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Il jazz rientra a scuola, ma è solo una materia esterna: “Così perdiamo i futuri musicisti”

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ROMA – Il jazz rientra a scuola, passando dalla finestra. La lunga battaglia per riportare il genere musicale nel suo luogo naturale – l’aula di un liceo musicale – ieri ha trovato un’apparente vittoria. Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha firmato il decreto di riparto dei tre milioni di euro stanziati con l’obiettivo di ampliare “l’offerta formativa dei licei musicali con corsi extracurriculari a indirizzo jazzistico e nei nuovi linguaggi musicali”.

Un’apparente vittoria, una mezza buona notizia. Come spiega il Coordinamento nazionale per il ripristino del jazz nei Licei musicali, quei soldi, tuttavia, sono destinati ad alimentare corsi extracurricolari, quindi il decreto si risolve in un generico ampliamento dell’offerta formativa. Per l’insegnamento del jazz, ancora, si useranno solo docenti interni, molti dei quali non hanno una formazione specialistica.

Le risorse del decreto sono state divise tra le Regioni in base al numero degli studenti iscritti agli ultimi tre anni dei Licei musicali locali. Le istituzioni scolastiche interessate all’attivazione dei corsi e dei laboratori dovranno presentare il proprio progetto partecipando ad avvisi pubblici degli Uffici scolastici regionali, chiamati a valutare le proposte attraverso una commissione.

Le gare degli Uffici scolastici regionali

Ogni progetto dovrà prevedere un costo non inferiore a 12.000 euro e non superiore a 30.0000. Per la selezione, saranno usati criteri quali, ad esempio, la qualità e l’innovatività delle proposte, l’eventuale collaborazione tra istituzione scolastica e realtà culturali e musicali del territorio, il coinvolgimento di esperti e famiglie. Le scuole selezionate otterranno il 50 per cento dei fondi dovuti a titolo di acconto e il 50 per cento a saldo. I fondi sono stati già erogati nella stagione 2021-2022, senza decreto di riparto.

I limiti della proposta vengono ora spiegati dal professor Luigi Mangia, che del coordinamento del Comitato per il ripristino del jazz è presidente. Dice il maestro di sassofono: “Questi tre milioni, erogati dal ministero dell’Economia, erano vincolati al ritorno del jazz come materia scolastica, ma il ministero dell’Istruzione ha cambiato il decreto attraverso un emendamento togliendo il vincolo della disciplina curricolare. Il reclutamento dei docenti avrebbe dovuto vedere insegnanti esperti con una formazione jazzistica certificata da un diploma, fossero interni o esterni”.

“Maestri di violoncello usati per l’improvvisazione”

Nel decreto l’obbligo non c’è e molti licei musicali nell’anno appena concluso hanno usato docenti interni senza titolo. Un maestro di violoncello, per esempio, per completare le ore si può improvvisare jazzista”. Con i ricaschi sull’insegnamento ai suoi studenti che si può immaginare. “Gli allievi che aspirano a vivere di jazz”, spiega il professor Mangia, “oggi non riescono più a superare gli esami d’ammissione al Conservatorio. Mancano le basi, crollano sull’improvvisazione. Riesce a salvarsi chi può permettersi lezioni private”.

Non esiste, ad oggi, una classe di concorso jazz, quindi non si formano nuovi docenti sul genere, non si insegna il genere. Ci sono dodici mesi per rimediare: entro un anno si chiuderà il processo per l’aggiornamento delle classi di concorso della scuola.

Il jazz nei licei musicali era entrato nel settembre 2010 con la Riforma Gelmini e ne è uscito sette anni dopo – ministra Valeria Fedeli – con l’accorpamento delle classi di concorso. “Stiamo perdendo aspiranti musicisti nell’età della formazione”.

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