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Labioschisi: cos’è il labbro leporino e come si cura

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La diagnosi è possibile già nel pancione della mamma, tramite l’ecografia morfologica. Il problema va affrontato sin dalla nascita per valutare il momento opportuno dell’intervento chirurgico. Importante, poi, tenere monitorati, durante la crescita, fino a 18-20 anni, il corretto sviluppo del volto, del linguaggio, dell’occlusione dentale

08 Novembre 2024

Alcuni bambini hanno difficoltà a sorridere per colpa della labioschisi, nota come labbro leporino, una malformazione congenita che colpisce il labbro superiore e può estendersi posteriormente, determinando una comunicazione diretta tra naso e bocca.

«Nella maggior parte dei casi la labioschisi è monolaterale, cioè si localizza a destra oppure a sinistra rispetto alle colonne del filtro, le due creste laterali che delimitano lo spazio interposto tra naso e bocca», spiega il professor Domenico Scopelliti, chirurgo maxillo-facciale esperto in Chirurgia delle malformazioni del volto e vice-presidente della Smile House Fondazione ETS. «Meno comune è la labioschisi bilaterale, che si presenta invece con due interruzioni del labbro superiore».

Che cos’è la labioschisi

Durante lo sviluppo embrionale, il volto si forma attraverso una complessa serie di fusioni tra strutture diverse che si uniscono per dare vita alla faccia del bambino. In particolare, la sua porzione anteriore deriva dalla fusione di tre strutture: due processi mascellari (lateralmente) e un processo fronto-nasale (medialmente).

«A regolare questi processi c’è una sequenza di geni, che talvolta possono essere difettosi e impartiscono comandi errati, portando a una mancata o alterata fusione nei punti di saldatura», illustra il professor Scopelliti.

«Da un punto di vista morfologico, si parla di labioschisi quando la patologia è limitata solo al labbro superiore, ma in molti casi la malformazione si estende anche all’arcata dentaria, al palato osseo e al palato molle».

Quali sono le cause del labbro leporino

Le cause della labioschisi – la cui incidenza annua in Italia è di circa 1 su 1000 nati con numeri pari a 600-700 casi l’anno – non sono ancora del tutto chiare: oltre a fattori genetici, si pensa che possano essere coinvolti anche dei fattori ambientali a cui la madre viene esposta durante la gravidanza, come l’inquinamento atmosferico, alcuni farmaci, il fumo di sigaretta, la carenza di acido folico o alcune malattie infettive (per esempio la rosolia o la toxoplasmosi).

«Non si tratta di cause dirette, ma di elementi che possono amplificare il rischio di labiopalatoschisi», tiene a precisare l’esperto. «Maggiore peso ha l’ereditarietà: le famiglie che presentano già dei casi hanno il 25% di possibilità in più di trasmettere questa malformazione alle generazioni successive».

Quali sono le conseguenze del labbro leporino

I neonati con labbro leporino presentano chiare difficoltà nella suzione del latte materno, ma nel tempo questi problemi si aggravano ulteriormente perché – oltre all’alimentazione – risulta compromessa anche l’articolazione corretta della parola con inevitabili conseguenze sullo sviluppo psico-intellettivo e sulle relazioni sociali.

«Non a caso, tutti gli atti terapeutici tendono a ripristinare l’anatomia funzionale entro il primo anno di vita, quando i bambini iniziano ad articolare le prime parole più complesse, legate a persone, oggetti familiari o attività rituali come la pappa o la nanna», specifica il professor Scopelliti.

Come si fa la diagnosi della labioschisi

La diagnosi di labiopalatoschisi è possibile ormai in epoca prenatale e si effettua durante l’ecografia morfologica che le future mamme eseguono durante il secondo trimestre di gravidanza per verificare il corretto sviluppo del feto e identificare eventuali anomalie.

«Più complicato è identificare le palatoschisi isolate, dove la malformazione riguarda solo il palato e non coinvolge il labbro superiore né l’arcata gengivale corrispondente», ammette Scopelliti.

«Per questo motivo, è fondamentale che i genitori con un’ecografia morfologica sospetta per labiopalatoschisi oppure con altri casi noti in famiglia si rivolgano a un centro di monitoraggio prenatale di secondo livello, in modo da poter approfondire l’eventuale sospetto di una malformazione del feto attraverso tecnologie più avanzate ed esperti del settore. A conferma, i genitori potranno essere indirizzati per un primo consulto presso uno dei centri multi-specialistici, esperti in queste patologie, dove potranno ricevere da un team adeguato tutte le informazioni necessarie per affrontare il percorso di cure a partire dal momento della nascita».

Come si tratta la labioschisi

Per prima cosa, al momento della nascita, la mamma di un bambino con labbro leporino deve essere educata al corretto allattamento, che va eseguito con precisi accorgimenti e spesso con alcuni presidi speciali per favorire l’alimentazione del piccolo.

In genere, la postura consigliata è quella definita “a pallone di rugby”, dove il neonato assume una posizione supina, viene posto di fronte alla mamma con la bocca all’altezza del capezzolo e sorretto dal braccio del lato opposto del seno che allatta. In seguito, il bambino viene sottoposto a un’ortopedia pre-chirurgica, che consiste nell’utilizzo di placchette ortodontiche o apparecchi dinamici per diminuire l’ampiezza del labbro leporino, soprattutto a livello dell’arcata dentaria.

«Questo consente di arrivare all’intervento chirurgico con una schisi minore, più facilmente trattabile, ma anche di posticipare l’operazione di qualche mese in modo che il bambino sia in grado di sopportare meglio un’anestesia generale», tiene a precisare l’esperto. «A quel punto si arriva alla chirurgia che, anche nei casi di maggiore gravità, può prevedere più interventi simultanei, come labbro, palato e naso, al fine di ridurre il carico delle cure chirurgiche necessarie per risolvere la patologia in questa prima fase dello sviluppo».

Che cosa fare nel tempo

Dopo l’intervento chirurgico, il bambino va seguito nel suo intero percorso di crescita, fino ai 18-20 anni di età, da un’équipe multidisciplinare (chirurgo plastico o maxillo-facciale, pediatra, psicologo, audiologo, otorinolaringoiatra, logopedista, ortodontista) per monitorare durante la crescita il corretto sviluppo del volto, del linguaggio e dell’occlusione dentale.

«Nel lungo percorso di cura, l’obiettivo finale deve sempre essere l’integrazione sociale, in modo da assicurare al bambino una vita il più normale possibile», conclude il professor Scopelliti. «Per questo motivo, è fondamentale rivolgersi a centri di comprovata esperienza nel settore».

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