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Dimensioni ridottissime, flessibiltà, intelligenza e autonomia. Sono queste alcune delle caratteristiche dei nuovissimi micro robot medicali progettati da un team di ricercatori capitanati dalla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bolzano. I mini dispositivi possono essere introdotti nel corpo umano, senza bisturi e interventi chirurgici, e riescono a raggiungere organi e parti del corpo dall’interno per somministrare farmaci, effettuare interventi e biopsie. Capaci di muoversi, nuotano nei liquidi, sono biocompatibili e comunicano con l’esterno, rispondendo agli stimoli.
Dietro la progettazione e la realizzazione di questi micro robot medicali si incontra un team di ricercatori della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bolzano, guidato dal professor Niko Münzenrieder, con il supporto del ricercatore Giuseppe Cantarella dell’Università di Modena e Reggio Emilia, nonché del gruppo di robotica multiscala dell’ETH di Zurigo, guidato dal professor Bradley Nelson.
La ricerca che ha portato alla realizzazione dei micro dispositivi, iniziata nel 2021, si chiama Flexibots. Il progetto internazionale – promosso dalla Fondazione Nazionale Svizzera per la Scienza e della Provincia autonoma di Bolzano – ha combinato l’expertise del laboratorio di Elettronica flessibile della facoltà di Ingegneria dell’Università di Bolzano nella progettazione e fabbricazione di elettronica impercettibile, con il know-how del team svizzero nella miniaturizzazione di robot capaci di navigare in micro-ambienti complessi.
I micro robot medicali progettati dai ricercatori altoatesini e svizzeri sono morbidi, flessibili, biocompatibili, riconfigurabili e senza fili, in grado di rispondere a stimoli ambientali, elaborare informazioni e comunicare in modalità wireless. Questi dispositivi sono inoltre molto piccoli: possono essere di pochi millimetri, o anche meno. E sono capaci di muoversi attraverso i liquidi, come il sangue, e di svolgere una serie di compiti.
A seconda dei casi, possono essere anche biodegradabili, e dunque essere inseriti nel corpo umano, svolgere il proprio compito, e poi dissolversi nei liquidi umani. Date le caratteristiche, offrono grandi possibilità per applicazioni biomediche come terapie minimamente invasive, manipolazione cellulare e ingegneria dei tessuti.
Questi robot medicali sono propulsi e diretti da campi magnetici, ma le loro dimensioni ridotte e le speciali proprietà chimiche, biologiche e magnetiche richiedono che siano costruiti in polimeri e compositi funzionali utilizzando tecniche avanzate di microfabbricazione 3D.
I componenti elettronici tradizionali in commercio sono troppo grandi per questi micro dispositivi. Il team della Libera Università di Bolzano ha quindi integrato componenti elettronici a film sottile direttamente sui robot: tali componenti, che hanno uno spessore di soli nanometri, sono ultra-leggeri e possono adattarsi perfettamente alle loro forme uniche. Vengono fabbricati e caratterizzati nel laboratorio di elettronica flessibile della facoltà di Ingegneria di unibz al NOI Techpark, e installati su micro robot semi-finiti. Successivamente, la fabbricazione viene completata all’ETH di Zurigo.
«La fabbricazione di elettronica su macchine così piccole e sensibili alla temperatura, come i micro robot medicali, presenta le sue sfide – spiega il prof. Niko Münzenrieder, che ha guidato la ricerca a Bolzano -. Pertanto, abbiamo sviluppato una tecnologia specializzata per realizzare elettronica ad alte prestazioni basata su semiconduttori ossidici. Negli ultimi anni, abbiamo integrato con successo una varietà di dispositivi elettronici attivi – come sensori, transistor e antenne – direttamente sui micro robot. Queste innovazioni consentono ai robot di percepire l’ambiente circostante e comunicare, avvicinandoci sempre di più alla realizzazione potenziale dei micro robot nelle applicazioni mediche».
«Questo progetto è un chiaro esempio della strategia della Facoltà di Ingegneria, volta a supportare lo sviluppo di tecnologie per il miglioramento della qualità della vita, della sicurezza e della salute degli utenti o degli operatori – spiega il preside di Ingegneria di unibz, prof. Andrea Gasparella – Una strategia che si avvale del potenziale di competenze e eccellenze interne alla facoltà e di una rete di collegamenti con primarie istituzioni di ricerca a livello nazionale e internazionale».