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MILANO – Un’ora e mezzo di colloquio, come non accadeva da mesi. Il fondatore tornato a dover segnare la strada del Movimento e il “figlio” – come da post di Beppe Grillo, una settimana fa – oggi potente ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. È il primo appuntamento della giornata romana del garante, all’hotel Parco dei principi. E qui, nella natura di questo incontro, la faccenda tecnico-giuridica che coinvolge il Movimento è passata in secondo piano.
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Occhi negli occhi, Grillo ha voluto una risposta netta alla domanda che tutti i 5 Stelle si pongono quando si parla dell’ex capo politico: cosa vuoi fare? “Non me vado Beppe, il M5S è casa mia, voglio continuare a dare il mio contributo”, è stata la risposta secca, senza se o ma, di Di Maio.
Ma il tutto è stato, anche, un lungo sfogo di Grillo. “Dobbiamo tornare a parlare di temi, non possiamo riempire le pagine dei giornali con le nostre beghe, è da più di un anno che andiamo avanti così”, è l’amarezza del comico. Da dopo la caduta del secondo governo Conte è stato uno stillicidio: prima gli espulsi perché contrari ad entrare nell’esecutivo con Mario Draghi, dopo la rottura con Rousseau, a seguire i dissidi tra lo stesso Grillo e Giuseppe Conte, infine lo scontro tra il presidente e il ministro.
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Negli alti e bassi umorali nei confronti della sua creatura, Grillo “fisarmonica” – come viene chiamato proprio per questa incostanza – adesso è nella fase lucida, della determinazione, delle idee chiare. “Come quello di una volta…”, è la sintesi di chi lo conosce bene. E quindi la prima cosa da chiarire per provare a trovare una soluzione era ripartire dalle intenzioni di un uomo che rimane ancora adesso uno snodo fondamentale nella vita dei 5 Stelle. “Se vogliamo rilanciarci è fondamentale che tra te e Conte ci sia una intesa, una condivisione”, ha quindi aggiunto Grillo.
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Sul fronte legale Di Maio non si è sbilanciato in proposte di soluzioni o altro, ha rimarcato però – e non era scontato visto che in un certo senso il caos scatenato dalla sospensiva del tribunale di Napoli può avvantaggiarlo – che “deve prevalere il primato della politica”. Cioè che al netto delle questioni statutarie la leadership di Conte era e resta legittimata. È una sorta di ramoscello d’ulivo che Di Maio ha portato in dono a Grillo affinché anche Conte intenda.
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Il ministro è da tempo nel mirino del presidente del partito, accusato di doppiogiochismo, di voler spaccare il Movimento, di lavorare sottotraccia per mandare a sbattere il “nuovo corso”, che in realtà poi ormai tanto nuovo non è. Anche per questa ragione c’era la sua volontà di non apparire belligerante o malmostoso verso gli attuali vertici.
Dopodiché tra i parlamentari cosiddetti “dimaiani” c’era molta attesa attorno a questo faccia a faccia, nella speranza che Grillo avesse intenzione non solo di risolvere la bega giuridica, ma anche di approfittarne per fare delle modifiche politiche, magari riducendo i poteri di Conte, oppure smantellando la squadra dei cinque vice.
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In realtà si è capito che al momento il garante non ha queste mire, ma appunto preme per una soluzione il più unitaria possibile ad una crisi tutta politica. “Da questo punto di vista non è andata bene…”, confessava un parlamentare di stretta osservanza dimaiana. Ma in questo modo se qualcosa alla fine andrà storto nelle trattative tra gli avvocati di Grillo e Conte, nessuno stavolta potrà accusare Di Maio.