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Nella neodichiarata guerra fra la Lega e le navi della flotta civile impegnate nei salvataggi nel Mediterraneo, il partito di Matteo Salvini deve già incassare una sonora sconfitta. La Corte di giustizia europea ha stabilito che le imbarcazioni di organizzazioni umanitarie dedite a ricerca e soccorso in mare non possono essere sottoposte a controlli da parte dello Stato di approdo, se non “in caso di evidente pericolo per la sicurezza, la salute o l’ambiente” posso essere sottoposte a fermo, e solo dopo lo sbarco dei naufraghi. In più, tocca allo Stato dimostrare che quella nave possa essere una minaccia.
A due anni dal blocco di Sea Watch 3 e 4 nei porti di Palermo e Porto Empedocle, dall’Europa arriva una sconfessione della linea di Matteo Salvini all’epoca inquilino del Viminale e che adesso ambisce a tornarci.
Il caso è arrivato a Bruxelles su ricorso presentato da Sea Watch, le cui navi nell’estate 2020 sono state ispezionate dalla Capitaneria di porto, che ne ha poi chiesto il fermo, contestando l’eccessivo numero di persone a bordo.
“Per mesi – spiegano dall’ong – Sea-Watch 3 e Sea-Watch 4 sono state trattenute per controlli dello Stato di approdo con motivazioni assurde: certificazioni mancanti e troppe persone soccorse”.
Per l’annullamento di quel provvedimento, l’ong si è rivolta al Tar Sicilia, sostenendo che le capitanerie avrebbero violato i poteri di cui dispongono le autorità dello Stato di approdo.
Questione spinosa, che i giudici amministrativi hanno messo in mano alla Corte europea secondo cui “gli Stati membri sono tenuti a rispettare la convenzione sul diritto del mare e la convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare”. La prima, spiegano i giudici, sancisce “l’obbligo fondamentale di prestare soccorso alle persone in pericolo o in difficoltà in mare. La seconda dispone che le persone che si trovano, a seguito di un’operazione di soccorso in mare, a bordo di una nave, compresa una nave gestita da un’organizzazione umanitaria quale la Sea Watch, non devono essere computate in sede di verifica del rispetto delle norme di sicurezza in mare. Il numero di persone a bordo, anche ampiamente superiore a quello autorizzato, non può dunque costituire, di per sè solo, una ragione che giustifichi un controllo”
Solo dopo lo sbarco, lo Stato di approdo può sottoporre le navi umanitarie a “ispezione diretta a controllare il rispetto delle norme di sicurezza in mare. A tal fine, occorre però che tale Stato dimostri, in maniera concreta e circostanziata, l’esistenza di indizi seri di un pericolo per la salute, la sicurezza, le condizioni di lavoro a bordo o l’ambiente”.
Una vittoria per chi salva vite in mare
La pronuncia dei giudici, spiegano dall’ong, ha un significato molto chiaro. “La Corte di giustizia Ue ha dichiarato che il salvataggio in mare è un dovere e i controlli dello Stato di approdo non devono essere usati in modo arbitrario contro le ong per trattenere le navi e impedire loro di svolgere il proprio lavoro. Questo significa che l’Italia non può pretendere una certificazione che non esiste e che il numero di persone salvate non è un motivo di fermo. I controlli dello Stato di approdo devono essere effettuati quando previsto o con valida motivazione”.
E sottolinea: “Il fatto che i controlli dello Stato di approdo vengano effettuati sulle navi delle ONG è per noi un fatto positivo. Il loro scopo è quello di garantire la sicurezza delle navi, che consideriamo molto importante. I controlli arbitrari, invece, devono finire”.
Una vittoria per Sea Watch. “La sentenza – dicono dall’ong – fornisce una chiara sicurezza giuridica per le ong ed è una vittoria per le missioni di salvataggio in mare. In futuro, le navi continueranno quindi a fare ciò che sanno fare meglio: salvare le persone invece di essere bloccate arbitrariamente in porto”.
Continuano i salvataggi nel Mediterraneo
In mare continuano i salvataggi. Una barca con 88 migranti, che da tre giorni viaggiavano senza cibo nè acqua é stata soccorsa ieri dall’equipaggio del veliero Nadir della ong Reqship. “Erano in grave stato di disidratazione”, spiega l’equipaggio della Nadir. Si tratta di un veliero da ricognizione, di dimensioni ridotte, non una barca di soccorso. Per questo a dare supporto è arrivara a nave Sea-Eye 4, appena arrivata in zona di ricerca e soccorso, ha preso a bordo i naufraghi.