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Un accordo importante: ora c’è una coalizione anche nel centrosinistra, almeno nei numeri. L’intesa tra il Pd e i partiti di Carlo Calenda ed Emma Bonino non basta a ribaltare il pronostico sul voto del 25 settembre. La destra resta favorita. Ma, almeno da un punto di vista matematico, la partita si fa più equilibrata. Ora la scommessa è dimostrare che la coalizione c’è anche da un punto di vista politico e che questo apparentamento non è figlio solo di reciproche convenienze. Servirà insomma una campagna elettorale molto diversa dal teatrino di questi giorni.
L’errore più grande, e purtroppo il più probabile, che il centrosinistra può commettere è quello di affrontare il mese e mezzo che manca al voto perdendosi in dispute interne, con i partiti impegnati a contestarsi l’un l’altro. Non a caso il documento di intesa traPd, Azione e +Europaparla di “autonomia programmatica”, ciascuna forza intende cioè riservarsi un suo spazio di proposta. Bisogna che l’autonomia – un valore aggiunto per allargare il potenziale consenso – non si trasformi in un liberi tutti.
L’ancoraggio all’esperienza del governo Draghi e alla collocazione internazionale del Paese è la precondizione dell’accordo, non è sufficiente a mettere sul tavolo misure concrete e credibili per affrontare le emergenze quotidiane di imprese, lavoratori e famiglie. Anche perché il centrosinistra non si esaurisce nell’asse Letta-Calenda. Restano sensibilità e orientamenti diversi, compresa una parte che non ha sostenuto Draghi (Sinistra italiana) e che ha avuto posizioni critiche sulla strategia sulla guerra in Ucraina. Rinunciare a un messaggio comune, o limitarsi alla volontà di fermare Meloni, lascia alla destra il vantaggio di presentarsi con una parvenza di unità.
La coalizione di Meloni è infatti attraversata da divisioni profonde e da rancori, anche personali, che hanno travagliato l’intera legislatura. Però è bastato entrare in fase elettorale perché queste divisioni finissero sotto il tappeto. I leader della destra sanno di poter contare su una base elettorale più compatta di quella avversaria. Sono pochi gli elettori della Lega che storcono il naso se il candidato di collegio è uno di Forza Italia o Fratelli d’Italia e, con qualche eccezione, vale anche il reciproco. Dall’altra parte, invece, l’elettorato arriva da anni di scomuniche e odii, un terreno balcanico che andrà sminato per bene, non solo per evitare di disperdere voti ma anche e soprattutto per provare a convincere quell’ampia fetta di cittadini che non hanno le idee chiare, che non votano da tempo o hanno più volte cambiato scelta, e restano in attesa di capire chi offrirà il progetto più convincente.