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“Guerra ibrida russa sul caso Khelif”. E sul ring di Parigi scoppia un altro caso

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«Un bravo pugile maschio, una persona che ha fatto la transizione». Mancava, ed è arrivato l’altra notte: Donald Trump è intervenuto direttamente sulla storia della algerina Imane Khelif e della sua vittoria contro l’italiana Angela Carini. Lo ha fatto rilanciando la fake news della transizione a conferma che, ormai, la vicenda Khelif è soltanto materiale da propaganda elettorale. Lo è negli Stati Uniti. Lo è in Ungheria dove, dopo la sconfitta della pugile Hamori sempre per mano della Khelif, la destra orbaniana ha rilanciato il tema. E lo è evidentemente anche in Italia. Dove ieri la ministra per la famiglia, Eugenia Roccella, ha difeso la campagna contro Khelif. «La sinistra italiana e i suoi organi di informazione — ha detto — tirano fuori il complotto russo ordito in combutta con una “fasciosfera”. La verità è che il re è nudo».

Il caso Iba e il Copasir

In realtà mentre Roccella parlava di «complotti da ridere» qualcosa accadeva. E altro potrebbe essere messo a nudo. Dopo l’inchiesta di Repubblica sul presidente russo dell’Iba, Umar Kremlev — un pregiudicato che ha cambiato nome prima di poter prendere in concessione dal suo amico Vladimir Putin delle società di gioco, e poi scalare la federazione della boxe cacciata dal Cio — in Italia c’è chi si è mosso per capire che tipi di rapporti ci sono tra Kremlev e l’Italia. Rapporti di tipo politico e anche economico, dopo che l’Iba da lui presieduta ha offerto un ricco premio (rifiutato) a Carini e alla federazione italiana. Il caso potrebbe infatti finire al Copasir dove già da giorni si era mosso qualcosa sul tema della guerra ibrida russa a proposito delle Olimpiadi. «La Russia — ha detto il senatore di Italia Viva, Enrico Borghi, membro del Copasir — sta mettendo in atto azioni da manuale della guerra ibrida: prova ne sono una lettura forzata e interessata di alcuni passaggi della cerimonia di apertura, e l’esplosione della polemica contro l’atleta algerina. Attorno a questa iniziativa — continua Borghi — si manifesta una alleanza tra l’estrema destra europea e la Russia, che poi social come X amplificano a livelli straordinari, visto che lo stesso Musk è in prima linea nella ricondivisione di questi contenuti. E qui si realizza un passaggio chiave: è l’Italia il paese che a livello istituzionale si schiera con un peso inusitato (la seconda carica dello Stato, il primo ministro, un vicepremier oltre alla batteria mediatica di partiti di governo) su questo versante». Borghi parla non a caso di cerimonia di apertura: l’inchiesta della procura di Parigi sulle minacce di morte al direttore artistico hanno accertato, in questa fase iniziale, che si è trattato di un flusso organizzato. E che questo flusso è possibile arrivi dall’estero. «Quello che è certo» ha detto ieri la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, è che in «questi giorni abbiamo visto un asse della destra nazionalista, un asse tra Trump, putiniani, Salvini e Meloni accanirsi contro un’atleta donna perché vogliono decidere loro che non è donna».

Test non affidabili

A proposito: ieri il Cio è dovuto tornare sull’argomento perché Iba, come ha raccontato ieri Repubblica, aveva reso noti i test secondo i quali Khelif e la taiwanese Lin Yu Ting avrebbero il cromosoma Y, quello maschile. (Ieri, scendendo dal ring, la bulgara Svetlana Kamenova Staneva, dopo aver perso 5-0 con la Lin, ha fatto il segno della X con le mani, a rivendicare che lei ha cromosomi femminili). «Si tratta — ha detto il portavoce del Comitato olimpico internazionale Mark Adams — di test non affidabili, effettuati con un procedimento non lecito. Non è giusto che due atlete vengano prese di mira così: nessuno vuole tornare ai giorni in cui si facevano i test sui genitali».

 

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