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Cala da oggi il silenzio sui sondaggi e a ogni tornata elettorale si comprende sempre meno il senso di questo blackout finale. Come in ogni regime proibizionista, tutto funziona in una sorta di clandestinità, i sondaggi continuano a essere fatti e a circolare tra gli addetti ai lavori, finiscono dissimulati nei titoli dei giornali o del web – Tizio sente aria di rimonta, Caio davanti allo spettro del tracollo – talvolta sui media più spregiudicati mascherati da corse di cavalli o di auto – la macchina della Garbatella distanzia il bus elettrico targato Pisa. Ma soprattutto non si capisce perché gli elettori, che hanno avuto settimane di sondaggi per farsi un’idea sui rapporti di forza, sarebbero destabilizzati o influenzati dal fatto di poter consultare le ultime rilevazioni. C’è il rischio di sondaggi bufala? D’accordo, ma è una possibilità concreta anche prima dello stop e comunque tutti gli operatori seri del settore, che sono poi quelli che hanno visibilità sui media, non hanno interesse a presentate cifre sbagliate, tantomeno a poche ore dal voto reale. In ogni caso, in una società liberale ne risponderebbero con la reputazione e sul mercato. Se poi qualcuno vuole il divieto perché è determinato a ostacolare gli elettori che aspettano il sondaggio delle ultime 24 ore per essere sicuri di votare per il partito vincente, non c’è vincolo di legge o censura etica che possa impedire la salita sul carro dei vincitori. Quello è lo sport nazionale per eccellenza e, a giudicare dagli ultimi anni, la discesa è sempre più veloce. Comunque, a causa della legge, non potremo dirvi chi vincerà il 25 settembre. Tanto non l’ha capito nessuno, no?
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