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La vera modalità ritratto non è quella del vostro smartphone

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La modalità ritratto è una delle funzioni di elaborazione software più interessanti tra quelle integrate nelle app fotocamera degli smartphone. Già da qualche anno, ormai, tutti i produttori hanno deciso di fornire questa funzione, sia sui top gamma che sui modelli di fascia bassa. I risultati spesso sono più che accettabili, ma se volete fare ancora meglio potete seguire la nostra guida su come migliorare le foto dallo smartphone.

La fotografia di ritratto, però, è un’altra cosa. Per fare una foto ad un soggetto ed ottenere un risultato piacevole, non basta avere un forte effetto bokeh (sfondo sfumato), come quello della modalità ritratto degli smartphone.

Senza voler fare confronti impossibili – e spiegherò tra poco perché lo sono – in questo articolo vi farò vedere come si scattano i ritratti “alla vecchia maniera”, con una fotocamera professionale e un obiettivo di alta qualità: nello specifico, una Sony A7C R con un’ottica zoom Sony FE 70-200 mm F2,8 GM OSS II (SEL70200GM2).

Lo scopo è duplice. Da una parte, potrete capire quanti passi in avanti sono stati fatti dai produttori di smartphone per i software d’elaborazione d’immagine. Dall’altra, sarà più chiaro il motivo per cui servono ancora delle costose e complesse fotocamere professionali (e relative ottiche), per chi vuole scattare sul serio.

Modalità ritratto su smartphone

Partiamo dalle basi. La modalità ritratto sugli smartphone è una funzione che consente di scattare foto con un soggetto nitido in primo piano e uno sfondo sfocato, creando un effetto chiamato bokeh. Tale effetto simula il risultato ottenuto con le fotocamere professionali, che usano obiettivi con grande apertura di diaframma per ridurre la profondità di campo.

Per poter ottenere risultati di buon livello, i produttori di smartphone combinano elementi hardware e software. Si tratta di un lavoro di squadra, con tanti processi che avvengono automaticamente allo stesso tempo.

Uso di più fotocamere: La modalità ritratto spesso utilizza due (o più) fotocamere posteriori per raccogliere dati sulla profondità di campo. Una fotocamera cattura l’immagine principale, mentre l’altra misura la distanza tra il soggetto e lo sfondo, creando una mappa di profondità.
Elaborazione software: Gli algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning entrano in gioco per riconoscere il soggetto (solitamente una persona) e applicare uno sfocato selettivo allo sfondo. Questa elaborazione può variare da un dispositivo all’altro, influenzando la qualità dell’effetto bokeh.
Simulazione di aperture ampie: Anche se gli smartphone non hanno obiettivi con aperture ampie come gli obiettivi professionali, il software simula questo effetto per creare una sfocatura naturale dello sfondo.
Effetti personalizzabili: Alcuni smartphone permettono di regolare l’intensità dello sfocato (anche dopo lo scatto) e in alcuni casi è possibile scegliere diverse forme di bokeh (ad esempio circolare o a forma di cuore).

Solitamente, nell’app fotocamera del vostro smartphone è disponibile una sezione dedicata alla modalità ritratto.

Quando attivata, lo smartphone si prepara a scattare una foto più “complessa” rispetto al normale, che prevede appunto tutti i passaggi elencati in alto.

Negli ultimi anni alcuni produttori hanno spinto sull’acceleratore, lanciando sul mercato smartphone con modalità ritratto avanzate. Ad esempio, è il caso di Honor 200 Pro, che ha un prezzo di listino alto (799€) ma non è neanche un vero top gamma.

Grazie all’elaborazione software avanzata, all’aiuto dell’intelligenza artificiale e alla collaborazione con lo Studio Harcourt di Parigi, l’esperienza di scatto con Honor 200 Pro è stata ottimizzata per produrre ritratti di alto livello. Potete osservare a seguire qualche esempio, realizzato nella nostra redazione.

Ritratto con fotocamera professionale

Quando volete scattare un buon ritratto con una fotocamera professionale, dovete sapere cosa state per fare. In questo caso, l’elaborazione software e le funzionalità automatiche contano poco: bisogna saper regolare manualmente le impostazioni e usare gli attrezzi giusti.

Ecco alcune linee guida importantissime da seguire, ma ce ne sono tante altre che ometterò per brevità.

Apertura del diaframma: Si usa un’apertura ampia (valore basso, come f/1.4, f/1.8 o f/2.8) per ridurre la profondità di campo, mettendo il soggetto a fuoco e sfocando lo sfondo.
Lunghezza focale: Meglio avere un obiettivo con una lunghezza focale alta (da 50 mm in su), perché comprimono la prospettiva e aiutano a separare il soggetto dallo sfondo.
Distanza dal soggetto: Elemento da non sottovalutare. Più il soggetto è distante dallo sfondo, più evidente sarà l’effetto bokeh, con uno sfondo più sfocato.
Velocità dell’otturatore: Se si scatta a mano libera bisogna usare una velocità di scatto alta, per evitare problemi di micro-mosso (piccole sfocature). Inoltre, scattare ad alta velocità è utile anche per evitare l’effetto di movimento dei soggetti.
Modalità di messa a fuoco: È preferibile usare una messa a fuoco automatica a punto singolo o, ancora meglio, il riconoscimento automatico del volto o dell’occhio (ma solo se è davvero affidabile).

Nel mio caso, il Sony FE 70-200 mm F2,8 GM OSS II è perfetto per lo scopo.

Si tratta di un obiettivo zoom con lunghezza focale elevata e anche molto luminoso (apertura massima di f/2.8). Non a caso, fa parte della serie G Master, quella più avanzata e costosa tra le ottiche di Sony.

Se volete capire quanto sia complesso realizzare un prodotto del genere, guardate lo schema ottico nell’immagine sovrastante: sono 17 elementi ottici divisi in 14 gruppi, più una membrana del diaframma a 11 lamelle, lo stabilizzatore ottico e i 4 motori per l’autofocus. Tutto questo racchiuso in un corpo tropicalizzato, per un peso di poco più di 1 kg.

Più che un dispositivo tecnologico, è un oggetto di raffinatissimo artigianato elettronico. Nella galleria in basso vi lascio un bel campionario di ritratti realizzati con il Sony FE 70-200 mm F2,8 GM OSS II montato su una Sony A7C R. Tutte le foto sono state realizzate in condizioni non ideali: luce naturale variabile, soggetti in movimento, libertà di spostamento limitata da parte mia.

Qualità sì, ma a che prezzo?

Come detto nell’introduzione, fare confronti diretti tra smartphone e fotocamera è impossibile: anche se il risultato finale è pur sempre una  fotografia, sono due campionati diversi, in cui competono utenti diversi. Si possono stabilire, però, alcuni punti fermi.

La modalità ritratto sugli smartphone ha subito un notevole avanzamento negli ultimi anni, grazie soprattutto all’aiuto dell’intelligenza artificiale. Le nuove tecniche di elaborazione software permettono di ottenere scatti piacevoli da vedere e perfetti da condividere sui social. L’esperienza utente è molto soddisfacente: basta andare nella sezione della modalità ritratto, premere sul pulsante di scatto e dopo pochi secondi si ottiene la foto.

Inoltre, anche il costo dei dispositivi è alla portata: il già citato Honor 200 Pro ha un prezzo di listino di 799€, ben al di sotto di qualsiasi accoppiata mirrorless + obiettivo di livello professionale. Anche smartphone da meno di 200€ propongono modalità ritratto più che accettabili, il prezzo non è più un fattore troppo determinante per la fotografia mobile.

Dall’altra parte, i costi per l’acquisto di una buona fotocamera e di un’ottica ideale per i ritratti sono spesso salatissimi. La mia configurazione ne è un esempio perfetto: la Sony A7C R ha prezzo di listino pari a 3.700€, a cui si devono aggiungere altri 3.000€ per acquistare il Sony FE 70-200 mm F2,8 GM OSS II. In totale fanno 6.700€ netti, più di 8 volte il costo di Honor 200 Pro.

Tra l’altro, come già detto nella sezione precedente, per usare al meglio la fotocamera è necessaria una certa esperienza, occorrono tanto tempo e tanto impegno per acquisirla. Quanti utenti sono disposti a farlo? Pochi, anzi pochissimi, sempre meno nel corso degli anni.

La verità sulla modalità ritratto

Arrivati a questo punto, sembra chiaro come la modalità ritratto degli smartphone sia una funzionalità vincente sotto tutti i punti di vista, tanto da mettere in dubbio l’uso di dispositivi professionali e ultra costosi per ottenere risultati simili.

La grande verità, però, è che le foto ritratto che avete sullo smartphone non sono “vere foto ritratto”: sono foto normali a cui è stato applicato un finto effetto bokeh, più qualche eventuale altro ritocchino a livello software, magari per correggere il colore dell’incarnato e aggiungere un po’ di contrasto.

E i risultati non sono sempre perfetti.

Avete presente gli artefatti che si generano nelle foto ritratto su smartphone? Pezzi dello sfondo troppo a fuoco o aree del volto sfocate? Sono errori di riconoscimento del soggetto, sono parti in cui l’elaborazione software fallisce.

Il vero effetto bokeh e le vere foto di ritratto si possono ottenere solo con una fotocamera e obiettivo di buon livello, almeno per ora. Il motivo per cui un fotografo professionista o un amatore avanzato spendono tanti soldi per l’acquisto di tali dispositivi è proprio questo: avere il controllo, scegliere col proprio occhio il dettaglio da mettere a fuoco, regolare con le dita il diaframma fino ad ottenere l’effetto di “cremosità” desiderato per lo sfondo.

La fotografia professionale ha ancora un mercato e, soprattutto, conserva ancora intatto il suo fascino, perché il livello di qualità è ancora troppo distante da quello della fotografia su smartphone.

Sto parlando di un lavoro/hobby d’élite, praticato da un numero di persone che si riduce sempre di più col passare degli anni, eppure è una nicchia molto coriacea.

In un’epoca sempre più dominata dall’AI generativa e dalle magie del software, il lavoro artigianale che occorre per lo scatto di un vero ritratto è da tenere ancora in grande considerazione. A suo modo è una forma d’arte, va protetta e conservata nel tempo.

Le immagini scattate con la modalità ritratto dello smartphone vanno benissimo per Instagram, sono facili da realizzare e richiedono un impegno bassissimo. Ma non sono queste, probabilmente, le foto che deciderete di stampare per appenderle in casa. Ci potete provare, certo, ed è a quel punto che vi accorgerete della vera differenza di qualità tra uno smartphone e una fotocamera professionale.

Finché ci sarà bisogno di alta qualità, finché ci saranno persone che apprezzeranno la fotografia come arte e non solo come strumento di comunicazione visiva, ci sarà spazio anche per un Sony FE 70-200 mm F2,8 GM OSS II e per l’impegno che ci vuole per utilizzarlo al meglio.

Altri spunti sulla fotografia

Se vi piace il mondo della fotografia, a seguire trovate altri articoli e contenuti con storie particolari e interessanti. Si comincia con la nostra sezione dedicata a tutte le recensioni di fotocamere e poi si va avanti per scoprire argomenti meno conosciuti.

 

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