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Torino – Il suono è quello dei campanelli delle reception di un albergo. A ogni “din” si apre una delle quindici porte e compare una busta. Un via vai di sacchetti con burger, pollo fritto, burrito, poké e piadine che finiscono su uno scaffale, pronti per essere agguantati da un rider. Corrieri che aspettano la loro consegna seduti su un divano, dopo aver messo in carica il loro smartphione e dato una controllata alla pressione delle gomme della bici grazie ai kit manutenzione. Benvenuti nel Food Corner Podëstrà, nome in dialetto torinese di Pozzo Strada, quartiere dove Glovo sperimenta in Italia un nuovo format, una sorta di condominio di cucine, che in altri Paesi in Europa ha già preso piede. Tante stanze da 14 metri quadri, arredate con cappe, frigo e lavandini professionali. Il resto dipende da che cosa si deve cucinare e da che cosa vuole metterci chi prende in affitto lo spazio. Annessi altri due mini locali: spogliatoio e da magazzino. Una sorta di condominio di cucine, dove Glovo si è ritagliato il ruolo di amministratore e gestisce tutto il sistema.
In crescita la domanda di food delivery e servizi di streaming
di
Salvo Cagnazzo
Un’evoluzione delle ghost kitchen, cucine fantasma e chiuse al pubblico dove si preparano cibi solo per le consegne. Anche Helbiz si butta sul settore, aprendo un centro a Milano e uno a Fiumicino per servire come mensa i dipendenti di Ita Airways. Un fenomeno cresciuto con l’emergenza da Covid-19. Ma dopo la pandemia il food delivery non è diminuito. Anzi. In Italia il mercato è in espansione: oltre 1,4 miliardi di euro di business per il settore nel 2021 e si stima possa superare nel 2022 i 2,2 miliardi di euro secondo le analisi di Assodelivery e dell’Osservatorio eCommerce B2C della School of Management del Politecnico di Milano.
La sfida della Gdo web e consegne a casa contro i nuovi player
di
Irene Maria Scalise
Durante la pandemia le richieste di adesione alla piattaforma Glovo sono quadruplicate coinvolgendo anche i piccoli esercenti. Tendenze confermate nell’ultimo anno: gli ordini sono cresciuti del +74% nel food. “Sulla base di questo sviluppo abbiamo pensato di creare una cucina dedicata ai partner in un luogo di Torino dove l’offerta non è ricca, ma la richiesta c’è. Una struttura aperta al pubblico e dove non è prevista solo la consegna a domicilio, ma il take away”, racconta Elisa Pagliarani, general manager di Glovo Italia mentre indica il murales, realizzato dallo street artist Fijodor Benzo, che dà il benvenuto a chi arriva nel complesso aperto da tre mesi. “Torino è da sempre una delle piazze su cui lavoriamo meglio”, aggiunge Pagliarani – “. Gli spazi in affitto sono presi da catene che stanno in altre parti della città, e vogliono allargare il loro giro d’affari, oppure da chi vuole ritagliarsi solo uno spazio per il delivery. Oppure c’è chi non ha punti vendita a Torino e vuole sperimentare la piazza. Entro fine anno apriranno altri due punti analoghi, uno a Milano e l’altro a Roma. Non ci sono insegne di Glovo, ma un via vai di corrieri che portano il cibo di diverse sigle, da Deliveroo a Just Eat. “Abbiamo preferito dare ai nostri partner la possibilità di fornire anche gli altri gruppi”, racconta una delle responsabili del centro che è aperto dalle 9 alle 23 tutti i giorni. E debutterà il totem per gli ordini all’ingresso per prendere in loco anche senza avere l’app. E non mancano già altre evoluzioni. “Sarà possibile ordinare allo stesso tempo diverse specialità preparate nelle cucine: buste collettive ma cibo differente per mettere tutti d’accordo”. Un modo per non uscire più di casa? Per il 92% dei clienti il delivery è un’alternativa al cucinare a casa, non all’uscire fuori a cena.