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Le sei questioni che dividono il centrodestra unito oggi a Roma

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Uniti per il governo ma divisi sul programma di governo. È il miracolo del centrodestra che si rinnova oggi a Roma quando Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi saranno insieme sul palco di piazza del Popolo per chiudere la campagna elettorale. Vicini ma lontani su sei questioni fondamentali: scostamento di bilancio, collocazione in Europa, utilità delle sanzioni a Putin, autonomia o presidenzialismo, tasse, reddito di cittadinanza. Altre coalizioni non avrebbero retto all’urto delle divisioni. Ecco nel dettaglio le linee di spaccatura.

Deficit di bilancio

Probabilmente la distanza maggiore tra gli alleati è sullo scostamento di bilancio. Lo invoca Matteo Salvini che chiede 30 miliardi per far fronte al caro bollette: “Pare si possa riconvocare il Parlamento anche dopo le elezioni per fare un nuovo scostamento di bilancio. Mi rifiuto di pensare che un economista attento come Draghi non si renda conto del bisogno che c’è di un nuovo intervento”. Il leader della Lega chiama in causa Fratelli d’Italia: “chi chiede tempo e dice che si possa aspettare sbaglia, sono a rischio chiusura migliaia di imprese e botteghe, è a rischio il sistema produttivo”. Giorgia Meloni resta ferma sul no e sicura che “non sia la soluzione, ma un pozzo senza fondo per soldi che regaliamo alla speculazione”. A mediare, Silvio Berlusconi, convinto che sarebbe meglio evitarlo, altrimenti “lo concordiamo con l’Europa”.

Europa

La spaccatura è emersa in tutta la sua evidenza quando lo scorso 15 settembre FdI e Lega hanno votato contro la risoluzione del Parlamento europeo che condannava Viktor Orban per i suoi “sforzi deliberati e sistematici del governo ungherese” contro i valori dell’Ue. Fratelli d’Italia e Carroccio hanno seguito i loro gruppi di Ecr e Id. Forza Italia, invece, ha votato a favore, in linea con il Ppe. Per gli eurodeputati FdI “si tratta dell’ennesimo attacco politico nei confronti del legittimo governo ungherese”. La stessa Meloni ha sottolineato che Orban ha vinto le elezioni” e che “l’Ungheria è un sistema democratico”. La replica di Berlusconi è netta: “Le sue politiche sono lontane dalle nostre, e così la sua visione dell’Europa. E le alleanze in Europa vanno fatte con i grandi Paesi amici, se vogliamo tutelare il nostro interesse nazionale”.  Per il presidente di Forza Italia, “non sarà mai Orban il nostro modello”.

Sanzioni

Matteo Salvini ha sempre definito inutili le sanzioni contro Mosca. “Più che fermare la Russia e mettere in ginocchio Putin le stanno pagando gli italiani”, la posizione del leader della Lega. Giorgia Meloni, pur d’accordo sulla necessità di prevedere compensazioni a sostegno delle imprese, ancora oggi ribadisce il punto di vista opposto. “I dati russi dicono che una nazione stimata alla crescita del 6% del pil, oggi sta festeggiando -3,5%. Significa che con le sanzioni in questi mesi si è contratto quasi il 10% del prodotto interno lordo russo”. Di qui la “disperazione” di Putin che ha alzato i toni all’Onu. “Credo che questa mossa di Putin dimostri la difficoltà della russia perché evidentemente le sanzioni funzionano”, ha aggiunto la leader FdI. Dello stesso avviso Silvio Berlusconi: “Siamo nell’Europa, nella Nato, nell’Occidente, dobbiamo assolutamente avere le stesse politiche che hanno tutti gli altri Paesi”. Per il presidente FI, che invita Putin a uscire dall’isolamento “a cui condanna” il suo Paese, “queste sanzioni hanno fatto molto male alla Russia”.

Autonomia

Le riforme istituzionali sono un altro elemento di divisione. Con FdI a concepire come prioritaria la riforma in senso presidenziale e Salvini, pressato dalla base e da leader come Luca Zaia, a chiedere prima l’autonomia. Anzi, per Giorgia Meloni che preferisce una riforma complessiva, “l’autonomia avrebbe un impatto migliore se ci fosse anche, come abbiamo scritto nel programma, una riforma presidenziale. Perché c’è un tema di equilibrio tra i poteri dello Stato, abbiamo bisogno anche di un governo più forte ed efficiente per mantenere l’unità nazionale e dialogare con le Regioni”. Due binari paralleli dunque, a contrasto con le parole del leader leghista che invece insiste: “Come primo atto ci siamo assunti l’impegno di realizzare l’autonomia differenziata per le regioni che l’hanno chiesta e la richiederanno. Con l’autonomia l’Andalusia che alla fine del 1900 era molto più povera della Campania, ora ha un Pil pro capite di 20 punti superiore”.

Tasse

La Lega vuole la flat tax al 15%. La flat tax è uno dei sei punti firmati a Pontida. “Quello che si può fare nel primo Consiglio dei ministri, è per i lavoratori autonomi alzare il tetto della flat tax da 65 mila euro all’anno a 100 mila euro”, ha ribadito Matteo Salvini. La presidente Fdi pone il problema delle risorse: “Serve una soluzione più graduale: visti i saldi di bilancio e le casse dello Stato che non stanno benissimo, noi oggi partiamo da una flat tax incrementale al 15%”. Linea sostenuta dal cofondatore FdI Guido Crosetto: “la Flat tax ha un senso sulla parte incrementale dei redditi: dobbiamo incentivare aziende e persone fisiche a crescere senza che la loro crescita abbia un peso fiscale. Si fa quello che le risorse consentono di fare. È stupido chi dice faremo questo, questo e quell’altro. La mia priorità è un intervento sul cuneo fiscale che consenta di avere buste paga più elevate, e un intervento sull’Iva dei prodotti di prima necessità”. Berlusconi invece vuole una flat tax al 23%, per tutti, famiglie e imprese, e con l’esenzione per i primi 13000 euro di reddito, in modo da favorire i redditi bassi e quelli medi.

Reddito di cittadinanza

Anche qui le differenze sono eclatanti. Salvini dice che il reddito di cittadinanza “va rivisto” togliendolo a chi rifiuta un lavoro ma lasciandolo a chi non può lavorare: “Nessuno va abbandonato, chi lo sta percependo e può lavorare se rifiuta anche una sola offerta di lavoro perde qualsiasi privilegio, perché è un reddito che serve a tornare sul lavoro”. Meloni, che lo ha definito “metadone di Stato”, non lo considera “la soluzione alla povertà” e vorrebbe abolirlo: “Quello che mi piacerebbe fare è assistenza seria a chi non può lavorare e possibilità di torvare lavoro a chi può lavorare. Un ragazzo di 25 anni che prende il reddito di cittadinanza per quanto ce lo possiamo permettere? La povertà non si combatte mantenendo i poveri nella condizione di povertà. Abbiamo un sacco di disoccupati e un sacco di lavori richiesti per i quali non si trova manodopera”. Berlusconi invece vorrebbe addirittura aumentarlo per i poveri: “Sono 4,7 milioni gli italiani nella povertà assoluta, una vergogna nazionale, e per loro dobbiamo esserci sempre”.

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