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Piazza Armerina (Enna) — «Non è possibile che si sia suicidata — continua a ripetere Roberto Annaloro, all’ingresso della villetta di contrada Malcristiano — mia figlia Larimar era una ragazza piena di vita, con tanti progetti. Chieda in paese, se non mi crede. Non l’avrebbe neanche pensato un gesto del genere».
Le prime indicazioni dell’autopsia sembrano confermare i dubbi che lei e sua moglie avete ribadito più volte. Cosa bisogna cercare ancora?
«Noi abbiamo fiducia che la magistratura faccia tutti i passaggi necessari per arrivare alla verità. Siamo sicuri che ogni traccia utile sia stata raccolta, nessuna ipotesi deve essere esclusa».
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Che idea si è fatta di questa drammatica vicenda?
«Oggi ho difficoltà a parlarne. Sono giorni intensi, carichi di emozioni, di ricordi. Stamattina, ci siamo svegliati di soprassalto io e mia moglie. La nostra vita è distrutta. Ora, vorremmo solo restare un po’ in silenzio con il dolore grande che portiamo dentro».
Lei, sua moglie e i vostri figli avete dato una grande prova di coraggio. Tre giorni dopo la morte di Larimar, nel soggiorno di casa vostra, mi avete affidato una lettura ben precisa di questa vicenda: «Le sue compagne di scuola l’hanno umiliata, l’hanno fatta sentire nulla».
«Noi chiediamo giustizia. Oggi, in modo ancora più deciso. Perché grazie alla ricostruzione che stiamo facendo con il nostro legale sono emerse tante, troppe incongruenze. Mia figlia non si è suicidata».
Eppure, le prime valutazioni della procura di Enna andavano invece nella direzione del suicidio.
«Guardi, le posso assicurare che mia figlia non l’avrebbe neanche pensato un gesto del genere. Larimar era brava a scuola e nello sport, era molto socievole. Insomma, era solare, bella. Era soprattutto di sani principi, sempre piena di vita».
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L’aggressione subita a scuola da parte di alcune compagne potrebbe averla ferita in modo estremo?
«Discussioni ce n’erano state anche prima. Ma mia figlia sapeva come affrontarle. Una cosa è certa: la sera prima che morisse Larimar progettava con tutti noi una vacanza».
Dove l’avete ritrovata?
«Nella pineta laggiù». E indica la vallata. «Anche quella è una nostra proprietà».
Ce n’è di strada da casa vostra.
«Circa 150 metri».
E com’è possibile che sua figlia sia stata trovata con le scarpe pulite?
«Continuiamo a chiedercelo ogni giorno».
Quel martedì, vostra figlia chiamò col cellulare di un compagno per chiedere di uscire prima da scuola. L’aggressione delle compagne l’aveva turbata. A che ora siete tornati a casa?
«Intorno a mezzogiorno. Poi, la nostra vita è cambiata per sempre. E non potremo rassegnarci finché non sapremo esattamente cosa sia successo. Intanto, per adesso, è davvero difficile tornare alla normalità. L’unico conforto è l’affetto grande che è arrivato da tante persone per una ragazza davvero speciale».