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Il Covid “rallenta” la sanità: dieci milioni le visite perse per la pandemia

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Il 2021 doveva essere l’anno del recupero per la sanità. Quello nel quale si riprendeva l’attività per le altre patologie, grazie alla diminuzione della pressione del Covid sul sistema. Si sperava di aumentare l’offerta in modo da intercettare coloro che non si sono curati nel 2020 a causa della pandemia. L’operazione però non è riuscita, almeno non completamente e soprattutto non in tutto il Paese. In Italia si continuano a fare meno visite specialistiche rispetto agli anni che hanno preceduto l’arrivo del coronavirus, il 2018 e il 2019. Lo dicono chiaramente i dati di Agenas, l’agenzia delle Regioni che tiene sotto controllo l’attività sanitaria.

Un recupero modesto

Sono appena stati diffusi i numeri delle visite specialistiche del secondo trimestre di quest’anno, da aprile a giugno. Ebbene, in quel periodo sono state fatte 50 milioni di prestazioni, contro le 60 del 2018 e il 2019. Si tratta di una riduzione di circa il 17%, inferiore al -50% visto l’anno passato nello stesso periodo ma comunque non sufficiente a recuperare quanto perduto.

Dati eterogenei

Ci sono poi gli estremi. Da una parte Regioni come la Campania che hanno addirittura aumentato il numero di visite specialistiche, passate nel trimestre da circa 5 milioni a 5,5, altre che sono riuscite a rimanere sugli stessi numeri, come la Toscana e infine alcune dove la riduzione del lavoro è stata più accentuata più della media nazionale. Il Piemonte ad esempio è sceso del 21% e il Veneto del 19%.

Numeri preoccupanti

Se si vanno a vedere nel dettaglio i vari tipi di visite, a livello nazionale c’è stata una riduzione poco accentuata di accertamenti oncologici, che erano circa 1 milione e 100 mila nel trimestre e sono stati quest’anno 2 milione e 50 mila. Si tratta di una buona notizia anche se ci si aspettava un aumento rispetto al 2018 e 2019. Vanno molto male gli accertamenti per gli esenti per età e reddito, cioè coloro che hanno meno di 6 anni o più di 65 e un reddito familiare inferiore ai 36mila euro. In questo caso si è passati da circa 16 milioni di visite a 11,3 milioni. Si tratta di una riduzione del 29%, cioè pesantissima. Le persone interessante devono prevalentemente essere accompagnate a fare le visite, specialmente i bambini e i molto anziani. Poi ci sono gli incontri con gli specialisti per fare un controllo, scesi da 8,4 milioni a 6,5 del periodo tra aprile e giugno del 2018 e 2019, cioè del 22%. In questo caso a rinunciare a farsi vedere sono state persone con problemi cronici o comunque che hanno bisogno di essere seguite. Quindi si tratta di un altro numero preoccupante.

Tra le donne prevenzione in secondo piano

Tra le visite specialistiche più diffuse ci sono quelle ginecologiche. Elsa Viora presidente della Aogoi, l’Associazione degli ostetrici ginecologi ospedalieri e lavora al Sant’Anna di Torino. “Intanto bisogna considerare che le donne hanno ancora un po’ di timore a recarsi negli ospedali”, spiega. “Dall’altro lato va tenuto conto del fatto che ospedali e strutture territoriali sono sommerse da una serie di richieste e l’attività potrebbe essere così stata ridotta”. In questo periodo è usuale, spiega la dottoressa, “sentirsi dire: sa non mi sono fatta vedere per un po’. E invece nel nostro tipo di popolazione di pazienti non eravamo abituati a una latenza così lunga”.

Questo per quanto riguarda le cause di quello che sta succedendo, se invece si osservano gli effetti, la situazione è preoccupante. “Dobbiamo ricercare che il 25-30% delle neoplasie ginecologiche sono identificate casualmente, cioè non attraverso il pap test. Questo dato forse non lo teniamo a sufficienza in considerazione noi medici ma neanche la società in sé. Le stesse donne spesso hanno più attenzione al resto della famiglia che non a se stesse, questo è un dato sociale documentato”. Il calo di attività avrà una ricaduta negativa sulla salute delle donne. “Tutto questo ci tornerà indietro”, sintetizza Viora. “D’altra parte, se in passato abbiamo insistito tanto sulla prevenzione, le visite di controllo, sul porre attenzione anche ai sintomi non eclatanti, un motivo c’è”.

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