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Caro direttore, qualche giorno fa ero Roma, in un fugace passaggio verso il mare. Solo il genio romano di Montefoschi saprebbe descrivere le strade del quartiere, il paesaggio quasi lunare in un sabato di mezzo agosto. Uscire non era consigliabile: mal contati ci saranno stati almeno 38 gradi. Ma mia moglie aveva bisogno di un solare, quindi mi armo di coraggio e mi dirigo, a piedi, verso l’unica farmacia aperta.
All’interno trovo refrigerio e uno schieramento di prodotti eccessivamente ampio per le mie conoscenze in materia. Per fortuna davanti a me una signora chiede un solare con alta protezione: non avendo ricevuto indicazioni specifiche su cosa acquistare, tendo l’orecchio alla ricerca di indicazioni.
La commessa consiglia un certo siero miracoloso, protezione 50, di un luminare israeliano. È, scandisce con convinzione, il prodotto migliore che abbiamo. La signora difronte a me si irrigidisce. “Scusi, lei mi sta proponendo davvero il prodotto della tal marca?” “Certo signora – ribadisce l’incauta – come le dicevo è la nostra punta di diamante, protezione uvb, uva, etc etc”. “Ma sta scherzando?!”. Ora la signora difronte a me è proprio irritata: “Secondo lei lascio i miei soldi ad un assassino israeliano?”.
Io fiuto lo scontro, mi spingo in avanti, e mi offro di risolvere l’impasse: “Dia pure a me il siero, mia moglie mi ha chiesto proprio quello”. Afferro il prodotto della discordia e mi lancio indisturbato verso la cassa. Ho solo immaginato alle mie spalle lo sguardo di biasimo della signora e il sollievo della commessa che, mi auguro per lei, avrà sollecitamente consigliato un altro prodotto meno divisivo. Torno a casa meditabondo e accaldato.
Pochi giorni dopo apprendo di liste di sionisti o presunti tali, albi ed elenchi destinati a schedare appartenenti alla religione ebraica o loro simpatizzanti. Poco conta chi abbia steso l’elenco infame, così come poco conta cosa abbia, o meno, acquistato la signora in farmacia. Dobbiamo però tutti fermarci a riflettere. Possiamo continuare a nasconderci dietro il velo della nostra storia democratica, ma il rigurgito antisemita, mi sembra pacifico, c’è.
Ora la domanda è se un Paese che, appunto, si dice democratico, un Paese che si vanta di avere la Costituzione più bella del mondo, un Paese dove si organizzano girotondi e manifestazioni con fluida quotidianità, un Paese come il nostro insomma, possa accettare tutto questo quasi come si trattasse di un evento ordinario. Possiamo, vogliamo, consegnare alla storia un sentimento che, ancora oggi, è proteso a differenziare sulla base di ragioni che hanno superato, in gravità, anche le ataviche divisioni, altrettanto ingiustificabili, sul Credo?
Cosa stiamo facendo noi tutti per evitare che questo infame clima si sedimenti e attecchisca? Troppo poco, io credo. Uomini e donne di questo Paese, svegliamoci. Con la consapevolezza che le responsabilità di questa lunga crisi non risiedono in un solo campo, possiamo, vogliamo, accettare che il popolo ebraico possa tornare all’indice? Siamo davvero pronti a voltarci dall’altra parte per dire, tra qualche anno: io non c’ero, e se c’ero non ero d’accordo? Io non ci sto. Se fate una lista di ebrei o di amici del popolo ebraico, includete anche me. Scrivete Federico Freni.
(Sottosegretario per l’Economia e le Finanze)
