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Può essere considerato alla stregua di una pandemia ma con la differenza che finora non è stato trovato il vaccino giusto. I tentativi, specie negli ultimi vent’anni, sono stati numerosi, le campagne di dissuasione sono diventate più sofisticate e di impatto, anche con l’uso delle nuove tecnologie in grado di vincere la resistenza dei giovanissimi, impermeabili ai messaggi tradizionali. Le istituzioni sono scese in campo con una serie di iniziative dall’aumento delle tasse alle restrizioni sulle pubblicità, al divieto nei luoghi pubblici. Eppure i numeri indicano che la battaglia non è stata ancora vinta. Anzi rivelano che il contagio sta colpendo fasce di età sempre più basse.
Stiamo parlando del fumo. In occasione del “No tobacco day” (la Giornata mondiale senza Tabacco) indetto anche quest’anno il 31 maggio dall’Oms, l’Istituto superiore di Sanità ha tirato fuori alcuni dati preoccupanti.
I fumatori in Italia, sempre più donne
I fumatori in Italia sono circa 800mila in più rispetto al 2019 (l’ultimo anno di rilevazione pre pandemica). Il che vuol dire che quasi un italiano su quattro (il 24,2%) è dipendente dalle sigarette: una percentuale che non si registrava dal 2006 e riguarda entrambi i sessi. Anzi quest’anno si assiste a un aumento delle donne fumatrici dopo un triennio nel quale era emersa una diminuzione del trend.
È triplicato il numero delle persone che fanno uso di sigarette a tabacco riscaldato: 3,3% del 2022 rispetto al 1,1% del 2019. In crescita anche gli utilizzatori di sigarette elettroniche, che nella grande maggioranza sono “fumatori duali”: l’81,9% di chi usa una e-cig, fuma anche sigarette tradizionali. L’Iss rileva che gli utilizzatori abituali e occasionali di e-cig sono il 2,4% della popolazione, quasi 1,2 milioni di persone. Dopo un trend che vedeva negli anni precedenti una lenta diminuzione.
Il fumo di sigaretta è responsabile di un numero di vittime maggiore di quelle provocate da alcol, Aids, droghe, incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme. Ogni anno muoiono nel mondo circa otto milioni di persone per malattie legate al fumo, di queste l’80% sono fumatori attivi. L’Oms stima oltre un miliardo di fumatori. Guardando all’Italia annualmente sono da attribuire al tabagismo oltre 93.000 vittime.
L’attività dei Centri antifumo non riesce a dare una risposta importante al problema se si considera che, come dice una ricerca dell’Eurispes, prendono in carico solo lo 0,16% del totale dei fumatori, ossia circa un paziente ogni 625 fumatori.
Prevenire meglio che curare
Il tema quindi è quello di agire sulla prevenzione con operazioni mirate rivolte ai giovanissimi. «Abbiamo situazioni sempre più frequenti di bambini di 11-12 anni che si accostano alla sigaretta. Inizialmente come strumento di identificazione con gli adulti e poi come rito di iniziazione per essere accettati dal gruppo» spiega Marcella Dittrich, psicologa e psicoterapeuta della Lilt Milano (Lega della lotta contro i tumori), responsabile degli interventi di disassuefazione al fumo.
«Parlare ad un adolescente dei rischi per la salute si è rivelato inefficace. Per la prevenzione occorrono altre strategie» spiega Daniela Giangreco, responsabile della prevenzione primaria Lilt Milano. «Lavoriamo sulle competenze di vita, cioè su ciò che è distintivo e unico in ciascun individuo. Nei progetti che portiamo avanti nella scuola primaria, cerchiamo di tirar fuori da ogni ragazzo le proprie attitudini, ciò che è distintivo e che può diventare attrattivo dentro un gruppo. Per le elementari abbiamo creato la figura degli “Agenti 00sigarette”. Sono “educattori”, cioè un mix di educatore e di attore, che vestiti da 007 coinvolgono i giovanissimi in attività con al centro il tema della salute».
Le campagne di social e influencer
Per ogni fascia di età, quindi, c’è una strategia di comunicazione. «Negli adolescenti – spiega ancora Giangreco – facciamo leva sulla loro voglia di essere indipendenti. Il messaggio che mandiamo, quando lavoriamo nelle scuole con il coinvolgimento di docenti ma anche di peer, giovani coetanei, è che la sigaretta è una forma di restrizione della libertà, il contrario dell’indipendenza che ogni ragazzo cerca».
Molto usati sono i social. L’anno scorso la Lilt ha lanciato una campagna su Tik Tok, ingaggiando alcuni noti Tiktokers, tutti molto popolari, under 20 e tutti non fumatori che si sono cimentati con la creazione e la pubblicazione di contributi sui loro canali social, per dire no al tabacco. È stato un successo. In poche ore le stories hanno superato le 600mila visualizzazioni. Otto mesi fa, sempre la Lilt, ha creato un canale su Instagram, “Good Vibes” dove si affrontano varie tematiche tra le quali la salute e quindi il problema del fumo. «È il modo migliore per parlare ai ragazzi» afferma Giangreco.
Adulti più consapevoli della salute
Per gli adulti invece il lavoro è mirato essenzialmente alla disassuefazione. «I dati ci dicono che un fumatore abituato ad almeno 10 sigarette al giorno, impiega oltre dieci anni prima di provare a smettere. Questo avviene quando emerge una maggiore attenzione al benessere fisico e si fa strada la consapevolezza che una cattiva abitudine può avere conseguenze gravi per la salute» afferma Marcella Dittrich.
La sigaretta che fino a circa 50 anni fa faceva parte delle abitudini prettamente maschili, si è rapidamente diffusa tra le donne. «Prima come emblema di emancipazione ora come fuga dallo stress quotidiano. Abbiamo riscontrato che spesso il fumo per una donna è una sorta di equilibratore tra piacere e dovere. Diventa l’unico momento, in una giornata caotica, in cui si può staccare la spina. Ha una valenza emotiva importante». Il tentativo di smettere comincia con la pianificazione di un gravidanza ma, dice l’operatrice della Lilt, spesso è solo una pausa e dopo il figlio si ricomincia.
Come si interviene? «Il primo approccio con il fumatore adulto è di stimolare la consapevolezza. Chiediamo di prendere nota dei momenti in cui l’esigenza del fumo si fa sentire con più forza. Poi si passa alla graduale diminuzione del numero delle sigarette. È fondamentale un colloquio costante con gli operatori».
L’insidia del fumo passivo
Nelle forme più gravi di dipendenza è inevitabile ricorrere ai farmaci. «La Vareniclina dà ottimi risultati mentre le gomme e i cerotti di nicotina consentono di non avere crisi di astinenza. C’è anche un nuovo farmaco galenico usato da tempo nell’Est Europa e che sta avendo successo in Italia anche perché costa meno e i risultati sono soddisfacenti» afferma Silvano Gallus, direttore del Laboratorio di Epidemiologia degli Stili di Vita dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri a Milano, che studia da oltre vent’anni le conseguenze del fumo e con attenzione a quello passivo.
«È un tema che si sottovaluta e questo vale anche per i vapori emessi dalle sigarette elettroniche. In Europa, a fronte del 2,4% che consumano questi prodotti, le persone esposte sono il 16%. Ogni vapatore in media espone 5-6 non fumatori ai vapori passivi». Gallus sottolinea il nuovo fenomeno delle e-cig acquistate dai giovanissimi sul web. «Dalla Cina arrivano confezioni che assomigliano a penne o chiavette Ubs. Così si mimetizzano nel corredo scolastico. Per un genitore è molto difficile scovarli».
Le e-cig come riduzione del danno
Sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato negli ultimi anni sono stati al centro del dibattito sulla lotta al fumo che vede, da un lato, coloro che insistono sul principio di precauzione, sottolineando che le evidenze scientifiche sui nuovi prodotti sono ancora troppo poche per avere un quadro completo del loro rischio, e chi invece vede in questa innovazione una novità per integrare le politiche di prevenzione e controllo. Quest’ultimo punto di vista parte dal principio di “riduzione del danno”, in quanto la combustione – e non la nicotina – è la principale causa delle malattie legate al fumo.
Cosa dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità
L’Oms ha avuto posizioni diverse nel tempo. Nel 1997, in una tavola rotonda organizzata nell’ambito dell’UN Focal Point on Tobacco or Health, ha detto che «bisognerebbe anche aggiungere, agli attuali approcci di trattamento del tabacco, la riduzione all’esposizione delle sostanze tossiche».
Fermo restando l’obiettivo della cessazione totale. Una posizione confermata nel 2015 quando si è detta favorevole allo sviluppo dei nuovi prodotti del tabacco «che sono meno tossici o creano meno dipendenza», come parte «di un approccio globale per ridurre i decessi e le malattie legate al tabacco». Solo recentemente, la posizione dell’OMS è cambiata, trasformandosi in una netta bocciatura sulla possibilità di tali prodotti di apportare un contributo positivo nella lotta al fumo.
Italia in linea con l’Oms
Il nostro Paese ha fatto propria la linea dell’Oms e ha sposato il principio della precauzione. Il Ministero della Salute oggi punta esclusivamente sulla cessazione, dichiarando che «l’approccio della riduzione del rischio o del danno non può essere adottato quale strategia di salute pubblica». Altri Paesi nel mondo hanno però adottato politiche diverse.
Cosa accade nel resto del mondo
Stati Uniti, Regno Unito, Svezia, Nuova Zelanda, che vantano migliori risultati nella lotta al fumo, hanno incluso i nuovi prodotti senza combustione nelle strategie di contrasto al tabacco.
L’UK, pur perseguendo politiche molto restrittive sul fumo, ha incentivato, per primo, i fumatori a passare a prodotti alternativi. I risultati indicano il crollo nella vendita di sigarette. La posizione del National Health Service è che «le sigarette elettroniche sono molto meno dannose e possono aiutare a smettere di fumare definitivamente».
La Svezia è l’unico Paese della Ue che permette la vendita del tabacco per uso orale in polvere e la stessa OMS riconosce che ha il più basso indice di tumore del polmone in Europa. Negli Usa, da decenni all’avanguardia nelle politiche di contrasto al fumo, l’agenzia federale Food and Drug Administration (FDA), riconosce il principio di riduzione del danno per il contrasto al fumo e ha previsto l’introduzione della categoria “Prodotti del Tabacco a Rischio Modificato”.
Il divieto assoluto all’innovazione tecnologica nel settore, c’è in Cina (il numero di sigarette vendute è pari a 2,53 trilioni), India (120 milioni di fumatori e oltre un milione di decessi stimati ogni anno a causa del fumo) e Turchia.
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