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“Meno di così non si può. L’acqua che usiamo è già ridotta al minimo”. Nicola Dalmonte è presidente del Consorzio di bonifica emiliano-romagnolo (Cer), agricoltore lui stesso a Brisighella, in provincia di Ferrara. “La siccità non è una novità dalle nostre parti. Così negli anni scorsi abbiamo iniziato a ingegnarci. Microirrigazione, tubi goccia a goccia interrati per bagnare direttamente le radici e ridurre l’evaporazione, droni che individuano dall’alto le piante in sofferenza, sensori per misurare l’umidità del terreno: i nuovi strumenti ci permettono di dimezzare il consumo di acqua rispetto all’agricoltura tradizionale. Ma ora siamo al limite. Non possiamo scendere oltre”.
Hi-tech nove aziende su dieci
In Emilia Romagna la tecnologia aiuta ormai il 90% delle aziende a irrigare meno e permettersi colture più remunerative: pomodori, patate, barbabietole, piante da seme. Piante più povere come il mais per la granella o il sorgo per i mangimi per il momento resistono senza. Ma quest’anno faticheranno ad arrivare al raccolto.
Dalla Padana il 40% del Pil agricolo
In Pianura Padana, ammesso che venga innaffiato, matura il 40% del Pil agricolo italiano. E a Budrio, vicino Bologna, ha sede Acqua Campus: “Siamo un centro di ricerca che fa capo al Canale emiliano romagnolo in cui si sperimentano le soluzioni per il risparmio idrico” spiega la direttrice Raffaella Zucaro. “L’agricoltura intelligente, un passo dopo l’altro, sta prendendo piede in Italia. Il nostro lavoro consiste nel migliorarci continuamente per risparmiare ogni giorno un po’ di più”.
All’avanguardia dall’86
Alcune zone del Sud, storicamente tormentate dalla siccità, sono più avanti rispetto a Regioni che non hanno mai sentito il bisogno di razionalizzare, come il Nord-Ovest. Ma anche la Pianura Padana, nonostante la presenza del Po, fa da traino nell’uso della tecnologia nei campi, soprattutto nelle zone collinari che non vengono servite dal Canale emiliano romagnolo e non trattengono la pioggia, che ruscella a valle. “Era il 1986, c’erano ancora la Sip e il Videotel quando abbiamo iniziato a offrire i primi servizi telematici agli agricoltori” ricorda Stefano Anconelli, direttore della ricerca agronomica del Cer.
Un servizio utile (e gratuito)
Oggi quel sistema è diventato Irrinet, una app che mette insieme previsioni meteo, geologia del terreno, mappe satellitari, immagini dai droni e sensori immersi nel terreno. Sullo schermo di ciascun agricoltore, giorno per giorno, compare la quantità d’acqua ideale per far crescere le piante senza sprechi. “Il servizio è gratuito, basta che l’agricoltore inserisca i dati del suo terreno e della coltura che intende fare. Dall’Emilia Romagna Irrinet si è esteso ad altre quindici Regioni. In tutta Italia oggi copriamo 170mila ettari”. Le valvole, su comando dell’agricoltore, vengono azionate anche a distanza.
“Solo l’acqua necessaria”
Franco Folli, titolare di un’azienda agricola a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna, usa il sistema per la sua azienda. “Produciamo frutta: albicocche, pesche, susine, mele e pere. Ormai tutti usiamo l’irrigazione goccia a goccia. Senza, non è possibile andare avanti. Noi in particolare abbiamo dei sensori interrati a 20 e a 70 centimetri, le profondità esplorate dalle radici delle piante. Sappiamo quindi quando chiudere i rubinetti. Il terreno infatti è come una spugna. Assorbe acqua al 70-80%. Irrigare oltre sarebbe uno spreco”. Il sistema goccia a goccia permette di erogare acqua con precisione sulle radici. Il costo iniziale dei tubi viene presto ammortizzato dalle riduzioni sulla bolletta idrica e su quella elettrica (anche le pompe che sollevano e mandano l’acqua in pressione hanno un costo). “Parliamo anche di migliaia di euro risparmiati a ettaro”, stima Dalmonte.
“Fori distanti centinaia di metri, ma il getto è identico”
Molte delle tecnologie usate oggi in Pianura Padana. I sistemi goccia a goccia, per esempio, sono assai più di tubi muniti di fori. Quelli che sembrano piccoli buchi sono sistemi coperti da fior di brevetti. “Il primo e l’ultimo foro – spiega Folli – si trovano magari a centinaia di metri di distanza, ma devono far uscire esattamente la stessa quantità d’acqua. All’altezza dei buchi vengono applicate membrane simili a minuscoli labirinti realizzati con materiali diversi e a densità variabili”.
I nemici dei tubi vengono dall’alto
Anche le migliori tecnologie, però, devono fare i conti con la natura. I tubi goccia a goccia, ad esempio, sono presi di mira dai picchi. “Li beccano e li rompono. Aggiustarli è diventato il nostro primo lavoro” spiega Folli, che poi corre via. Un suo collega ha avvistato una perdita sul terreno. Bisogna ripararla subito. In questo periodo non ci si può permettere di sprecare neanche una goccia d’acqua.