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Letta: “La Ue svolta se toglie il diritto di veto. Presto a Kiev i 5 leader dei Paesi più grandi”

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Enrico Letta, l’Unione europea si divide ancora sulle sanzioni alla Russia. Che forza e credibilità può avere questa Ue nella gestione della crisi legata alla guerra di Putin in Ucraina?
“L’Europa si blocca quando regole come quelle attuali consentono a un singolo Paese di esercitare il diritto di veto. L’Ungheria di Orbàn, per fare un esempio non casuale, ha facoltà di farlo ogni volta che ritiene. Come se in Italia, dopo una decisione del governo nazionale, arrivassero le Marche e dicessero: ‘fermi tutti’. Non si può andare avanti così”.

Ma la frattura in Europa, non solo sulle sanzioni, è più ampia e complessa di quella causata da alcuni Paesi dell’Est.
“Io invece penso che stiano accadendo fatti storici che aprono grandi possibilità. L’altro giorno, proprio dopo il bellissimo discorso di Mario Draghi a Strasburgo, è stata votata una riforma della legge elettorale europea e per la prima volta, con le elezioni del 2024, una quota di europarlamentari sarà eletta con metodo transnazionale. Quindi, il 9 maggio, può partire la Convenzione per la riforma dei trattati, proprio con l’obiettivo di eliminare il meccanismo dell’unanimità e del diritto di veto su molte materie. Sono molto fiducioso, da qui può nascere la svolta per una vera Europa federale”.

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Nella nuova Europa federale ci sarà posto per l’Ucraina?
“Vedo un percorso con due passaggi. Il primo è la costruzione di una Confederazione europea che comprenda gli attuali 27 Stati membri della Ue e i 9 Paesi interessati all’ingresso, tra cui l’Ucraina, per stabilire indirizzi comuni di politica estera e principi guida dello Stato di diritto. La confederazione sarà l’anticamera dell’adesione vera e propria alla Ue. Va fatta subito, perché non si può chiedere agli ucraini di aspettare dieci anni prima di entrare a far parte della famiglia europea. Il secondo piano è appunto l’Ue che si integra definitivamente in logica federale con eliminazione del diritto di veto e creazione del Pilastro Sociale e dell’Unione della Difesa e della Politica Estera”.

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Nella famiglia c’è ancora posto per Stati caratterizzati da derive illiberali come l’Ungheria di Orbàn?
“Non c’è sicuramente posto per il suo filoputinismo, incompatibile con lo spirito dell’Unione. Ma Orbàn è più isolato di prima. L’invasione russa ha disgregato l’asse di Visegrad. Serve un grande investimento su Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca”.

La destra italiana, tra cui la Lega al governo con voi, annovera i migliori fan europei di Orbàn.
“Lo trovo imbarazzante. Chi in Italia immagina di guadagnare consenso associandosi a Orbàn ha sbagliato completamente strategia, perché proprio come accaduto con Putin diventerà sempre più un accostamento negativo. La recente foto di Salvini che riceve Orbàn a Roma rischia di diventare come quella maglietta putiniana che al leader della Lega ha creato grandi problemi”.

La Ue divisa e incerta su sanzioni e mosse diplomatiche è accusata di essere subalterna agli Usa. Di più: l’Europa subirebbe la logica bellicista di Washington.
“È una lettura la cui diffusione mi preoccupa molto. Per questo è urgente che la Ue assuma le decisioni per svoltare. Gli anglosassoni dicono: when in trouble, go big. Ecco, quando le cose si fanno difficili bisogna rilanciare”.

Ma, in attesa della svolta, è un fatto che oggi in sede Ue non si veda una forte azione diplomatica comune sulla guerra.
“Il fatto che i presidenti o primi ministri dei principali cinque Paesi europei – Italia, Germania, Francia, Spagna e Polonia – stiano valutando una missione comune a Kiev è un segno di leadership e sarebbe la dimostrazione che non c’è alcuna subalternità agli Stati Uniti. I quali, comunque, non vanno certo biasimati per la loro azione e il loro sostegno agli aggrediti”.

Cosa pensa dell’espressione “guerra per procura” secondo la quale gli ucraini starebbero combattendo Putin per conto di Usa e Nato?
“La trovo ignominiosa. I protagonisti sono gli ucraini, sono loro che stanno morendo e saranno loro a decidere se e a quali condizioni accettare una soluzione diplomatica. Noi dobbiamo essere leali con gli ucraini, nessuno può decidere al posto loro”.

Una parte della sinistra italiana identifica negli Usa e nella Nato i responsabili della guerra e ora della sua prosecuzione.
“È incredibile, ma me lo spiego per la presenza di antichi pregiudizi antiamericani, riaffiorati anche a causa degli errori commessi in Iraq e Afghanistan. Aggiungo che a molti non è chiaro cosa sia e che minaccia rappresenti la Russia di Putin”.

Il suo alleato Giuseppe Conte e Salvini stanno contestando con sempre più forza la strategia degli aiuti militari a Kiev.
“Sto ai fatti. Per ora abbiamo sempre votato tutti insieme e non c’è stato alcuno smarcamento concreto. Se cambierà qualcosa, dovrà essere il Parlamento a stabilirlo”.

La differenza sollevata da Conte tra armi difensive e offensive ha un senso?
“L’unico limite che vedo è quello che è stato superato da Boris Johnson quando ha ipotizzato che le armi fossero usate per un contrattacco sul territorio russo. Quello è sbagliato ed è un confine da non oltrepassare”.

La presenza di molti giornalisti e opinionisti russi vicini a Putin nei nostri programmi televisivi è segno di pluralismo o di equidistanza?
“Consiglierei di dare un’occhiata alle trasmissioni di Paesi paragonabili al nostro. In nessuno si discute come da noi, nessuno mette le due tesi a confronto, il russo e l’ucraino, perché non si possono mettere sullo stesso piano aggressore e aggredito, non sono due partiti politici rispetto ai quali applicare la par condicio. Solo da noi a Lavrov è concesso di fare un comizio. Solo da noi”.
 

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