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ROMA – Funziona così: ogni mafia porta il proprio contributo di liquidità, forza intimidatrice e capacità operativa. Ma il vero capitale sociale è formato da imprenditori, professionisti, pubblici funzionari, rappresentanti delle istituzioni. Per dare l’assalto agli enormi flussi di denaro pubblico nei settori finanziati dal Pnrr, ’Ndrangheta, Cosa nostra e Camorra hanno costituito una cabina regia per realizzare progetti capaci di intercettare i contributi europei, consentire ingenti guadagni e assicurare il riciclaggio del denaro sporco.
C’è molto più che un’ipotesi di lavoro nell’informativa della prima inchiesta quadro che gli investigatori dei carabinieri stanno portando avanti sugli interessi della criminalità organizzata nel Piano nazionale di ripresa e resilizienza, soprattutto nelle Regioni del Nord Italia, il polo più attrattivo. “Una mafia liquida — spiegano — che si muove nell’invisibilità apparente di scenari societari che aggrediscono in maniera parassitaria gli interessi dello Stato”.
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Mercato degli idrocarburi, sanità ed efficientamento energetico gli asset strategici più inquinati (con l’immissione di capitali illeciti, la creazione di nuove imprese e il sostegno a quelle in crisi di liquidità) dal nuovo network mafioso proiettato verso l’aggressione dei fondi pubblici nei due settori nei quali le mafie sono già operative: transizione ecologica e salute. Le opacità delle procedure operative d’appalto e dei progetti esecutivi sono state il cavallo di Troia per accedere ai primi progetti finanziati nell’ambito di Next generation eu.
Ma il vero assalto è quello al Superbonus 110%, in cui sono confluiti 14 dei 60 milioni di euro del Pnrr destinati alla missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”. La criminalità organizzata si è mossa creando società di costruzione e progettazione edilizia, puntando all’individuazione di grossi complessi residenziali da utilizzare con uno stuolo di commercialisti, avvocati, notai, imprenditori a caccia delle prede che abbiano interesse ad accedere ai vantaggi del Superbonus. Un “capitale sociale”, quello delle figure grigie al servizio delle cosche, che ha messo a punto questo schema operativo che controlla tutto l’iter dall’inizio alla fine. Il network mafioso crea due società, Alfa (che progetta la ristrutturazione degli immobili) e Beta (che sovraintende l’esecuzione delle opere nei cantieri e subappalta i lavori ad altre imprese sodali).
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I guadagni arrivano dalla cessione da parte di ogni condominio del credito d’imposta previsto dal Superbonus ad un general contractor che chiameremo Omega, terza società (anch’essa mafiosa) costituita da imprese che operano nei settori energetico, ingegneristico e del global service. È Omega a consentire l’accesso immediato del cliente al Superbonus 110%. Grazie alla sua liquidità Omega remunera i servizi di progettazione di Alfa e quelli di esecuzione di Beta che affida i lavori in subappalto a costi inferiori ( anche del 20-30%) di quelli approvati nel progetto. Una differenza che rappresenta il guadagno del network mafioso.
Uno schema che — ha messo in luce l’indagine dei carabinieri — si avvale anche dell’attività di riciclaggio attraverso “cartiere monetizzatrici” e società-filtro che operano sul duplice binario delll’attività di facciata e di quella illecita parallela. Con questo meccanismo: le società filtro si interpongono tra i clienti (che si rivolgono alle organizzazioni criminali per costituire fondi di denaro nero) e le imprese cartiera, rette da prestanomi, prive di alcuna capacità imprenditoriale e con l’unico obiettivo di intestarsi conti correnti in banche o uffici postali dove far confluire i fondi delle società clienti. Conti che vengono poi svuotati attraverso prelievi di contanti con transazioni a saldo zero. E la liquidità in nero torna in mano alle società clienti.
La difesa dei fondi del Pnrr dall’assalto delle mafie — come ribadito a Napoli dal premier Draghi — è tra le priorità del governo. E il Viminale ha previsto unità dedicate presso ogni prefettura per passare ai raggi X le società che incassano i fondi. Un modello che, grazie allo strumento dell’interdittiva antimafia, ha già dato buoni risultati nelle verifiche per la distribuzione degli aiuti della pandemia. Negli ultimi due anni sono state bloccate 4.406 imprese, ma per lo sforzo richiesto per i fondi del Pnrr, gli organici sono inadeguati. “Le prefetture — dice Antonio Giannelli, presidente del sindacato dei prefetti — hanno carenze di organico del 70 %. Quello che è successo con la sanatoria è sotto gli occhi di tutti: senza personale non saremo in grado di effettuare controlli celeri. Vorremmo non fallire in una sfida decisiva per il Paese”.
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