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“Ho fatto un investimento da un billion e otto…”. La caccia al tesoro di Bochicchio tra Dubai, Singapore e America

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ROMA – “Dove cazzo ha messo i soldi Massimo Bochicchio?”. Da mesi la Guardia di Finanza sta lavorando per rispondere alla domanda che un indiavolato Antonio Conte, come altri truffato dal broker morto in un incidente stradale la scorsa settimana, poneva a Giovanni Malagò, il presidente del Coni e amico personale di Bochicchio. Perché tra i tanti misteri che il broker orignario di Caupua si è portato nella tomba, ce n’è uno più prezioso degli altri: dove sono le centinaia di milioni di euro che in questi anni ha raccolto da imprenditori, manager e sportivi di Roma?

Caso Bochicchio, Malagò al telefono ride sui truffati: “Quanti ne abbiamo visti di scemi ‘sti giorni”

di
Andrea Ossino

30 Giugno 2022

Il tesoro nei paradisi fiscali

La caccia è complessa, ma non disperata. Negli ultimi mesi le autorità giudiziarie italiane hanno presentato rogatorie in sette Paesi – Gran Bretagna, Hong Kong, Singapore, Emirati Arabi, Stati Uniti, Svizzera e Irlanda – nella speranza di ottenere traccia bancaria delle tre società londinesi di cui si serviva Bochicchio: la Tiber Capital, la Kidman Asset Management e la Kidman Holdings. Sinora, senza risultati apprezzabili. Dopo l’arresto avvenuto a Giacarta un anno fa, il broker ha negato di aver nascosto soldi per sé, ma gli investigatori sono convinti sia una bugia. In mano hanno infatti una serie di movimenti riconducibili principalmente a due fondi di investimento legati a Tiber Capital e Kidman che conducono ad altre quattro società sparse in paradisi fiscali: le Isole Vergini, Bahamas, Panama e Belize.

“Un investimento da un billion e 800 mila…”

Anche la cifra esatta dei soldi fatti sparire da Bochicchio è avvolta nel mistero, non foss’altro per quel “tallone d’Achille” che accumuna molti dei suoi clienti, che gli hanno girato guadagni non dichiarati al Fisco italiano. Nelle intercettazioni telefoniche, il broker fa spesso riferimento al “Club Deal”, una forma di investimento che lui millanta di aver inventato e di aver strutturato insieme con il colosso bancario Hsbc. L’importo dei sottoscrittori portati dalla Tiber Capital ammonta a 106 milioni di euro e tuttavia – annotano i finanzieri – si tratta solo di una delle tre società da lui possedute. E lo stesso Bochicchio, in una conversazione telefonica con un uomo di nome Bruno col quale commenta un articolo di giornale sulla truffa a Conte, fa capire che i 106 milioni fanno parte di un’operazione assai più ampia: “Quando tu fai una scelta di investimento su un billion e otto di investimento, 106 milioni, perché poi non lo dicono (nell’articolo, ndr) ma non sono 30 di Antonio Conte. in realtà l’investimento è 106 milioni, però chiaramente l’unica cosa che risulta è solo la posizione di Antonio, perché le altre sono già state tutte quante settled…”

Il triangolo Singapore, Londra, Dubai

Analizzando i documenti contabili sono emerse da un lato le strutture singolari dei suoi fondi di investimento: Kidman, per esempio, nasce con una sterlina di capitale e raccoglie centinaia di milioni di euro di investimenti, grazie anche a quella carta intestata Hsbc che Bochicchio mostrava per tranquillizzare i clienti e che si è scoperto poi essere falsa. Utilizzando invece come bussola i flussi finanziari dei principali clienti di Bochicchio, oltre alle intercettazioni telefoniche, si capisce come esistessero triangolazioni con conti correnti sparsi tra Dubai, Londra e la Svizzera. Per esempio: “Da Singapore hanno prodotto la copia del trasferimento a New York: è partito regolarmente il bonifico da Singapore a New York”. Ancora: “Chi aveva il problema che tutto nasce del Fisco che gli sta addosso due Paesi e vuole spostare i soldi a Dubai dalla mattina alla sera…”; “Ho i conti correnti bloccati in Italia: devo andare ad Hong Kong”.

Molti di questi conti esteri erano usati da Bochicchio per pagare le cedole. Prometteva interessi fino al 10 per cento e per un po’ li pagava anche: il sistema si reggeva fino a quando i clienti non chiedevano il rientro del capitale. C’è poi chi gli interessi non li ha mai presi. Come l’ex ct della nazionale, per esempio. Lo racconta il fratello Daniele Conte, che con Bochicchio addirittura aveva cominciato a lavorare, nel lungo sfogo telefonico con Giovanni Malagò. “Lui (ndr, Bochicchio) faceva tutte queste cose, questi algoritmi, queste cose qui. Ma sono soldi che tecnicamente lui ha firmato anche con gli avvocati che deve ridare i soldi con questi interessi qui (…)”. “Ma lui all’inizio gli interessi non ve li ha mai dati?”, chiede Malagò. “Gli interessi li ha staccati praticamente ogni anni – spiega Conte – ma noi non li abbiamo mai presi perché prendevamo tutto all’ultimo, capito? Quindi non abbiamo mai preso niente”. 

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