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L’Ema: “Omicron potrebbe diventare prevalente entro Natale, ma i sintomi per ora sembrano lievi”

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“Non abbiamo la palla di vetro, ma è possibile che la variante Omicron diventi prevalente in Europa entro Natale”. Marco Cavaleri, responsabile per la strategia vaccinale dell’Ema, Agenzia europea per i medicinali, lo dice chiaramente: “La situazione è preoccupante anche adesso che abbiamo la Delta da affrontare. Siamo nel bel mezzo della quarta ondata”. In compenso “il nostro arsenale di strumenti contro il Covid si sta allargando. Avremo prevedibilmente un nuovo vaccino entro la fine dell’anno, quello di Novavax”. Sempre entro la fine dell’anno l’Ema potrebbe approvare i primi farmaci antivirali. “Ma – ribadisce Cavaleri – i vaccini restano la pietra angolare della nostra lotta contro la pandemia”.

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I primi dati sulla variante Omicron che avanza, spiega Cavaleri, descrivono “un virus più contagioso. Secondo i risultati preliminari, però, causa sintomi meno severi”. Si attendono informazioni più solide, ma dagli studi conclusi finora si vede che il nuovo ceppo del virus causa “una considerevole riduzione della capacità di neutralizzazione del virus da parte degli anticorpi delle persone vaccinate o precedentemente infettate, rispetto alla Delta, in linea con quanto ci aspettavamo”. Per accelerare la campagna vaccinale intanto gli Stati Uniti hanno deciso di offrire la terza dose ai ragazzi di 16 e 17 anni. La Food and Drug Administration, l’autorità regolatoria negli Usa, ha appena dato l’autorizzazione.

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Potrebbe esserci bisogno di aggiornare i vaccini. Pfizer ha già annunciato che lo farà entro marzo. “Ancora non abbiamo deciso se valga la pena farlo, ma siamo pronti in ogni momento. Stimiamo che ci vorrebbero 3-4 mesi per arrivare all’approvazione” dice Cavaleri. Quel che si attende sono risultati più chiari sulla riduzione di efficacia con la variante Omicron. I dati che abbiamo oggi hanno ancora un ampio margine di variabilità e non bastano a prendere una decisione. “Non vorremmo poi trovarci di fronte a un’altra variante nuova, questa volta più simile alla Delta, che ci costringa a tornare sui nostri passi”. Una delle strategie possibili, secondo l’Ema, “è mettere a punto un vaccino multivalente che contenga diverse versioni della proteina spike”, per contrastare con un’unica iniezione tutte le varianti preoccupanti in circolazione.

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08 Dicembre 2021

Sul fronte del vaccino per i bambini tra 5 e 11 anni, in arrivo da metà dicembre, le notizie sono buone. “I test di Pfizer su 2mila bambini, poi estesi a 3mila, hanno dimostrato un’efficacia alta, simile a quella di adolescenti e adulti, con effetti collaterali lievi” ha spiegato il responsabile Ema nel corso di una conferenza stampa nella sede dell’Agenzia di Amsterdam. Neanche la campagna avviata negli Stati Uniti da oltre un mese, con quasi 4 milioni di bambini immunizzati, “ha fatto registrare effetti collaterali importanti”. E la Delta, a differenza delle varianti precedenti, si sta diffondendo anche fra i più piccoli. “Vediamo un aumento di contagi e di ricoveri fra i 5 e gli 11 anni, con una costellazione di sintomi e di strascichi che non va sottovalutata, in particolare per quanto riguarda la sindrome infiammatoria multisistemica” che segue la guarigione, spiega Cavaleri. Il direttore dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) Nicola Magrini, in audizione oggi pomeriggio al Senato, ha fatto sapere che fra i bambini delle elementari si registrano oggi 6 ricoveri ogni mille contagiati.

Nei ragazzi sopra ai 12 anni, ha detto sempre Magrini, si sono visti dei rari casi di miocardite dopo il vaccino, in nessun caso fatali. “C’è una leggera, maggiore incidenza per il vaccino Moderna rispetto a quello Pfizer, ma parliamo di un’incidenza di 0,6 per 100mila rispetto a circa 1 per 100mila, quindi sono numeri insufficienti per una scelta differenziale tra i due vaccini per questa fascia”. Entrambi cioè restano consigliati.

Per quanto riguarda la sicurezza dei vaccini a tutte le età, l’Ema considera la situazione ormai chiara: “Non abbiamo mai condotto una campagna di somministrazione così ampia. Abbiamo più informazioni sui vaccini contro il Covid di quante non ne abbiamo per tutti gli altri vaccini mai usati finora. E il profilo di sicurezza è molto rassicurante”. Nemmeno la terza dose somministrata 3 mesi dopo la seconda presenta rischi. Anche se la distanza ottimale fra seconda e terza dose resta 6 mesi, anticipare i tempi non rappresenta un problema secondo l’Agenzia europea, “qualora la situazione sanitaria richieda un’accelerazione”.

Per quanto riguarda l’eterologa, poi, la stimolazione del sistema immunitario è migliore rispetto all’uso dello stesso vaccino  per la prima dose e per i richiami. “I vaccini a vettore virale sembrano particolarmente efficaci nella stimolazione delle cellule T” ha spiegato Cavaleri. Sono le cellule della memoria immunitaria, attivate in modo consistente da AstraZeneca e Johnson&Johnson, mentre i vaccini a Rna (Moderna e Pfizer) sono capaci di generare più anticorpi. Anticorpi e cellule T sono le due gambe su cui si regge la lotta del sistema immunitario contro il virus. Stimolare prima l’una poi l’altra con due vaccini di tipo diverso sembra raccomandabile. AstraZeneca però è uscito dall’arsenale dei vaccini usati in Italia e Magrini ha escluso che possa ritornarvi.

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