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Le correnti del M5S, vietate dallo statuto ma ormai radicatissime e più rissose che mai, rischiano di andare in cortocircuito sul voto tra gli iscritti per salvare il 2xmille. Giuseppe Conte considera i fondi pubblici indispensabili per rimpinguare la cassa del Movimento, ma ha appena ribadito che non vuole sdoganare le correnti.
Sa però, l’ex premier, che la democrazia interna è un requisito necessario per ottenere il via libera al finanziamento. Luigi Di Maio, che sul tema dei benefit di Stato si è sempre defilato, a maggior ragione ora che si è consumato lo strappo quirinalizio con Conte, ha appena chiesto più pluralismo. Nero su bianco nella lettera di dimissioni dal Comitato dei garanti. Tra le due fazioni, navigano le truppe dei parlamentari non schierati, un gruppone misto di almeno 80 deputati e senatori, secondo i calcoli di contiani e dimaiani, in questa fase più vicini al carro del leader, perché considerato il frontrunner più pop in termini di consenso, ma decisamente favorevoli alla possibilità di avere margini di manovra più larghi (e meno diktat).
La conta tra gli iscritti quindi rischia di far saltare tutti gli schemi, proprio mentre Beppe Grillo chiede al Movimento di passare “dall’ardore giovanile alla maturità”. La convocazione dell’assemblea è attesa a giorni, forse già domani. All’ordine del giorno c’è la modifica dello statuto. Va cambiato per non perdere una fetta della torta dei fondi statali riservati ai partiti, indispensabili, si diceva, per far quadrare i conti, dato che molti tra deputati e senatori M5S nel corso della legislatura sono passati ad altri gruppi. E hanno smesso di pagare le quote. L’ex premier a fine novembre, dopo un dibattito interno travagliato, era riuscito a incassare il via libera degli iscritti: il 72% dei votanti (24mila su 130mila iscritti al portale) aveva digerito il sì al finanziamento pubblico, fino ad allora rigettato dai 5 Stelle.
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Ma l’operazione si è rivelata monca: il 23 dicembre la Commissione di garanzia degli statuti, che controlla la trasparenza e i rendiconti di tutti i partiti, ha cassato la richiesta di accesso ai benefici presentata dai pentastellati. Lo statuto del M5S non è stato accolto nel registro nazionale dei partiti politici, condizione irrinunciabile per accedere al 2xmille, perché considerato lacunoso in tema di democrazia interna. Poco pluralismo, appunto.
Ora lo statuto va cambiato, con qualche formula che garantisca le aree di dissenso, quelle che in un partito tradizionale si chiamano correnti. Conte però due giorni fa ha ribadito: “Le correnti sono vietate dal nostro statuto”, varato ad agosto. All’articolo 18 comma B è scritto che i vertici possono avviare azioni disciplinari contro chiunque organizzi “cordate, correnti o gruppi” per “affrontare la vita interna dell’associazione”. Di Maio non vorrebbe appoggiare Conte sulla battaglia per il 2xmille, ma chiede proprio questo: non la strutturazione del M5S in correnti, ma garanzie sul pluralismo. Conte spinge per i finanziamenti pubblici, ma in questa fase allargare le maglie sarebbe visto come un cedimento a Di Maio. I fedelissimi del ministro degli Esteri, ma anche molti parlamentari non schierati, si aspettano una formula vaga, “in avvocatese”, che salvi 2xmille, senza piegarsi alle fazioni ostili. Il punto è che potrebbe non bastare. Se l’articolo 18 rimane così, col divieto statutario delle correnti, l’iscrizione al registro dei partiti potrebbe essere negata di nuovo. E si perderebbero i contributi anche per il 2023. L’anno delle elezioni.
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Per i ritocchi, il tempo stringe: la deadline per presentare le correzioni alla Commissione è il 23 febbraio, a 60 giorni dalla notifica di respingimento della domanda. Per convocare l’assemblea del M5S però è previsto un preavviso minimo di 8 giorni. Salvo urgenze, ne basterebbe uno. Per ottenere il quorum al primo colpo, è necessaria la maggioranza degli iscritti. Difficile, guardando ai numeri delle ultime votazioni. Servirà probabilmente una seconda convocazione, in cui vale la maggioranza semplice dei clic.
Conte deve affrontare anche i mal di pancia di chi, nel Movimento, è ancora ostile ai fondi pubblici. L’ex ministro Danilo Toninelli si era già espresso contro il finanziamento statale a novembre. E a chi l’ha sentito in questi giorni, ha confermato la linea dura: “Resto contrario al 2xmille. Il M5S deve valorizzare la democrazia diretta, non ripiegare su una struttura di partito”. Altra grana: le nuove modifiche allo statuto rischiano di impantanarsi in una guerriglia legale. Il Tribunale di Napoli deve ancora esprimersi sul ricorso presentato da alcuni attivisti grillini, che hanno chiesto la sospensione dello statuto varato in estate. Lo stesso testo che ora Conte vuole ritoccare. Di nuovo.