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ROMA – Se la Consulta è la “casa” della Costituzione e dei diritti, da quel palazzo arriva un nuovo e buon segnale per le donne, nell’anno nero dei femminicidi. Perché, per la seconda volta nella sua storia, e dopo Marta Cartabia, una donna diventa presidentessa. Lo “scettro” tocca a Silvana Sciarra, dopo la stagione di Giuliano Amato. E con lei, in una raffica di domande, diventano protagonisti proprio i più deboli, i morti delle Marche, le donne uccise e comunque ancora escluse, i tanti caduti per gli incidenti sul lavoro, i carcerati senza diritti, i migranti sfruttati e sottopagati. Sciarra sta dalla parte di tutto questo. E lo teorizza.
È una professoressa universitaria giuslavorista. E nel suo curriculum può vantare di essere stata allieva di Gino Giugni a Bari. Otto su 15 colleghi hanno votato per lei. Sette avrebbero preferito Daria de Pretis, l’esperta di diritto amministrativo che sarà sua vice assieme al costituzionalista Nicolò Zanon. La camera di consiglio è stata breve, con una sola votazione, lei è uscita al primo colpo. Si chiude così la sfida tra i tre aspiranti più anziani per nomina. Con un tocco di charme la stessa Sciarra parla della sua età appena affronta la prima conferenza stampa: “Ho il privilegio di avere i capelli bianchi. La Corte ha voluto forse premiare questo criterio”. E in effetti la sua chioma è proprio bianca, e spicca sul tailleur marrone bruciato.
Sciarra prende di petto i temi caldi del futuro politico che ci attende, con una destra che se vincesse potrebbe ridurre i diritti. Quando le chiedono un pronostico lei è ferma: “Ho fiducia nelle istituzioni, non posso non averla, non posso immaginare che se ci fosse una forte maggioranza non ci sarà attenzione al pluralismo. Il mio è un messaggio di fiducia e rispetto nelle istituzioni stesse”. E subito dopo una riflessione sulla magistratura e sulla sua indipendenza, a rischio in paesi europei dove la destra è al potere: “Noi rispettiamo ed applichiamo le sentenze della Corte di giustizia. Qualche Corte in Europa le mette in dubbio. Certamente non possiamo dire che l’indipendenza della magistratura possa violare i valori comuni, il diritto europeo”.
Ed è proprio sui diritti dei deboli che Sciarra gioca la sua performance migliore. Per esempio quando parla subito della tragedia delle Marche “così duramente colpite”. E dice che “garantire la tutela dell’ambiente è un’assoluta necessità”. E ricorda che proprio “il tema dei mutamenti climatici non è mai stato assente dal dibattito della Corte” come nella sentenza del 2007 sul paesaggio “che è un valore costituzionale”.
Il filo dei diritti mancati si allunga. Eccoci alle morti sul lavoro. “Ci sono errori e omissioni – dice Sciarra -. Non siamo in un terreno privo di regole, ma c’è scarsa attenzione nell’attuarle nel modo migliore”. E ancora sui lavoratori stranieri sfruttati e malpagati: “Per loro è già stato fissato il principio della parità di trattamento, ancora una volta dialogando con le corti europee”. Per arrivare al mondo delle carceri, laddove “la Corte con i suoi viaggi ha acceso i riflettori, ma questo non basta per i suicidi, né per la tutela dei figli”, quelli chiusi in carcere con le mamme perché il Parlamento non ha convertito la legge.
E chiudiamo con i femminicidi e con le donne. Sciarra ne cita una, un’icona come Ruth Ginsburg, “una giudice che ha saputo parlare ai giovani” e di cui ripete l’iconica frase “combatti per le cose in cui credi ma fallo in modo da indurre gli altri a unirti a te”. Per le donne non è ancora così. A ogni femminicidio “resta sempre più sconvolta”. Sono fatti su cui “non si può non avere una sensibilità accentuata”. E poi, con onestà intellettuale, una serie di “forse”: “Forse i sistemi di tutela non sono abbastanza forti. Forse le risorse non sono abbastanza. Forse le donne non sono abbastanza informate”. Per questo “va rafforzata in loro la consapevolezza dei diritti”.