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Cominciano a respirare soprattutto le chirurgie. Il Covid si ritira dagli ospedali e i reparti dedicati ai pazienti infettati dal virus chiudono, o meglio tornano ad essere degenze ordinarie, spesso destinate a chi viene ricoverato prima e dopo un’operazione. Succede a Milano, dove nel policlinico le sale hanno ripreso a lavorare al 75% e a marzo contano di tornare al 100%, e succede a Prato, dove sono appena stati riattivati 28 letti chirurgici. Ma sono solo due esempi: un po’ in tutta Italia si torna a rispondere alla grande domanda di salute che è rimasta indietro a causa della nuova ondata di Covid. Al Maggiore di Bologna sono stati già riconvertiti due reparti, da 36 e 18 letti e al Sant’Orsola, nella stessa città, altri trenta. A Roma si punta a concentrare i letti Covid solo al Gemelli, all’Umberto I e allo Spallanzani, per chiudere gradualmente tutti quelli che erano stati aperti negli altri ospedali. Agli Spedali Civili di Brescia, per fare altri esempi, sono stati tagliati venti letti Covid e nella Asl del Friuli orientale 40. E riduzioni dei posti di intensiva sono avvenute tra l’altro a Pisa, Ancona e Matera.
La sanità si avvia all’ennesima ripartenza, forte del calo dell’occupazione dei reparti, che segue la riduzione della curva dei contagi. Ci vorrà un po’ di tempo ma la strada è segnata. Ieri i ricoverati a causa del coronavirus, tra intensive e letti ordinari, erano 17.223, due settimane prima il dato era circa 21.500. Vuol dire che in 14 giorni i pazienti sono 4.250 in meno. Un numero importante, che equivale a quattro interi policlinici o almeno il doppio di ospedali di media grandezza, e ancora più significativo se si considerano le sole intensive, passate in tre settimane da circa 1.700 assistiti ai 1.173 di ieri. E la Lombardia ha annunciato che a fine mese chiuderà la struttura con i posti di rianimazione a Fiera Portello.
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di
Michele Bocci
“Finalmente anche i nostri reparti registrano un calo del numero dei nuovi ingressi — spiega Antonello Giarratano, presidente della Siaarti, la Società italiana di anestesia e rianimazione e terapia intensiva, che lavora a Palermo — Bisogna sottolineare però che non sempre i singoli posti letto che si liberano in intensiva possono essere usati da malati non Covid. Questo perché i reparti vanno interamente destinati a una tipologia di pazienti, da noi non si possono mescolare infetti e non infetti. E infatti è presto per cantare vittoria, gli ospedali sono ancora in difficoltà, anche se purtroppo molti non lo capiscono e si chiedono come mai non riescono ad ottenere le prestazioni sanitarie delle quali hanno bisogno”.
Per Giovanni Migliore di Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere, in questi due anni le Asl “hanno sviluppato una flessibilità che ci consente di adattare rapidamente l’assistenza alla domanda. Per questo molti ospedali stanno riconvertendo velocemente i letti”. Si tratta di un modo per recuperare anche risorse di personale. «Anestesisti, medici dei reparti internistici, infermieri, stanno tornando alle loro occupazioni». I letti Covid, comunque, non spariranno. Alcuni ospedali in ogni Regione dovranno avere spazi dedicati a chi ha l’infezione ma è ricoverato per un’altra patologia. “Abbiamo puntato su spazi multidisciplinari — dice Migliore — dove malati con problemi diversi ma tutti positivi vengono seguiti dai vari specialisti. Dovremo andare avanti con questa impostazione, che ha dimostrato di dare risultati eccellenti”.