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PALERMO – Spintoni, schiaffi, minacce, e poi giù ancora botte. Attorno, la gente che si limita a guardare un datore di lavoro aggredire selvaggiamente una ragazza, colpevole solo di aver chiesto lo stipendio. E un telefono che riprende tutto, fin quando una manata non lo fa volare.
A Soverato, perla turistica del catanzarese, chiedere che il proprio lavoro venga regolarmente retribuito può significare anche questo. O almeno, per Beauty, malmenata dal titolare del lido-ristorante in cui era impiegata come lavapiatti, è stato così. La sua colpa? Aver rivendicato il pagamento delle reali ore lavorate – dieci al giorno, a volte anche di più – e non quelle fittiziamente indicate sul contratto. L’aggravante? Annunciare senza mezzi termini che avrebbe denunciato. Risultato? Un’aggressione che le è costata vistosi ematomi, escoriazioni, lesioni, e ancora tanta paura, rabbia, umiliazione.
In Italia da 5 anni
Venticinque anni, in Italia da cinque dopo essere sfuggita a miseria e persecuzioni in Nigeria, da quando è uscita dal vicino centro di accoglienza di Satriano, Beauty ha deciso di rimanere in zona, tra Soverato e Montepaone. Lì ha costruito la sua rete di contatti, amici e rapporti, lì ha deciso di far crescere la figlia, una bambina di quattro anni e mezzo. “La mia principessa” la chiama la venticinquenne, che su Facebook ne mostra orgogliosa le foto, commentando “sei il più bel dono ricevuto dall’onnipotente in tutta la mia vita”.
La donna con la sua avvocata alla caserma dei carabinieri dove ha denunciato l’aggressione (ansa)
Ed è per la piccola che Beauty ogni giorno si spacca la schiena. Durante la stagione estiva, da anni la venticinquenne si consuma le mani come lavapiatti nei tanti lidi e ristoranti della zona. Una settimana fa aveva trovato impiego in uno dei più noti stabilimenti della zona, ma pochi giorni le erano bastati per capire che lì non si poteva lavorare. Turni infiniti che sulla carta non esistevano, umiliazioni continue, urla. Appena trovata un’alternativa, ha comunicato che sarebbe andata via. Ma in mano il titolare le ha messo solo quattro spicci. Lei non si è arresa. Si è presentata al locale, risoluta, videocamera del telefono attivata per avere una prova dell’ennesimo episodio di sfruttamento. “Non me ne vado da qui senza i miei soldi”, le si sente dire nel video. Ma mai, dicono gli amici che dopo l’hanno soccorsa, avrebbe immaginato una reazione del genere. L’uomo le urla contro, bestemmiando la minaccia e cerca di mandarla via, la spintona, e quando si accorge che la ragazza sta riprendendo tutto la colpisce, la afferra per i capelli, la colpisce ancora, la sbatte fuori dal locale.
La denuncia ai carabinieri
Nel pomeriggio di ieri, per quattro ore la ragazza ha raccontato tutto in dettaglio ai carabinieri di Soverato di fronte ai quali ha formalizzato la denuncia. Anche il giorno precedente, subito dopo l’aggressione, si era presentata lì, ma era troppo confusa, sconvolta, non era riuscita a spiegarsi. Nel frattempo, il video postato sui social è diventato virale e subito è stata pioggia di solidarietà. Partiti, associazioni di categoria, l’amministrazione comunale, persino il presidente di Regione Calabria, Roberto Occhiuto, che ha twittato: “Il lavoro si paga sempre. Gli inquirenti facciano piena luce su ciò che è accaduto”. Di fronte allo stabilimento in cui la ragazza è stata malmenata, nel pomeriggio la Cgil ha organizzato un flash mob, mentre in serata è stata l’Usb a fare un presidio. “Questo locale sfrutta chi lavora” è lo striscione lasciato in bella vista vicino all’ingresso. Chiuso, come la pagina Facebook, cancellata in fretta e furia dopo una valanga di commenti negativi.