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Siamo sempre qui, non se ne esce. Sei mia e lo sarai fino alla fine. Decido io per te.
Pochi giorni fa la ministra Elena Bonetti ha detto: “Abbiamo reso strutturale l’investimento dei centri antiviolenza e delle case rifugio con 30 milioni di euro l’anno, ai quali si aggiungono altri 10 milioni di euro rivolti ad azioni sistemiche a livello nazionale. La strategia di contrasto alla violenza maschile contro le donne affronta tutti gli assi: la prevenzione, la protezione delle vittime, la punizione dei colpevoli, ma anche la promozione dell’autonomia anche finanziaria delle donne”, ricordando quanto conti l’aspetto economico, spesso, nelle mancate denunce di donne che dipendono anche per i soldi della spesa dal marito o compagno, che non hanno un loro conto corrente anche se lavorano.
La ministra per le Pari opportunità e la Famiglia ha ricordato che il governo ha “introdotto il reddito di libertà: siamo arrivati per adesso a 12 milioni di euro di investimento con questa misura che sostiene le donne vittime di violenza e che si trovano in condizioni disagiate”.
E dopo uno degli ultimi casi la sua collega Mara Carfagna, ministra per il Sud e la coesione territoriale, spiegava alla Stampa che “c’è un pacchetto di norme concordato nel dicembre scorso dalle ministre che offre strumenti più incisivi per arginare la violenza, incoraggiare le donne a denunciare e al tempo stesso dare alla magistratura e alle forze dell’ordine la possibilità di fermare gli aggressori prima che feriscano e uccidano: sono passati poco più di sei mesi dalla messa a punto di quel disegno di legge. In questi sei mesi, secondo il report del Servizio analisi criminale della Polizia aggiornato al 12 giugno, quasi 50 donne e ragazze sono state assassinate ‘in ambito familiare/affettivo’, cioè da ex-partner o ex-mariti. Non so se e quanti di quegli omicidi avrebbero potuto essere evitati – prosegue la ministra – so che è urgente, indifferibile, accelerare l’iter dell’approvazione di quelle misure, attualmente ferme alla fase delle audizioni in Commissione Giustizia del Senato. Sotto il profilo politico, il pacchetto anti-violenza è sostenuto da autorevoli esponenti di tutti i partiti della maggioranza e, dunque, non dovrebbero esserci problemi per una rapida discussione e approvazione. Sotto il profilo dell’interesse pubblico è innegabile l’urgenza di agire, non solo per evitare altri lutti, altri orfani, altri orrori, ma anche per difendere la reputazione dello Stato”, conclude.
È sempre urgente, ma c’è sempre qualcun altro che deve agire.
Nelle note del Viminale si spiega che dall’inizio dell’anno sono leggermente diminuiti i delitti (da 137 a 131), mentre il numero delle vittime donne resta costante: 56. In tutto il 2021 sono state uccise 103 donne, 101 nel 2020, 92 nel 2019. “A oggi registriamo che il numero degli omicidi complessivi nella società italiana è in costante diminuzione”, spiega così i numeri Stefano Delfini, direttore del Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia, ma quello che rimane, invece, “drammaticamente stabile nel tempo e non diminuisce è il numero degli omicidi di donne”. Che nei report non vengono indicati come femminicidi, “non esistendo una qualifica giuridica autonoma che configuri questo reato”.
Non avrà una qualifica giuridica autonoma, ma ha dei volti e dei nomi. Questi. Le loro storie nell’Osservatorio Femminicidi di Repubblica, curato da Alessia Ripani.
Il 17 giugno a Castelfranco, nel Modenese, Gabriela Trandafir, 47 anni, e sua figlia Renata, 22, vengono uccise a fucilate da Salvatore Montefusco, marito della donna e patrigno della ragazza. Il giorno prima dell’udienza per la separazione, dopo denunce su denunce per quell’uomo violento, animalesco.
Il 16 giugno a Napoli la psichiatra 61enne Filomena Galeone viene uccisa da suo figlio in casa.
L’11 giugno a Fossalta di Portogruaro (Venezia) Lorena Puppo, 50 anni, è stata uccisa dal marito, che si è suicidato dopo aver chiamato la nipote dicendole “Vieni, ho commesso un grave errore”.
L’8 giugno a Vicenza Lidia Miljkovic, una donna di 42 anni, viene uccisa per strada dall’ex marito, che subito dopo uccide anche la compagna con cui aveva una relazione finita da poco, Gabriela Serrano, prima di suicidarsi.
Il 19 maggio a Rimini Noelia Rodriguez, 46 anni, viene colpita con 21 coltellate dall’ex compagno Maximo Aldana De La Cruz, 54 anni, che era arrivato in Italia per convincerla a tornare assieme. Ferita anche la figlia dell’uomo, che ha cercato di difendere Noelia.
L’11 maggio a Milano Miranda Pomini, di 91 anni, è stata uccisa dal figlio 56enne che poi si è suicidato.
Il 4 maggio Stefania Pivetta, 56 anni, e sua figlia di 16 anni, Giulia, sono state uccise dal marito e padre Alessandro Maja, 57 anni, nella loro villetta di Samarate, a Varese. Unico superstite, gravemente ferito dal padre, l’altro figlio Nicolò.
Il 3 maggio, in una spiaggia di Sabaudia, Romina de Cesare, 36 anni, viene uccisa con 15 coltellate dal suo ex Pietro Ialongo.
Sempre il 3 maggio Alice Scagni di 34 anni di Genova è stata uccisa dal fratello Alberto, 42, con 17 coltellate.
Il 27 aprile a Ravenna Viviana Farolfi, 71 anni, viene ammazzata dal marito Alvaro Strocchi, 77 anni che poi si suicida.
Il 26 aprile a Dormelletto, in provincia di Novara, Sonia Solinas, 49 anni, è stata uccisa dal compagno Filippo Ferrari, anche lui poi suicida.
Il 22 aprile a Rimini Angela Avitabile viene uccisa dal marito Raffaele Fogliamanzillo. Lei l’aveva denunciato più volte per le violenze subite.
Il 22 aprile Romina Vento viene fatta annegare nell’Adda dal compagno Carlo Fumagalli, che era andato a prenderla al lavoro. I loro bambini li aspettavano a casa. Lui sapeva che lei, non sapendo nuotare, sarebbe annegata subito.
Il 21 aprile a Aicurzio (Brianza) Fabiola Cornaghi viene uccisa dal figlio 23enne, che fa scempio del suo cadavere.
Il 3 aprile Inirida Roa Sierra, 45 anni, viene uccisa da marito 73enne, Gaetano Notargiacomo. L’ha soffocata con un sacchetto di plastica in testa.
Carol Maltesi, 26 anni, viene uccisa a metà gennaio nella sua casa di Rescaldina dall’ex compagno Davide Fontana, che fa a pezzi il cadavere e lo nasconde in un dirupo, dove verrà ritrovato dopo quasi due mesi. Il 29 marzo l’arresto dell’uomo.
Il 29 marzo Viviana Micheluzzi, 51enne apicultrice della Val di Fiemme, viene uccisa dal marito, che poi si suicida, a Trento. Aveva comprato la pistola poche ore prima.
Il 23 marzo Maria Begoña Gancedo, 60enne di origine spagnola da tempo residente a Cologno Monzese, viene accoltellata e uccisa dal figlio.
Il 21 marzo a Reggio Emilia Tiziana Gatti, 62 anni, viene uccisa dal compagno della figlia. Era andata a casa loro per prendersi cura dei due bambini come ogni mattina, è stata uccisa a coltellate davanti alla figlia e al nipotino di 4 anni.
Il 12 marzo Naima Zahir, 45 anni, residente a Lentini, nel Siracusano, viene trovata morta con un coltello conficcato in gola. Tre giorni dopo viene arrestato il marito che aveva provato a sostenere la tesi del suicidio.
Il 13 marzo a Genova Alda Pivano, 94 anni, viene soffocata dal marito Giuseppe Frigerio, che poi si suicida.
Il 10 marzo Anastasia Bondarenko, 23 anni, viene uccisa, bruciata viva, dal suo compagno. In casa la bambina di 5 anni, che riesce a scappare. L’uomo subito dopo chiama la madre di Anastasia: “L’ho bruciata, puoi comprare i fiori per il funerale”.
Il 10 marzo a Ravenna Maria Ballardini, 83 anni, viene uccisa dal marito Mario Claudio Cognola, 77 anni.
L’8 marzo Vincenza Ribecco è uccisa dall’ex marito, in provincia di Crotone. Un unico colpo di pistola, al petto.
Il 3 marzo Alessandra Frati, 46 anni, di Livorno, è stata uccisa dal compagno in Corsica, dove lavorava. L’uomo si è poi suicidato.
Il 2 marzo a Casale sul Sile, Treviso, Flora Mattucci, 72 anni, viene trovata morta dai figli. A ucciderla il marito Franco Gellussich, 73 anni, il cui corpo viene trovato nel garage.
L’1 marzo a Pontecagnano Faiano, Salerno, Anna Borsa, 29 anni, viene uccisa dall’ex compagno Alfredo Erra che entra nel salone di parrucchiere dove lei lavorava e le spara.
Il 5 febbraio a Zeddiani, piccolo paese in provincia di Oristano, Daniela Careddu, 51 anni, viene uccisa dall’ex marito che poi chiama i carabinieri.
L’1 febbraio a Grumo Nevano, Napoli, la 24enne Rosa Alfieri viene uccisa, 23 anni, viene uccisa da un vicino di casa.
Il 26 gennaio a Biella Albertina Creola, 69 anni, viene uccisa dal compagno che poi si suicida.
Il 18 gennaio a Roma Simona Michelangeli, 41 anni, viene uccisa dall’ex compagno.
Il 16 gennaio a Catanzaro un 49enne soffoca la moglie e poi confessa al datore di lavoro l’omicidio. La coppia è di origine marocchina e per quanto io abbia cercato i loro nomi non li ho trovati in nessuna fonte.
Il 16 gennaio a Latina Nadia Bergamini, 70 anni, viene uccisa dal genero che la picchia con una violenza tale da spaccarle la testa.
Il 10 gennaio a Rovigo Guglielmina Pasetto, 71 anni, viene soffocata dal marito.
Il 9 gennaio a Livorno Franca Franchini, 76 anni, viene accoltellata a morte dal marito.
Malta resta – dopo il referendum a San Marino – il paese a noi vicino con la legislazione più oscurantista sull’aborto. Sulla pelle delle donne, come sempre, non si fanno sconti. Lo racconta il caso di una turista americana, Andrea Prudente, in vacanza sull’isola con il compagno. La donna, alla 16esima settimana di gravidanza, ha iniziato ad avere dei dolori, ed è stata così ricoverata all’ospedale Mater Dei di Malta. Un’ecografia ha confermato la rottura delle acque e l’emorragia in corso, con il distacco della placenta.
Ma, come raccontano gli attivisti di Doctors for Choice Malta, il feto pur in queste condizioni ha ancora il battito cardiaco: la donna ha chiesto di interrompere la gravidanza – come stabilito dalle linee guida internazionali in caso di serio pericolo per la vita della madre – ma a Malta non si può, perché l’aborto è vietato in qualsiasi caso. I medici, che rischiano fino a 4 anni di carcere e la revoca della licenza, hanno respinto la sua richiesta perché solo se la sua morte fosse imminente potrebbero agire. La mobilitazione delle attiviste maltesi e internazionali potrebbe portare a sbloccare la situazione in un unico modo: la donna dovrebbe firmare per lasciare volontariamente l’ospedale ed essere trasferita subito in un altro Paese.
Il Gf delle ragazze anoressiche
“Per una nota trasmissione televisiva – recita letteralmente l’appello – stiamo cercando ragazze fra i 20 e i 25 anni che soffrono di disturbi alimentari. Se avete queste caratteristiche scrivete subito a…”, e segue indirizzo mail: si tratta di una società esterna che si occupa di casting per un network nazionale. Non ci volevo credere alla storia che racconta su Repubblica Bologna Micol Lavinia Lundari intervistando Maruska Albertazzi, attrice e regista che di disturbi alimentari ha sofferto.
L’anoressia, o la bulimia, come caratteristica per una trasmissione. Se anche il fine fosse nobile, e già è una possibilità remota, penso a come possa passare per la testa di un’agenzia di casting scrivere un annuncio così e mi viene in mente solo Luca Bizzarri quando su Twitter scrive: “Non hanno un amico”.