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I genitori dei neonati salvati dall’ambasciatore italiano in Ucraina: “E’ stato terribile, ma ce l’abbiamo fatta”

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DOSSIER: IL CONFLITTO | SENTIERI DI GUERRA | PODCAST: LA GIORNATA

“La nostra piccola è raffreddata, noi disidratati e stremati, ma stiamo bene, ospiti dei Salesiani in Moldavia. E’ stato terribile ma ce l’abbiamo fatta”.  Sono queste le prime parole, affidate all’avvocato Giorgio Muccio, di una delle dieci coppie italiane che si trovavano in Ucraina per conoscere e diventare genitori di bambini nati con la maternità surrogata.  Con loro anche una coppia di Milano che era a Kiev con la figlia di nove anni appena adottata, tutti messi in salvo dall’ambasciatore Zazo prima nel bunker della nostra ambasciata, poi con la fuga su due pullman con altri settanta italiani. Un viaggio con i neonati stretti tra le braccia, le scorte di latte in polvere nel bagagliaio, la paura e il silenzio interrotto soltanto dal pianto dei bambini. “I giorni nei sotterranei dell’ambasciata sono stati durissimi, eravamo senza notizie, ci sentivamo smarriti, avevamo bisogno di latte in polvere, di medicine. Poi siamo stati accolti e aiutati”.

L’ambasciatore Pierfrancesco Zazo (ansa)

E sotto le bombe ha iniziato la sua nuova vita verso l’Italia Caterina, così la chiameremo, che dopo anni di orfanotrofio ha finalmente trovato una famiglia, l’ultima che dallo scoppio della guerra è riuscita a portare a termine un’adozione. Salvi e accuditi oggi dall’ambasciata italiana in Moldavia. Centinaia e centinaia di bambini sono rimasti invece negli istituti ucraini, alcuni proprio nelle zone dove la battaglia è più aspra, senza cibo né luce, l’infanzia abbandonata era un serio problema nell’Ucraina non in guerra, lo sarà ancora di più adesso che ai piccoli senza famiglia  destinati all’adozione si aggiungeranno le migliaia di bambini profughi e orfani. Per i quali è già partita un’enorme rete di solidarietà e di accoglienza mentre un gruppo di cinque enti che si occupano di adozione internazionale riuniti nella sigla “Lian” Life In Adoption Network: (Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Ariete Onlus, ASA Onlus, CIFA for people, Fondazione Patrizia Nidoli)  hanno chiesto che il Governo si attivi per creare un canale di affido internazionale. Ma con il cuore spezzato sono oggi ben 119 le coppie italiane che sono in attesa di un’adozione con l’Ucraina che da poco aveva riaperto le frontiere agli aspiranti genitori italiani, ma dove oggi tutto si è fermato. “Alcune coppie avevano già conosciuto i bambini, l’adozione in Ucraina prevede tre viaggi” spiega Gianfranco Arnoletti, presidente del “Cifa” di Torino, “avrebbero dovuto completare nei prossimi mesi le adozioni, ora tutto è incerto, anche perché con la guerra si è fermata naturalmente la macchina della giustizia, le udienze, le sentenze. Da un punto di vista emotivo per i genitori è durissima, come per i piccoli che sono rimasti nelle zone di guerra”.

Insieme ai figli dell’adozione internazionale sono oggi al sicuro anche i figli della maternità surrogata. Decine di coppie eterosessuali italiane ogni anno diventano genitori nelle cliniche della fertilità di Kiev, la più famosa è la “Biotexcom”  dove arrivano coppie di tutto il mondo. Una vera e propria (e discussa) factory di bambini a pagamento, venuti al mondo da donne ucraine che mettono a disposizione il proprio utero nel quale viene impiantato un embrione formato dal seme del futuro papà italiano e dall’uovo di una donatrice. La maternità surrogata è vietata nel nostro paese ma legale in Ucraina e infatti sul certificato di nascita dei bebè vengono scritti entrambi i nomi dei genitori italiani. Al momento dello scoppio della guerra in Ucraina c’erano almeno dieci coppie italiane arrivate a Kiev a prendere i neonati, al termine delle gravidanze surrogate. Quasi tutte le coppie avevano fatto l’iter della “surrogacy” nella clinica “Biotexcom” che nelle scorse settimane aveva diffuso il video del proprio bunker di salvataggio superaccessoriato di cibo e cullette termiche per accogliere bebè e genitori.

Racconta l’avvocato Giorgio Muccio che assiste da un punto di vista legale alcune coppie che allo scoppio della guerra si trovavano a Kiev.  “Ho subito consigliato di mettersi al riparo nella nostra ambasciata, piuttosto che nel bunker della clinica dove magari sarebbe stato difficile avere contatti con le nostre autorità. So che sono stati momenti durissimi, ma ai piccoli non è mancato niente e mi risulta che stiano tutti bene. Adesso dovremo capire sul fronte legale cosa è successo con i documenti nei giorni concitati dell’assalto di Kiev. Ci sarà tempo. Ora è importante che questi dieci neonati e tutti gli altri bambini portati in salvo dal nostro ambasciatore arrivino al più presto in Italia”.

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