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“Vivere al lago è dura, non riesco più a guardare quelle acque, mi fanno diventare nervoso. Vado al mare, in montagna, cerco di starci lontano. Ho la morte dentro, non so come sia possibile che io sia andato avanti per un anno intero, ora sono completamente depresso”. Enzo Garzarella è il padre di Umberto, il 37enne ucciso insieme a Greta Nedrotti, 24 anni, la notte del 19 giugno 2021. I due si frequentavano da poco, era sera tardi e loro erano su un gozzo a cento metri dall’attracco, a Salò, sul lago di Garda, quando furono travolti e uccisi nel violentissimo impatto con un motoscafo guidato dal turista tedesco Patrick Kassen, che guidava con a bordo il connazionale Christian Teismann, che si era addormentato.
E’ arrivata la notizia che Kassen, condannato dal tribunale di Brescia a 4 anni e sei mesi, non è più ai domiciliari dallo scorso 18 luglio. Ha però il divieto di dimora nelle province del Garda. Che cosa ne pensa?
“A me non cambia nulla, davanti alla morte di un figlio non c’è condanna che tenga. Non vedo però che cosa gliene debba importare a Kassen di non venire più sul Garda: andrà in vacanza da un’altra parte”.
Fidanzati uccisi sul Garda, libero il tedesco condannato. Il padre di Umberto Garzarella: “Sono morto dentro, non perdono”
Si è mai fatto vivo con lei?
“Mai, neanche una volta, eppure è stato a lungo ai domiciliari qui vicino, a Modena. Non ha mandato uno scritto, un mazzo di fiori, ma che ci voleva? Non ha avuto la coscienza, la dignità. Doveva farlo per se stesso, per avere anche lui un po’ di conforto, di serenità: quello che ha fatto è stato molto grave. Non dico che sono andati a uccidere mio figlio con la pistola, ma hanno commesso una gravissima negligenza, non gliela perdonerò mai”.
E Teismann? Anche lui è stato condannato a 2 anni e 11 mesi.
“Lui è venuto a trovarmi due volte al cimitero, ha avuto il coraggio di guardarmi in faccia. Ha portato sua moglie, mi hanno regalato dei fiori. Mi ha detto: ‘Ho perso il lavoro’. Gli ho risposto che non è un paragone da fare, io ho perso un figlio, ho perso la mia vita”.
Gli ha chiesto di raccontarle di quella notte?
“Eccome, gli ho detto: me la vuoi dire la verità? Niente, ha continuato a sostenere che dormiva. Ma erano ubriachi, io lo so, lo hanno visto tutti. E poi io ho studiato da capo tutta la dinamica dell’incidente, la barca ce l’ho ancora, dopo essere stata dissequestrata è rimasta nel capannone di mio genero. Ora l’ho pulita, aggiustata. Volevamo darla a qualche scuola di nautica, ma ci siamo detti: chi ci sale su questo gozzo? Che ricordo è? E’ solo una cosa da spaccare a metà e da bruciare”.
Che tipo era suo figlio?
“Umberto era un ragazzo coscienzioso, anche perché io ero molto apprensivo. Gli dicevo di non andare in moto il fine settimana perché è pericoloso e lui non ci andava. Andava in barca la domenica. Ma prima di partire guardava sempre il meteo, era attento: la pioggia, il vento. Sono fortunato: questo ragazzo non mi ha lasciato un debito. Sono andato a pulirgli la casa, ho trovato dei piccoli risparmi nei posti più impensabili. Questa cosa mi ha fatto un po’ sorridere ma anche un po’ mi ha dato soddisfazione, perché anche quando mi diceva che ero un pesantone alla fine poi i miei consigli li seguiva. Pensi che anche quella sera gli avevo detto di andare a letto presto che il giorno dopo doveva accompagnare sua madre al mare. E’ finita così”.
Cosa fa adesso?
“Mi do da fare, come ho fatto per tutta la vita, anche adesso sto aggiustando la porta a casa di mia madre che ha 92 anni. Poverina, ancora mi chiede dove è Umberto. Io le ho staccato la televisione, le ho detto che non abbiamo pagato ancora la bolletta, la lascio in pace, ha la sua età. Per il resto sto sistemando le cose di Umberto, forse è per questo che sto così male”.