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Si muore anche di caldo e di sete attraversando il Mediterraneo in cerca di un futuro. Si muore schiacciati nella stiva di un peschereccio, disidratati, stremati da un viaggio in condizioni disperate affrontato dopo mesi di stenti e violenze. Probabilmente sono morti così i cinque uomini trovati cadaveri dai militari della Guardia costiera italiana su un barcone con 674 persone, alla deriva forse da giorni, soccorso sabato a 124 miglia dalla Calabria. A bordo quasi tutti uomini, siriani ed egiziani per lo più, partiti probabilmente dalla costa tra Libia ed Egitto. Non se ne vedevano di così grandi da molti mesi, segno che i trafficanti di uomini intendono sfruttare al massimo queste settimane di calma piatta in mare per portare al di là del Mediterraneo quanta più gente possibile.
Più di 2.000 sbarchi nel weekend
Più di duemila le persone soccorse in 48 ore e non solo dalle Ong. Guardia costiera, mezzi della Guardia di finanza e della Martina, mercantili di passaggio, in zona Sar italiana hanno contribuito a portare in salvo più di un migliaio di persone partite da Libia e Tunisia e giunte a poche decine di miglia dalle nostre coste, dalla Sicilia alla Calabria. Dai grandi pescherecci ai gommoni fatiscenti alle piccole barchette con poche decine di persone arrivate direttamente a Lampedusa. Ventotto gli sbarchi solo ieri, quasi tutti giovani e famiglie in arrivo dalla Tunisia.
Lampedusa di nuovo in emergenza
Con il malandato hotspot di contrada Imbriacola, ripulito e svuotato in fretta e furia un paio di settimane fa dopo la denuncia dell’ex sindaca Giusi Nicolini, che è tornato a riempirsi con 1400 persone a fronte di una capienza di 350. Toccherà al Viminale nelle prossime ore disporre trasferimenti rapidi sulla terraferma per evitare nuovi indecenti accampamenti di persone a terra su materassi fatiscenti sotto gli alberi del centro di accoglienza a temperature elevatissime. Così come toccherà al Viminale trovare un porto subito per la Sea Watch 3 che con 450 persone a bordo, salvate in cinque diversi interventi di soccorso in 24 ore, non è più in condizione di attendere in mare e si sta dirigendo a nord verso le coste siciliane in attesa dell’assegnazione di un porto sicuro.
Trend di partenze in crescita
Duemila persone soccorse in 48 ore, 36.000 dall’inizio dell’anno, non sono numeri in assoluto da emergenza per l’Italia che ha un sistema di accoglienza collaudato e ha gestito fino a 180.000 arrivi in un anno. Ma a preoccupare il Viminale ( e a fornire ovviamente un formidabile assist a Matteo Salvini che parla già da futuro ministro dell’Interno preannunciando nuovi decreti sicurezza per blindare i confini) è il trend in costante crescita (+40 %) da aprile ad oggi. Con la previsione che le condizioni meteo stabili favoriranno nelle prossime settimane le partenze di migliaia di persone spinte a fuggire non solo dalle guerre ma da condizioni sociali, economiche aggravate da fame e carestia. Che spingono in mare donne in gravidanza avanzata, mamme con neonati e bambini piccolissimi, centinaia di ragazzini minorenni in fuga da soli. Come i 57 sugli 87 soccorsi su un gommone dai volontari della Ong tedesca Sea Watch. Che oggi, con quasi 500 persone a bordo, tornano a sottolineare l’assenza di un dispositivo di soccorso nel Mediterraneo. «Se non ci fossimo stati noi in mare che fine avrebbero fatto queste persone?», chiedono postando foto dei soccorsi con bimbi piccolissimi issati a bordo dai soccorritori e tratti miracolosamente in salvo da gommoni o barconi alla deriva.
La flotta delle Ong
In mare c’è la flotta delle Ong: insieme a See Watch la Ocean Viking di Sos Mediterranée mentre è in arrivo in zona Sar libica la nave di Medici senza frontiere. Il Viminale cerca di smistare nei porti di Sicilia, Calabria e Puglia gli ultimi arrivati nell’attesa che parta la piattaforma informatica che dovrebbe dare il via al meccanismo di redistribuzione automatica a cui hanno aderito 21 paesi europei che si sono detti disponibili ad accogliere intanto diemicilia persone di quelle sbarcate nei Paesi di primo approdo.©RIPRODUZIONE RISERVATA