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Il sindaco Sala dal palco del 25 Aprile a Milano: “Chi vuole vietare le libertà si mette fuori dalla storia”. Il discorso integrale

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Buongiorno a tutte, buongiorno a tutti.

Lasciatemi dire una cosa dal cuore: grazie. Grazie, veramente, per essere qui in questa piazza, così tante, così tanti.

E’ più che mai importante essere qui oggi. Milano, città antifascista, è sempre stata un luogo e un momento fondamentali per l’Italia. Io sono qui insieme a tutte e tutti voi per confermarlo – 25 aprile 2023: Milano è una città antifascista, profondamente antifascista. L’ho detto di recente e intendo ribadirlo: nell’attuale situazione c’è il rischio di un’omissione di quella che è stata la nostra storia. E’ un rischio che vediamo ogni giorno. Come è stato scritto recentemente: “Ci stiamo avventurando dentro una democrazia anonima senza padri, senza peccati e senza giudizi, semplicemente estranea alla storia e ai suoi obblighi”. Ecco, questa continua rimozione dell’ignominia del fascismo in Italia non sta bene a me, a noi, a Milano!

Ho visto l’altro giorno un grande uomo camminare sui sentieri infami di Auschwitz, con il suo cappotto scuro e i capelli bianchi di chi è nato in piena Seconda Guerra Mondiale. Ho visto il suo sguardo, duro e commosso al tempo stesso, e ho sentito le sue parole, dure e commosse. Era Sergio Mattarella, il Presidente della nostra Repubblica.

La Repubblica nata dalla Resistenza. Questo grande uomo ha ristabilito la storia. Ecco cosa ha detto: “Siamo qui oggi a rendere omaggio e fare memoria dei milioni di cittadini assassinati da un regime sanguinario come quello nazista che, con la complicità dei regimi fascisti europei, consegnò propri concittadini ai carnefici, si macchiò di un crimine orrendo contro l’umanità”. Dobbiamo fare memoria! Perché lo vediamo bene cosa succede a non vigilare sulle radici della lotta per la libertà e la democrazia. Lo abbiamo visto a Capitol Hill, lo abbiamo visto a Brasilia.

E lo abbiamo visto, tragicamente, a Bucha in Ucraina. Lì prende corpo un orrore, che pretenderebbe di dirci: basta con il progresso. E cioè: basta con i diritti civili, basta con i diritti politici, basta con tutti i diritti. E basta con la scienza. Basta con l’amore, con la libertà di essere ciò che si sogna e che ci si sente di essere. Questo è il sogno delle destre estreme, dei nazionalismi estremi: basta con il progresso. Non guardiamo avanti ma guardiamo indietro. E però guardando indietro ne approfittiamo per riscrivere la storia.

Noi, che siamo oggi in questa piazza, lo sappiamo bene cosa ha in mente chi fomenta in questo modo odio e violenza: vuole un autoritarismo di nuovo tipo, adatto alla nostra contemporaneità. E noi a questo autoritarismo siamo in grado di dire, ancora una volta: no! A questa lotta contro il presente e il futuro noi diciamo: no!

La conosciamo a memoria “Bella ciao”. E’ il nostro canto, che è diventato un inno mondiale. Si canta del “fiore del partigiano, morto per la libertà”. E cos’è questo fiore? E’ il futuro. Il nostro futuro è in quel fiore. Care amiche, cari amici, il 25 aprile non è soltanto ciò che è accaduto. E’ ciò che deve continuare ad accadere sempre. Il valore universale di questa giornata così sentita, da 78 anni, è il farci entrare nel futuro con la forza della libertà e della democrazia. Il 25 aprile è un giorno di liberazione. Da cosa, lo sappiamo. Ma verso dove? Essere liberi per fare cosa? Faccio un esempio molto personale. Io mi sento senza dubbio milanese e sicuramente mi sento italiano. Però mi sento allo stesso modo europeo. E credo che le giovani e i giovani vivano la stessa cosa, anzi forse più di me, come un dato ormai acquisito. Cosa significa però sentirsi europei?

Anzitutto, guardate: non era scontato. All’indomani del 25 aprile 1945, iniziò un processo che ha garantito faticosamente la riunificazione e la pace per un intero continente, la cui storia era una vicenda infinita di conflitti. Ci siamo arrivati, sbilenchi, spesso contraddittori, con storture da mettere a posto e ingiustizie da sanare – però siamo arrivati alla nascita dell’identità europea.

Questa identità europea, cioè un’identità di tante nazioni diverse, significa libertà. Libertà di amare come ci si sente. Libertà di farsi una famiglia senza imposizioni e impedimenti all’amore. Libertà di vivere e respirare in un ambiente armonico. Libertà di essere curati e accompagnati nelle malattie e nell’età avanzata. Libertà di lavorare in sicurezza e di essere ricompensati secondo giustizia. Libertà di essere tutelati, al massimo delle possibilità dalla scienza e dall’educazione. Libertà dalle guerre, dalle povertà endemiche. Libertà dall’incubo delle più drammatiche ristrettezze. In altri continenti, in altre nazioni, tutto questo è un sogno. Il 25 aprile è questo welfare universale: garantire libertà alla dignità umana. Questo welfare è europeo. E’ realizzato? No, non è ancora pienamente realizzato. Dobbiamo ancora renderlo concreto, per chiunque. Però è in gran parte lì, sul tavolo, nelle carte d’identità di ogni europeo. Chi intende arretrare da questa direzione, che l’Europa ha fin qui sviluppato, contraddice ai valori del 25 aprile italiano, ma fatemi dire anche: del 25 aprile europeo. Si può essere conservatori, guardare alle radici, temperare le spinte del progresso, per prudenza, per cautela, per paura. Ma non si può negare quelle spinte o impedirle a forza. Perché chi vuole vietare le libertà si mette fuori dalla storia. Si allinea al caos delle destre estreme. Il caos degli stati autocrati sognati dai suprematismi, dai nazionalismi, dai nuovi fascismi. Vale a dire: restrizioni drammatiche alle libertà, oppositori in galera o suicidati, massacri e orrori indicibili in guerre di predominio, pulizie etniche, minacce di apocalisse nucleare.

La nostra parola è in ogni caso: progresso. Non si torna indietro dalla modernità, dalla contemporaneità. Che sono parole chiave. In base a queste due parole voglio fare il nome di un grande partigiano, che in questi mesi affiora spesso nei discorsi di chi è ora al governo. Parlo di Enrico Mattei. Antifascista e, dico io, progettista della modernità e della contemporaneità del nostro Paese. Un uomo, un partigiano, che accese il futuro. Il nostro futuro. Oggi sarebbe in prima linea nel portare l’Italia e l’Europa alla svolta delle energie sostenibili e non invece a negare la transizione ambientale, come chi lo cita a sproposito.

A sproposito, perché forse ha studiato la sua vita solo per la parte che più fa comodo. Nei giorni successivi alla Liberazione, a parlare da questo palco, esattamente dove sono io, c’era proprio il comandante partigiano Enrico Mattei. Diede una definizione ideale di ciò che bisogna essere, per portare il 25 aprile nel futuro. Si deve essere “volontari della libertà e ribelli per amore”. Faremo di tutto per essere all’altezza di queste parole.

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