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Lettore d’impronte digitali a ultrasuoni per smartphone: cos’è e come funziona

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Da diversi anni ormai gli smartphone, che siano Android o iOS, propongono diversi metodi di autenticazione per l’accesso. Questi sono fondamentali, visto che ormai all’interno dei dispositivi mobili ci sono tutte le nostre informazioni personali. Inoltre, tali metodi di autenticazione vengono usati da Android come da iOS per accedere a servizi di pagamento, di identità digitale e non solo. Da qui comprendiamo quanto sia importante che tali metodi di autenticazione siano sicuri.

Tra i metodi di autenticazione più recenti troviamo il lettore d’impronte a ultrasuoni. La lettura dell’impronta è concettualmente il metodo di autenticazione arrivato prima su smartphone, e quello ultrasonico rappresenta la sua ultima evoluzione. Per chiarire subito, il lettore d’impronte ultrasonico corrisponde al componente usato per realizzare i sensori d’impronte in-display, ovvero quelli integrati sotto al display degli smartphone.

Andiamo quindi a vedere in cosa consiste il suo funzionamento, come è diffuso nel mercato attuale e quali sono le principali differenze rispetto agli altri metodi di autenticazione.

Indice

Funzionamento di un lettore d’impronte ultrasonico

I sensori d’impronte ultrasonici sono basati sulla tecnologia di decodifica delle informazioni tramite ultrasuoni. Gli ultrasuoni sono delle onde sonore che i trovano a frequenze non udibili dall’orecchio umano. La tecnica a ultrasuoni viene usata molto nel settore medico e industriale, come ad esempio in ecografia dove gli ultrasuoni vengono usati per costruire immagini bidimensionali o tridimensionali del sito indagato.

In tecnica delle immagini, la tecnica a ultrasuoni prevede l’invio delle onde sonore sul sito da mappare e analizzare come queste vengono riflesse o rifratte dallo stesso sito analizzato. In base alle onde riflesse e rifratte si avrà una rappresentazione bidimensionale della struttura analizzata. Nel caso dei lettori d’impronte, la struttura da analizzare corrisponde al profilo dell’impronta digitale.

Quindi tali sensori prevedono un trasmettitore e un ricevitore per decodificare gli ultrasuoni in esame. Chiaramente è necessario un certo tempo affinché gli ultrasuoni emessi vengano riflessi e analizzati. Qualcomm, che è una delle aziende maggiormente attive nella realizzazione di questi componenti, quantifica un ritardo di circa 250 ms tra l’invio dell’impulso ultrasonico e la risposta del sensore.

È sottolineare che, nel caso dei lettori d’impronte a ultrasuoni, la mappatura della struttura, ovvero del profilo del dito degli utenti, può avvenire in tre dimensioni. Questo aggiunge un rilevante grado di sicurezza alla tecnologia usata.

Smartphone con lettore d’impronte ultrasonico

Come appena menzionato, Qualcomm è una delle aziende che maggiormente ha lavorato alla realizzazione di sensori d’impronte ultrasonici. L’azienda statunitense ha realizzato uno dei primi sensori ultrasonici per il mercato consumer nel 2018, compatibile con il processore Snapdragon 855.

I primi modelli con sensore d’impronte ultrasonico ad arrivare sul mercato sono i Galaxy S10 e S10 Plus di Samsung. A questi sono seguiti i modelli della serie Galaxy S20, mentre con la serie Galaxy S21 è arrivata la seconda generazione di sensori d’impronte ultrasonici realizzata da Qualcomm. Questa avrebbe incrementato la velocità di riconoscimento dell’impronta, che per alcuni utenti non era particolarmente alta nei modelli precedenti. Anche sugli attuali top di gamma, i Galaxy S22, troviamo questa tipologia di sensore.

Tra le ultimissime novità con sensore d’impronte a ultrasuoni troviamo il nuovo Vivo X80 Pro. Il dispositivo dell’azienda cinese, appena presentato anche in Europa, presenta un sensore a ultrasuoni di nuova generazione e con superficie più ampia. Questi miglioramenti dovrebbe portare a una maggiore rapidità e accuratezza del sensore stesso.

Gli altri produttori di smartphone sembrano non voler sposare la strada del sensore d’impronte a ultrasuoni. Alcuni di questi, la maggioranza, opta per sensori d’impronte nel display ottici, ovvero basati su una mappatura bidimensionale dell’impronta. Tra i modelli più recenti con questa tecnologia troviamo ad esempio i Pixel 6 di Google. I sensori capacitivi, ovvero quelli che non possono essere integrati sotto al display, li troviamo sui modelli di smartphone meno recenti o di gamma media e medio-bassa.



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Sicurezza

I sensori d’impronte a ultrasuoni rappresentano un ottimo vantaggio per chi intende avere un certo grado di sicurezza e nessun sensore d’impronte posteriore / laterale sul proprio smartphone. La sicurezza dei sensori a ultrasuoni è maggiore rispetto a quelli ottici. La mappatura dell’impronta avviene in tre dimensioni, mentre con quelli ottici si ha una struttura bidimensionale.

I sensori ultrasonici tipicamente hanno uno spessore di appena 0,15 millimetri e possono scansionare fino a 800 µm di vetro e fino a 650 µm di alluminio. Questo li rende pienamente compatibili con l’integrazione sotto al display degli smartphone.

La conformazione tecnica di un sensore ultrasonico implica anche una maggiore resistenza agli agenti esterni: risulta difficile da manomettere, così come è resistente al sudore e all’umidità, fattori che possono essere frequenti in un uso quotidiano su smartphone.

Dal punto di vista della sicurezza, la soluzioni ultrasoniche che troviamo per il mercato smartphone, come ad esempio i sensori di Qualcomm che troviamo prettamente nei modelli di Samsung, prevedono protocolli di crittografia per l’elaborazione delle informazioni. Tra queste ce ne sono di altamente personali, come la struttura biometrica dell’impronta digitale.

I sensori ultrasonici sviluppati da Samsung offrono anche il supporto all’autenticazione online senza password tramite il protocollo Fast Identity Online (FIDO) Alliance. Questo costituisce un ulteriore aspetto a favore di tale tecnologia di sensori, rispetto a quelli ottici che troviamo sul mercato smartphone.

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