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È cominciata dalla Sicilia, ma punta decisamente oltre, la lunga marcia di Matteo Renzi per la costruzione del nuovo centro che guarda a destra e che il senatore di Firenze immagina desovranistizzato e molto moderato, in risposta al “nuovo Ulivo” lanciato da Enrico Letta in asse con il M5S. Lo schema dentro il quale provare a disegnare il bipolarismo italiano dei prossimi vent’anni, in grado di sgonfiare gli opposti populismi e offrire coalizioni di governo presentabili – anche agli occhi dell’Europa – chiunque vinca le elezioni. “Organizzare questo spazio politico liberale e riformista è un obiettivo importante anche in vista del 2023 con chi ci starà” rilancia il presidente di Italia viva Ettore Rosato. “Certo è che tra i ministri Fi e la nostra Bonetti c’è un lavoro che funziona bene e che sta dando i suoi frutti” sottolinea in una intervista ai quotidiani Cronache di Napoli e Cronache di Caserta .
Gli indizi, sebbene spacciati dai renziani come “fenomeni locali”, ci sono tutti. Partono dalle ultime amministrative, dove Iv anziché stringere patti in esclusiva con il centrosinistra ha fatto prove tecniche d’alleanza pure con gli avversari: a Melfi, Conegliano Veneto, Pontremoli, Desio. Passano per la nascita di “Forza Italia Viva”, com’è stato ironicamente ribattezzato il gruppo unico appena varato all’Assemblea regionale siciliana. Arrivano fino alla scelta, i primi di febbraio, del nuovo capo dello Stato: lo spartiacque oltre il quale l’inedita nave centrista, per ora pirata, dovrebbe iniziare a prendere il largo e navigare verso le politiche, traguardando le amministrative di primavera.
Patto tra Forza Italia e Iv: Micciché e Tamajo annunciano il nuovo “laboratorio Sicilia”
di
Claudio Reale
26 Ottobre 2021
Un percorso per tappe, secondo la strategia di Renzi. La prima delle quali si è consumata tre settimane fa nella suggestiva Enoteca Pinchiorri di Firenze, dove il leader di Iv ha cenato (pagando pure il conto) con Gianfranco Micciché, gran visir azzurro nell’isola, per sancire l’avvio di quella rivoluzione capace di anticipare – proprio come i moti siciliani del 1848 – ciò che poi dovrebbe accadere a livello nazionale. È nel locale tre stelle Michelin, tra un sandwich di acciughe e un piatto di ravioli con bottarga, che i due leader hanno infatti siglato l’accordone che di fatto sancisce il matrimonio tra Forza Italia e Italia viva. Innanzitutto nel palazzo della Regione, dove ora il rassemblement azzurro-gigliato conta ben 16 eletti, 13 forzisti e 3 renziani, un po’ di lotta e un po’ di governo rispetto al presidente Nello Musumeci. Da trasferire fra qualche mese alle comunali di Palermo, dove i due partiti – entrambi all’opposizione di Leoluca Orlando, dalla cui maggioranza gli 11 consiglieri di Iv sono appena usciti – presenteranno insieme le liste e il candidato sindaco. Per poi consolidarsi, anche se qui le prospettive un po’ si divaricano, alle Regionali siciliane. “Sono convinto che il destino di Renzi sia nel centrodestra”, ha difatti spiegato Micciché a Repubblica, “secondo me l’adesione verrà ufficializzata alle amministrative di Palermo e Genova”.
Ma Rosato è cauto: “Noi siamo alternativi ai populisti che nel centrodestra sono rappresentati dalla Meloni e dalla politica antieuropea di Salvini, come nel centrosinistra da Conte. Quello che sta accadendo in Sicilia è un fenomeno locale”, taglia corto. Così come locali vengono bollate le manovre in altre città chiamate al voto: Verona, Todi, Narni e Nocera Inferiore… “Ogni comune ha le sue dinamiche”, insiste il vicepresidente della Camera, “non lo farei diventare un caso nazionale”.
Ha bisogno di poco sole e molta ombra, il cantiere del “nuovo centrodestra”. Va tenuto al riparo da sabotaggi e intemperie. Almeno fino alle Forche Caudine del Quirinale, che metteranno alla prova la caravella centrista: superare indenni quel passaggio vorrà dire essere pronti per affrontare nuove sfide. Rosato non lo nasconde: “Noi siamo leali sostenitori dell’esperienza Draghi e penso che tutti coloro che si riconoscono nella sua agenda e nei suoi valori possano fare un percorso insieme”. Percorso che il presidente di Italia viva data, non a caso, a “dopo l’elezione del presidente della Repubblica”. Se, come molti sperano, l’attuale premier dovesse restare a palazzo Chigi, la costruzione di un’aggregazione moderata ispirata all’ex capo della Bce subirebbe una forte accelerazione. Non sarebbe il partito di Draghi (il diretto interessato non lo vorrebbe mai), ma qualcosa che gli si avvicina assai sì. Oltre a Iv, potrebbero farne parte +Europa, Azione, l’Udc, i movimenti di Tabacci e Brugnaro, oltre a quella parte di Forza Italia che non si rassegna all’egemonia esercitata da Lega e Fdi nel vecchio centrodestra.
È lì che, come diceva il sommo poeta, si parrà la nobilitate del vascello moderato: se sarà cioè in grado di lasciare a terra le zavorre sovraniste, come Renzi scommette, o invece ne sarà sopraffatto.