Dalle macerie del sistema Palamara”, la prima legge (quasi) condivisa per rialzare la testa. Passa all’unanimità in Consiglio dei Ministri, ma tra non poche tensioni, la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario. Con un sistema elettorale misto per provare a svincolare da correnti e cordate il “nuovo” Consiglio della magistratura. Con regole più stringenti per il funzionamento delle commissioni del Csm. E, soprattutto, con l’impossibilità di tornare indietro, alle funzioni di pm o giudici, per quelle toghe che vengono elette in politica o solo nominate per incarichi di governo. Il divieto è invece solo temporaneo (tre anni di “pausa” ) per i ruoli tecnici.
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di
Liana Milella
Prima tappa di una corsa contro il tempo, ma l’asse Draghi-Cartabia sconfigge mal di pancia e dubbi montanti. In grado fino all’ultimo di minacciare un risultato che arriva esattamente otto giorni dopo i severi passaggi del Presidente Mattarella durante il suo discorso d’insediamento a Montecitorio. “Era una riforma ineludibile – sottolinea la ministra Marta Cartabia – per una ragione imminente, che è la scadenza del Consiglio superiore, a luglio. Ma che risponde anche ad un’esigenza, proveniente dalla stessa magistratura, di essere forse un po’ più severa con se stessa. Una richiesta di recupero di credibilità e autorevolezza che, ripeto, viene anzitutto dall’interno”.
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Liana Milella
E Draghi, che con la Guardasigilli, ha fatto slittare di due ore il via ai lavori del Consiglio pur di superare le resistenze dei “perplessi” (capeggiati da Forza Italia), non può non registrare che il confronto è stato “non faticoso ma lungo”. Il premier spiega, in conferenza con Cartabia, che nella maggioranza restano le “differenze di opinioni”, per le quali “è stato possibile modificare molto marginalmente il testo”, ma precisa anche che c’è “l’impegno a superarle” e la determinazione “dei ministri a sostenere con i propri partiti questa riforma”.
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Liana Milella e Conchita Sannino
Ma cosa prevede, in estrema sintesi, il testo varato dal governo? Due livelli. Viene disegnato un diverso sistema elettorale, maggioritario binominale con quota proporzionale, per il nuovo Csm che torna alla vecchia composizione 30 membri: (20 togati e 10 laici) più i 3 di diritto (il Capo dello Stato che lo presiede, Primo presidente e Procuratore generale della Cassazione). L’impianto è su collegi binominali, che eleggono due componenti del Csm l’uno, e prevede una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale. Ma la novità vera riguarda la cancellazione delle liste: largo alle candidature individuali, senza “presentatori”, nei collegi binominali. E attenzione all’equilibrio di genere: su cui, nel caso di vuoti, si interviene con sorteggio. Ma è sull’altro livello, loscandalo dei rapporti tra politica e magistratura che incide, in radice, la riforma.
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di
Liana Milella e Conchita Sannino
Arriva per la prima volta la parola fine sulle “porte girevoli”: sia i magistrati eletti, sia i nominati per incarichi di governo (locale, regionale, nazionale), al termine del mandato, non potranno più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale. Saranno collocati nei ruoli dell’amministrazione (norma che non può valere, ovviamente, per l’attuale sottosegretario alla Presidenza, Roberto Garofoli, che ieri, “per stile”, lascia i lavori). Restrizione non definitiva, invece, per chi ha svolto ruoli tecnici. È il caso delle toghe che sono state, per un anno o più, capi di gabinetto o di dipartimento: dovranno osservare tre anni di “pausa” prima di tornare alle funzioni giurisdizionali.
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di
Conchita Sannino
Se quel lavoro è durato meno di 12 mesi, come ieri chiedevano Pd e Leu, non finiranno nella stretta. Si interviene anche sui casi clamorosi di doppio incarico (vedi solo l’ultimo di una serie, l’ex pm Catello Maresca: oggi consigliere comunale a Napoli e giudice in altra regione): sarà impossibile d’ora in poi.
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Liana Milella e Conchita Sannino
Varie e puntuali regole anche per arginare “vizi” o centri di potere in Csm. Più trasparenza e diversi criteri di merito per scegliere i vertici degli uffici, più pubblicità nelle valutazioni. O, anche, l’apertura ai dirigenti amministrativi degli uffici di segreteria del Consiglio. Il testo è atteso in commissione Giustizia alla Camera, mercoledì. Cartabia registra che “la Camera ha calendarizzato la discussione in aula verso la fine di marzo. Dovremmo farcela”. Previsione e auspicio insieme.