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“Le partite si giocano con un pallone solo”. La lezione di Damiano Tommasi all’incerto campo largo progressista non può prescindere dal calcio. “A Verona dove eravamo abituali a perdere, il pallone l’abbiamo trovato subito e abbiamo fatto rete mettendo da parte le bandiere”. Anche a livello nazionale dovrebbe andare così: “Perché c’è una partita da giocare, non possiamo permetterci di sprecare energie nello spogliatoio”.Sedici anni dopo l’ultimo applauso all’Olimpico – “contro il Treviso, sì ho segnato”- il neosindaco Tommasi torna a scaldare la capitale. Dal palco di Caracalla, festa del Pd di Roma, intervistato dal giornalista di Repubblica Concetto Vecchio, l”anima candida’ della Sud è salutato da un “olè” e inseguito dai militanti dem e/o tifosi che gli chiedono selfie.
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Concetto Vecchio
Non si prescinde dal calcio, dunque va ricordato Zeman. “Dobbiamo sapere chi vogliamo essere. Imporre il nostro gioco. Andare oltre i nostri limiti”. “Capire quale Italia vogliamo essere”. Basta con la società della paura, lo stereotipo che inchiodava la sua Verona al razzismo e alla chiusura al futuro. “Dobbiamo essere a capotavola dell’Europa come con Draghi, o almeno non retrocedere troppo”. Anche se lui stesso, abituato alle lunghe rincorse, è preoccupato da questa campagna elettorale “troppo breve e troppo social” figlia di una crisi di governo “che è lo scollamento con il mondo reale”. Paura “che si parli troppo alla pancia”. Che si arrivi a una “partecipazione di appena il 40%”.Questa dell’entusiasmo, del “riportare molti giovani alla politica” è un po’ la sua cifra. A partire dalla figlia 25enne, “quella più appassionata” che nel 2017 gli consigliò “di aspettare un giro” quando il Pd locale lo contattò. Nonostante i toni da uomo tranquillo, ma non è l’unica contraddizione evidente per uno che pratica la radicalità, cita don Milani, ma prende anche il voto dei moderati, come quello di don Fabio Capello. “Il voto moderato è rincorrere la testa, non la pancia. Saper far convivere la complessità”. E, altra lezione: “Bisogna parlare seriamente. Parlando seriamente spesso si deve stare zitti”.Sulla sua pratica dell’ascolto – “invece di avere la soluzione facile”- “negli studi notarili, nelle taverne, tra gli ingegneri e le casalinghe”, sulle sue passeggiate nei rioni in sola maglietta gialla, si è già scritto molto. Ma Tommasi sa anche non darti retta, come quando l’esperto di strategia politica gli ha spiegato che “gli elettori under 30 sono appena l’11%” e lui piuttosto che parlare di altro, ha continuato a ragionare “da genitore” (di sei figli), perché “si va a votare pensando al loro futuro”. Naif, inesperto, come veniva dipinto dal centrodestra uscente eppur fascinato dal ragazzo? “Avevano ragione. Pensa com’erano quelli prima”.
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Già, il chierichetto, che ha un po’ paura di esser paragonato a La Pira, il sindaco santo di Firenze, e che però un po’ dalla provvidenza si sente baciato, “se sono diventato sindaco vuol dire che Qualcuno lo aveva previsto”, sapeva però anche essere tosto, e farsi rispettare anche con un bel calcione quando ci voleva. Anche perché, ammette, “è stato più difficile vincere lo scudetto con la Roma”.
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