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ROMA – Operazione camouflage. Nella difficoltà di organizzare liste proprie o nell’intento di mascherare eventuali risultati negativi, Lega e 5 Stelle si presentano alle Amministrative sotto mentite spoglie. Senza simbolo, nascosti all’interno di civiche che autorizzano anche alleanze poco presentabili. Si dirà, Matteo Salvini l’aveva annunciato: in queste elezioni comunali il Carroccio al Sud si manifesta con il nuovo simbolo “Prima l’Italia”. Annuncio accolto senza urla di giubilo da parte dei non pochi ortodossi del partito. E alla fine, l’iniziativa decolla con numeri risibili. Sapete in quanti Comuni si presenta davvero “Prima l’Italia”? Otto. Su un totale di centodue medi e grandi centri interessati dal voto nel Meridione.
In Sicilia, culla del progetto, i Comuni dove la Lega debutta sotto le nuove e dichiarate vesti sono appena quattro: Palermo, Messina, Paternò e Acicatena. E nel resto dell’isola? La Lega sta dentro le civiche, appunto. E così maschera intese anomale: mentre Salvini e Di Maio litigano un giorno sì e l’altro pure, i loro partiti a Niscemi, popoloso centro del Nisseno, sostengono la stessa candidata sindaca, Valentina Spinello (locale coordinatrice del Carroccio). Ancora più originale lo scenario pugliese: “Prima l’Italia” c’è a Taranto e a Castellaneta, a Barletta sopravvive il simbolo della Lega mentre in altri centri i salviniani scendono a patti con i candidati di Michele Emiliano: capita ad esempio a Castellana Grotte, dove “Con” (il movimento di Emiliano) e una lista di leghisti appoggiano Domi Ciliberti, già candidato per Salvini alle Regionali 2020. Nello stesso centro, che esprime anche il deputato del Pd Ubaldo Pagano, i dem sono assenti. Gli altri due Comuni dove esiste il simbolo “Prima l’Italia” sono in Calabria: Catanzaro e Varapodio, non esattamente una metropoli con i suoi duemila abitanti.
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di
Giovanna Casadio
In casa 5 Stelle in diversi casi si è optato per una presenza in chiaroscuro, senza il simbolo di partito. Vedi ad esempio a Verona: il candidato sindaco ed ex calciatore della nazionale Damiano Tommasi ha anche incontrato Giuseppe Conte a Roma, il ministro (veneto) Federico D’Incà è stato uno dei maggiori promotori dell’alleanza con il Pd nella città scaligera, eppure gli elettori del M5S che vogliono eleggere qualche proprio attivista se lo ritroveranno nella civica “Rete – Damiano Tommasi sindaco”: due nomi per il consiglio comunale e due per una circoscrizione. In Lombardia, a Como, il vecchio meetup si è praticamente disintegrato: il consigliere comunale uscente dei 5 Stelle Filippo Aleotti si candida a sindaco con una lista civica, “Como in Movimento – Stop inceneritore”; mentre il deputato locale Giovanni Currò sostiene la candidata sindaca del centrosinistra. A Rieti, poca fantasia nel camouflage: ci sarà una lista con un logo che comprende le care vecchie cinque stelle e il nome grande con due colori diversi, “Con” in bianco e “te” in giallo, Conte quindi, dove si candidano referenti del M5S locale. Discorso simile a Oristano, in Sardegna (regione dove le liste di partito in corsa sono zero): simbolo con la classica stella di sfondo, la scritta grande “Mov” con la V del v-day, è il “Movimento Oristano”, promossa dai 5 Stelle con altri civici a sostegno del centrosinistra. A Jesi, dove è arrivato Giuseppe Conte per offrire manforte in vista del voto, i 5 Stelle assieme ai verdi hanno dato vita a “Jesi respira”, simbolone matrioska con dentro i due loghi dei partiti e la bandiera della pace in cima.
Tornando in Sicilia, stesso discorso a Sciacca, lista congiunta M5S e Next; a Campobello di Licata simbolo e lista unici con il Pd; a Palma di Montechiaro, lista civica “Palma in Movimento”. Infine ci sono i casi del “ci sono ma senza esserci”: come a Belluno, dove sempre D’Incà nelle settimane scorse è arrivato per annunciare il sostegno del M5S al candidato dem Giuseppe Vignato, ma zero liste o candidati. Se il centrosinistra dovesse vincere, un pezzetto di cappello – quanto grande non si saprà mai – lo si potrà comunque mettere.