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Il decreto Paesi sicuri, appena varato e in esame al Senato, confluirà in un emendamento al decreto Flussi che sarà in esame in Aula alla Camera il prossimo 21 novembre. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo della Camera sollevando le proteste delle opposizioni: “Vogliono nasconderlo”.
L’obiettivo – fanno sapere fonti dem – “è evitare ogni discussione, saltare le audizioni, e far passare de plano (senza alcuna difficoltà, ndr) alla Camera un testo che è nel mirino dell’Ue e già impugnato dai giudici di Bologna”. Questo il motivo del “presentarlo come emendamento di un dl che è in uno stato più avanzato” del decreto legge della discordia. Mentre la maggioranza difende la scelta: “Sono provvedimenti affini”.
“E’ un goffo tentativo di nascondere un provvedimento, quando abbiamo gli occhi dell’Ue puntati addosso – ha detto la capogruppo del Pd Chiara Braga al termine della riunione – . Le forzature non si interrompono mai, su un provvedimento che ha prodotto spreco di denaro pubblico vanno avanti senza un esame, senza audizioni. C’è un tentativo della maggioranza di nascondere la mano dopo aver fatto il disastro”.
Le opposizioni contrarie anche al Senato: “O il decreto sui Paesi sicuri viene ritirato oggi stesso dal governo e quindi non esiste più. Oppure se il decreto c’è, si rispetta il Parlamento – la denuncia del capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia, condivisa da Avs – . Le regole le decide il Parlamento, non certo il governo. Così si stanno calpestando i confini dello stato di diritto”.
“Abbiamo preferito rinunciare alla conversione del decreto legge paesi sicuri in senato e presentare al decreto flussi, in esame alla camera, un emendamento in cui confluiscono i contenuti del decreto stesso. La decisione non vuole assolutamente ledere le prerogative parlamentari, ma essendo i due provvedimenti affini per materia è strettamente connessi tra di loro riteniamo per questo opportuno che vengano esaminati insieme”. Lo dichiara Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il parlamento.