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Il colera in Sardegna: sintomi, cura, cosa c’è da sapere

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Il colera sembrava ormai scomparso dall’Italia. Ma da qualche giorno si è tornati a parlarne, dopo la segnalazione di un caso che ha riguardato un uomo di 71 anni, ricoverato in provincia di Cagliari con una diagnosi della malattia. Il colera è una patologia infettiva, causata da un batterio, che si manifesta con sintomi gastro-intestinali, in particolare con una forma di diarrea che può portare fino a 50 scariche al giorno, con elevato rischio di disidratazione.

L’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, ci spiega cosa c’è da sapere.

Cos’è il colera: i sintomi e le cause

Il primo caso in Italia dopo 50 anni si è registrato in Sardegna: non capitava dal 1973. «Il colera è una malattia batterica causata da un batterio chiamato Vibrio cholerae, un vibrione, un micro organismo che assomiglia come forma a un’anguilla, che causa una gravissima gastroenterite. Dico gravissima perché può portare fino a 50 scariche di diarrea al giorno», spiega Bassetti.

Questo quadro porta con sé altre conseguenze. «Il rischio è di una disidratazione importante, quindi occorre soprattutto intervenire con una reidratazione di liquidi».

Come si cura il colera

Oltre alla reidratazione in alcuni casi può essere necessari ricorrere anche ad altre terapie. «Non c’è una terapia antibiotica raccomandata in modo specifico, ma nei casi più gravi si possono utilizzare dei disinfettanti intestinali, antibiotici come le tetracicline. Ma occorre prestare attenzione al rischio di antibiotico-resistenza che può insorgere in alcuni casi», chiarisce l’infettivologo. «Nei Paesi evoluti come l’Italia è una malattia che ha mortalità molto bassa, quindi non comporta dei rischi seri se si interviene in modo appropriato e per tempo. Occorre però prestare attenzione, specie d’estate, a ciò che si mangia e alle condizioni di igiene».

Come si diagnostica il colera

Il colera ha un periodo di incubazione molto breve, generalmente tra le 24 e le 72 ore. A volte la malattia si sviluppa nelle prime fasi in modo asintomatico, ma il segnale chiaro di infezione è la diarrea, senza febbre, accompagnata invece in alcuni casi da vomito e crampi alle gambe.

Per identificare con certezza la causa del malessere si procede con gli esami delle feci, i cui campioni – come avvenuto dopo l’episodio in Sardegna – sono analizzati anche dall’Istituto Superiore di Sanità che monitora la situazione e identifica il sierogruppo specifico di appartenenza del vibrione.

Perché è tornato il colera: attenzione al pesce crudo

Il colera «è una malattia che si trasmette soprattutto per via oro-fecale, quindi non è a trasmissione prevalentemente diretta da persona a persona, ma soprattutto indiretta: eliminando il batterio tramite le feci, c’è il rischio che qualcuno si contagi tramite il contatto con superfici o acqua contaminata, o mangiando frutti di mare», spiega Bassetti, che lancia un monito: «In una zona non endemica come l’Italia non dovrebbero esserci rischi e anche ora il caso è isolato, ma occorre capire dove questa persona si sia contagiata. I frutti di mare e il pesce crudo che arrivano sulle nostre tavole sono sottoposti a sorveglianza da parte di veterinari, ma attenzione ai cibi non controllati, per esempio quando si va a pescare in modo autonomo».

Quanto contano i cambiamenti climatici

Alcuni esperti mettono in guardia anche dai rischi legati ai cambiamenti climatici, con l’aumento delle temperature e il pericolo che il batterio possa proliferare maggiormente, specie nelle acque salmastre o alle foci dei fiumi.

«Il problema del colera si potrebbe presentare quando c’è qualcosa che non funziona dal punto di vista sanitario e igienico. Nel caso della Sardegna, ad esempio, occorrerà capire come il pensionato si sia contagiato, ma magari potrebbe aver bevuto acqua da un pozzo in cui c’era acqua infetta», dice l’esperto. «Oppure la causa potrebbe essere nel sistema di potabilizzazione delle acque o nel cibo consumato. Quello che mi sento di dire è che non si tratta di un’emergenza, ma di un campanello d’allarme: va fatta attenzione alla gestione igienico-sanitaria, a maggior ragione con cambiamenti climatici in corso, che possono spingere, per esempio in caso di siccità, ad attingere a un pozzo infetto».

luglio 2023

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