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Magrini: “Vaccinatevi subito e poi rifatelo in autunno. Ma il Green Pass non tornerà”

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Per l’oggi, la scelta è chiara: «Chi vuole essere protetto dal virus in un momento di circolazione intensa deve avere l’opportunità di farlo. Offrire il vaccino dai 60 anni è una decisione di sanità pubblica giusta». Nicola Magrini, direttore generale dell’Aifa, Agenzia Italiana del Farmaco, ragiona poi sull’autunno, dove il ventaglio delle scelte possibili si allargherà.

Dovremmo essere vicini al picco . Non è tardi vaccinarsi oggi?
«Il picco ci interessa fino a un certo punto. Sappiamo che c’è grande circolazione del virus e che i vaccini somministrati da più di 4 o 5 mesi perdono in parte l’efficacia, sia per il passare del tempo che per l’arrivo delle varianti. Chi ha più di 60 anni o è immunodepresso può aumentare la protezione con un nuovo richiamo, se non ha avuto infezione recente».

Nicola Magrini 
Quanto tempo deve passare tra due vaccinazioni?
«L’Ema, l’Autorità europea per i medicinali, prevede almeno 3 mesi. Noi abbiamo deciso 4 mesi».

Vaccinazioni ravvicinate possono fare male?
«No, tre vaccinazioni in un anno sono ben tollerate. È meglio un vaccino in più di una malattia, soprattutto oltre i 60 anni. Non ci sono proprio dubbi».

I contagiati si possono vaccinare?
«L’infezione è equiparata a una dose vaccinale, per il calcolo dei tempi. Ovviamente per chi fa il tampone a casa e non lo denuncia non c’è nulla che certifichi il contagio».

A ottobre non saranno ancora passati 4 mesi da oggi.
«La campagna di vaccinazione inizierà tra fine settembre e primi di ottobre, ma non tutti verranno immunizzati in un giorno. Se saremo bravi impiegheremo per gli ultra60enni 3-4 mesi. Se saremo bravissimi ce la faremo in due».

Perché l’Italia non ha deciso subito, come altri paesi, di offrire la quarta dose da 60 anni anziché 80?
«Non mi vergogno di dire che non ci aspettavamo questa ondata. Credevamo che anche questa estate sarebbe trascorsa con una circolazione scarsa. Per fortuna la variante attuale causa una malattia meno grave e gli ospedali sono lontani dalle emergenze del passato, con una popolazione largamente vaccinata. Non credo sia giustificato il nervosismo che vediamo per esempio nella politica tedesca, dove si è tornati a parlare di possibili chiusure delle scuole in inverno. Lo scenario non è più quello».

L’accettazione della quarta dose da parte degli ultra80enni non è incoraggiante. Perché con i 60enni dovrebbe andare meglio?
«La seconda dose booster, o di richiamo, non è andata bene. Dovremmo rifletterci. C’è stanchezza vaccinale e voglia di lasciarsi alle spalle questi due anni, ma dobbiamo proteggere chi è più a rischio. Per questo non possiamo permetterci un altro fallimento a ottobre».

Come sarà organizzata la campagna di ottobre?
«Le aziende hanno già le linee di produzione pronte per i nuovi vaccini duplici aggiornati con Omicron. Una volta ottenute le autorizzazioni, prevediamo all’inizio di settembre, i nuovi vaccini saranno consegnati in 2-3 settimane. Le Regioni potrebbero essere pronte diciamo dal 1° ottobre, vaccinando negli hub e con i medici di famiglia. Per ora pensiamo di raccomandare il nuovo vaccino al di sopra dei 60 anni. I più giovani, se vorranno, potranno comunque farlo. Non ci sarà obbligo vaccinale, e nemmeno il Green Pass».

Come sarà il vaccino aggiornato?
«L’Ema ha già in valutazione i cosiddetti duplici, che contengono sia il virus di Wuhan che la variante Omicron 1. Ci si aspettava la loro approvazione per fine luglio, inizio agosto, poi gli Stati Uniti hanno chiesto alle aziende di preparare una nuova versione, con Wuhan e Omicron 5. Questo ha cambiato un po’ i piani. Ora ci attendiamo dall’Ema l’autorizzazione di Wuhan e Omicron 1 a settembre e successivamente quella di Wuhan e Omicron 5. Ma sono decisioni che prenderemo in autunno».

Se Omicron 5 sarà scomparsa?
«Le aziende riescono ad aggiornare i vaccini in 2-3 mesi, ma per il futuro la linea sarà quella di non preoccuparci troppo di inseguire l’ultima variante, limitandoci a un richiamo annuale».

I vaccini aggiornati proteggeranno anche dai contagi?
«Non lo sappiamo, ma crediamo solo in parte. Quel che misuriamo per il momento sono gli anticorpi neutralizzanti generati dopo la somministrazione. I dati di Moderna e BioNTech sono molto buoni: gli anticorpi sono più che doppi rispetto al vaccino attuale. Vedremo quanto questo si tradurrà in una protezione dalla malattia grave e dal contagio».

Oltre ai vaccini abbiamo i farmaci. Gli oltre 100 morti di ieri non potevano essere salvati dalle nuove terapie?
«Non sappiamo quanti di loro avessero ricevuto i farmaci antivirali o gli anticorpi monoclonali. Probabilmente buona parte dei morti conteggiati come Covid avevano altre malattie importanti, ma in effetti ci aspettavamo un uso più diffuso di questi strumenti. Forse la familiarizzazione con dei medicinali nuovi non è stata completa. Nonostante questo per Paxlovid siamo fra i primi paesi al mondo per somministrazioni. Gli anticorpi monoclonali per uso preventivo, invece, si sono diffusi poco. Eppure nelle persone immunodepresse o con la leucemia che non hanno risposto al vaccino possono proteggere per oltre sei mesi. Di scorte ne abbiamo a sufficienza. Nelle prossime settimane lavoreremo anche perché siano usati al meglio».

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