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di Rossella Briganti
Gli antichi greci avevano visto giusto. Il mito delle tre Parche, le tre fanciulle che “tessono” il destino degli uomini e tagliano i fili quando sopraggiunge il momento irrevocabile della fine, ha trovato nella scienza moderna un riscontro oggettivo. Il “filo della vita”, infatti, esiste. Anzi, migliaia di miliardi di invisibili fili che prendono il nome di telomeri e che sono responsabili di quel progressivo accorciamento della vita denominato vecchiaia.
Non a caso un detto popolare recita “più si allunga, più si accorcia”, in riferimento all’inesorabile scandire dell’orologio biologico le cui lancette avanzano sempre. Spetta alla biologa statunitense Elisabeth Blackburn aver indagato, tra il 1975 e il 1977, l’insolita natura dei telomeri che, con le loro semplici sequenze di Dna che compongono le estremità dei cromosomi, rappresentano la chiave del processo di senescenza. Un processo inarrestabile che interessa tutti gli uomini, senza sconti per nessuno, anche se con tempi e modalità differenti.
Sospesi tra passato, presente e futuro, tra un tempo che non c’è più e quello che ci resta da vivere, questi “cappucci” che proteggono le punte dei cromosomi (un po’ come il cappuccio di un pennarello) sono diventati i principali biomarker dell’aging. Per questo è importante capire come funzionano e come assicurarsi quello che viene definito healthy aging (invecchiamento in salute), grazie a delle scelte di campo sullo stile di vita, che ci rendono protagonisti attivi del nostro benessere, e non gomitoli di lana in mano alle Parche.
Telomeri, facciamo chiarezza
«C’è molta confusione in merito all’argomento e spesso si leggono delle notizie scorrette su come prolungare la giovinezza delle nostre cellule, agendo sui telomeri», esordisce Immaculata De Vivo, professoressa di medicina ed epidemiologia alla Harvard University Medical School di Boston, una delle maggiore esperte mondiali sui telomeri e autrice di diverse pubblicazioni sull’argomento.
«Per esempio, si sente dire che è possibile incrementare l’attività della telomerasi, l’enzima che presiede alla replicazione dei telomeri che, quindi, potrebbero rimanere lunghi per molto tempo. Si pensa che la telomerasi sia il custode della longevità cellulare ma in realtà non è così perché questo enzima è attivo solo fino alla 15esima settimana di vita del feto che cresce nel ventre materno. Nelle prime settimane in cui si forma la vita, infatti, la mitosi cellulare viaggia velocissima e la telomerasi lavora senza sosta. Ma dopo la 15esima settimana di gestazione, quando il bambino è ormai formato, la telomerasi diventa inattiva e non è possibile risvegliare la sua attività in nessun modo. Siamo programmati per vivere e per morire e i telomeri si accorciano fisicamente a mano a mano che si avanza nel corso degli anni. Se alla nascita hanno una certa lunghezza (variabile da cellula a cellula perché non sono tutti uguali), a 75 anni saranno lunghi meno della metà. Come tutte le cose, anche le cellule invecchiano, si deteriorano e muoiono, via via che viene a mancare quella fodera di protezione offerta appunto dai telomeri».
Telomeri più corti, infatti, sono tipici dei soggetti anziani, ma anche di persone di mezza età “invecchiate” prima del tempo per via del precoce insorgere di patologie quali il diabete, l’obesità, le malattie cardiovascolari, quelle neurodegenerative (Parkinson e Alzheimer) o semplicemente degenerative, come l’osteoporosi e l’osteoartrite. Se fumi, bevi alcolici, mangi troppo e male, fai uso cronico di farmaci, conduci una vita ultrasedentaria poco a contatto con la natura, hai delle carenze nutrizionali o ti esponi al sole come se scomparisse domani, molto probabilmente i tuoi telomeri, già destinati per natura ad accorciarsi, diventeranno più corti in poco tempo e il processo di senescenza inizierà prima rispetto a una persona della stessa età che è molto più attenta al life style. Perché la bella notizia è questa: possiamo rallentare l’aging, ricondizionare in parte il nostro Dna imprimendogli la rotta giusta.
«La lunghezza dei telomeri è geneticamente determinata? Sì e no. Sulla bilancia della nostra vita, la genetica (l’eredità familiare) pesa per il 60%. Il restante 40% è epigenetica, cioè l’insieme di quei fattori che dipendono da noi e che ci permettono di modulare l’espressione genica, rallentando i tempi del bioaging», spiega la professoressa Immaculata De Vivo. «Abbiamo a disposizione quattro armi formidabili per assicurare lunga vita ai telomeri: la dieta, l’attività fisica, la gestione dello stress cronico e il supporto sociale, che ormai tantissimi studi additano come uno dei segreti della longevità.
Iniziamo dalla dieta: uno studio da me pubblicato nel 2014 sul British Medical Journal, che ha monitorato per diversi anni, a più riprese, lo stile alimentare di oltre 4000 donne, assegna inconfutabilmente alla Dieta Mediterranea la medaglia d’oro nel prolungare la durata media della vita. Per contro, cibi-spazzatura ricchi di sale, di zuccheri semplici, di conservanti e di grassi industriali (soprattutto quelli idrogenati) accelerano l’accorciamento dei telomeri.
Per l’attività fisica, è bene tenere in mente che “sedentarietà, sovrappeso e infiammazione” sono la stessa cosa, i tre lati di un triangolo letale. Secondo le linee guida dell’OMS, bisognerebbe fare dai 150 ai 300 minuti di attività aerobica alla settimana, intervallata da due sessioni di 45 minuti di esercizi di potenziamento muscolare, per migliorare la nostra composizione corporea a favore della massa magra invece di quella grassa».
Come imparare a gestire lo stress?
Lo stress quotidiano è un veleno che ci uccide lentamente. Gli ormoni dello stress (cortisolo, aldosterone, adrenalina, noradrenalina) causano il cosiddetto inflammaging, uno stato di infiammazione cronica che ci fa bruciare velocemente le tappe verso la vecchiaia. Perché due sono i principali responsabili del più rapido accorciamento dei telomeri: l’infiammazione e un eccessivo stress ossidativo, dato da una quantità enorme di radicali liberi in circolo, pronti ad “attaccarsi” alle cellule sane per danneggiarle e favorirne la degenerazione. È quindi importante rallentare i ritmi, pensare ai nostri telomeri e apprendere delle tecniche di gestione dello stress: dallo yoga alla meditazione, alla mindfulness.
«C’è poi il quarto punto: ribadisce che non siamo solo un ammasso di cellule ma abbiamo un’anima, una psiche, uno spirito che emana energie sottili. Animali sociali, per stare bene abbiamo bisogno degli altri», prosegue la professoressa De Vivo.
«Le cinque blue zone che pullulano di centenari (le aree geografiche più longeve al mondo) ci stanno dando una lezione di vita: non si soffiano 100 candeline se si festeggiano i compleanni da soli, se non si è inseriti in una rete di rapporti sociali, affettivi e familiari che danno un senso profondo alla nostra esistenza. E continuano a darlo anche quando non siamo più “socialmente utili”, come si dice oggi con scarso rispetto per gli anziani».
I vecchi lasciati soli sono depressi, malinconici e ciò è un’incredibile fonte di stress che si riflette sulla biochimica del corpo. Si impennano gli ormoni dello stress, si altera il profilo neuroendocrino e anche il sistema immunitario ne risente. Per cui, senza affetti, si vive di meno. Impariamo a coltivare le amicizie, a tenerci stretti i parenti, a mantenere una fede condivisa. E i telomeri ringrazieranno.
Meditare allunga la vita
Ebbene sì, la meditazione allunga la vita e lo fa preservando la lunghezza dei telomeri per molti anni. «Nel mio libro intitolato Biologia della gentilezza (Mondadori, 20€), scritto insieme alla professoressa De Vivo, ho riportato due studi scientifici su meditazione e telomeri», spiega Daniel Lumera, biologo naturalista e scrittore.
«Il primo, condotto su 142 persone di età compresa tra i 35 e i 64 anni da diverse università statunitensi e pubblicato nel 2019, rivela che la Loving-Kindness Meditation è in grado di mantenere i telomeri più lunghi, rispetto al gruppo di controllo, anche nei neofiti che hanno iniziato a meditare da poco. Merito di questa pratica meditativa derivata dalla tradizione buddista che si fonda sul concetto di gentilezza disinteressata e su un atteggiamento accogliente e non giudicante nei confronti del prossimo. Il secondo studio, pubblicato nel 2018 a cura di alcuni istituti universitari californiani, dimostra che una “full immersion” di un mese nell’Insight Meditation (tecnica di meditazione contemplativa che porta la mente e il cervello a uno stato rigenerativo) assicura a chi la pratica telomeri significativamente più lunghi rispetto a chi non ha mai conosciuto i benefici della meditazione».
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