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BOLOGNA – «Non porto rancore rispetto all’inconsulto vociare che si è scatenato all’indomani della tragedia che mi ha colpito. Voglio, al contrario, che le mie bimbe non siano morte invano, che questa disgrazia porti a qualcosa di buono, a un bene assoluto. Per tutti».
Nella sua casa tra i campi fuori Castenaso, Vittorio Pisano deve fare i conti col peggiore dei dolori: sopravvivere ai figli. Giulia e Alessia, le “sue bimbe”, sono state investite da un treno Frecciarossa alla stazione di Riccione l’ultima domenica di luglio. Tornavano da una serata in discoteca, al Peter Pan. «Papà rientriamo in treno». L’ultima telefonata. Non sono mai arrivate a casa, una disgrazia che ha distrutto papà Vittorio, la mamma Tania e la sorella più grande, Stefania, che ha piegato la sua grande famiglia originaria di Senorbì, in provincia di Cagliari, sconvolto il paese di 16mila anime alle porte di Bologna — tutto presente ai funerali — e toccato nel profondo ogni genitore di figli adolescenti.
I genitori al funerale (fotogramma)
Le sue parole sono affidate a una lettera, pensieri che ora sente di voler condividere. «Vivo la sofferenza confortato moralmente e spiritualmente dalle tante persone che quotidianamente hanno inondato me e la mia casa di un’umanità e dolcezza che va oltre misura e immaginazione — scrive Vittorio Pisano — Vivo la sofferenza per l’immane tragedia che ha colpito la mia famiglia, e la consapevolezza del nuovo inizio che mi attende, nel fervido desiderio di provare a trasformare l’ingiusto evento in bene assoluto».
Vittorio ha lasciato la Sardegna quando era un ragazzo insieme al fratello Pier Paolo, a Castenaso si è rimboccato le maniche e ha messo in piedi un’azienda di commercializzazione di scaffali industriali. Da pochi giorni ha ripreso a lavorare, «è l’unica mia salvezza». Un papà che c’era sempre per le sue figlie. Alessia avrebbe compiuto 15 anni a Ferragosto, Giulia 17 il 30 settembre. «Non c’è stato un giorno in cui non le abbia accompagnate e riprese da scuola, almeno questo mi rimarrà per sempre, quello che ho vissuto con loro». E vissuto per loro, soprattutto da quando si era separato, «non volevo che soffrissero».
E allora le giornate erano scandite dal lavoro e poi la spesa, il far da mangiare, i giri per recuperarle dopo una serata con le amiche, «andavo sempre a prenderle, tutte quante, prendevo un albergo se necessario quando andavano a ballare in Riviera». Non quella maledetta domenica per uno sfortunato caso. Eppure non è stato risparmiato dalle sentenze via social sul fatto che le ragazze erano sole.
Tutti maestri, aveva già stigmatizzato il parroco don Giancarlo durante i funerali. Ma Vittorio Pisano, che finora era rimasto in silenzio, vuole che dalla morte di Alessia e Giulia nasca solo del bene. «È per questa ragione che non riesco a nutrire rancore, rammarico o amarezza dall’inconsulto vociare continuo e costante che si è scatenato all’indomani della tragedia. Ringrazio tutte le persone che hanno espresso un pensiero per me e la mia famiglia. Tutti indistintamente».
Il pensiero va anche a tutti «coloro che hanno espresso giudizi severi verso la mia persona», continua la lettera. «Sono convinto che ognuno di loro possa trarre insegnamento per la vita che verrà. Vorrei che da questa disgrazia, da questa immensa perdita, si possano trarre nuove energie per plasmarla in amore puro. Affinché da questo vuoto, da questa banalizzazione del male, dal cinismo della disperazione, possa nascere e crescere rigoglioso l’amore verso il prossimo; uno spirito nuovo che possa infondere nella comunità speranza e fiducia. Perché le bimbe, le mie bimbe, le nostre bimbe, i nostri angeli, non siano arrivati in cielo invano».