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“Prima si mette la legna in cascina, cioè la manovra al riparo, e poi si parte con la partita per il Quirinale”. La linea di Enrico Letta è questa. Ribadita di nuovo ieri sera, smentendo ricostruzioni e retroscena che lo vedrebbero tessere la tela che dovrà portare a scegliere il successore di Sergio Mattarella.
Il segretario del Pd è preoccupato. Ritiene che l’intreccio tra le schermaglie per il Colle e la legge di Bilancio, sarebbe un formidabile autogol per la maggioranza che sostiene il governo Draghi, indebolendo il premier. Già le avvisaglie ci sono tutte. Troppe inoltre le fibrillazioni, i nodi da sciogliere in manovra, che oggi è all’esame del Senato, in commissione, e approderà in aula il 19 per poi arrivare blindata alla Camera. Qui l’esame è previsto per il 21 dicembre. Anticipare il toto nomi per il Colle significa dare il via libera a posizionamenti e confusioni.
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di
Emanuele Lauria
03 Dicembre 2021
Al Nazareno da qualche giorno tengono un elenco delle questioni aperte in legge di Bilancio. Il responsabile Economia del partito, Antonio Misiani le indica, a cominciare dal reddito di cittadinanza su cui è partito da tempo il redde rationem tra i 5Stelle (che non sono disposti a rinunciarvi, ma aprono solo a piccoli aggiustamenti) e le destre con Matteo Salvini in testa. A fare da ago della bilancia c’è Renzi.
Il leader di Italia Viva è stato protagonista di una serie di smarcamenti, che lo hanno visto avvicinarsi a Salvini e Berlusconi. Un esempio per tutti: il voto renziano in Consiglio dei Ministri contro il contributo di solidarietà per calmierare il costo delle bollette. Letta è convinto che si spieghi soprattutto con il ‘torcicollo’ in funzione del Quirinale.
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Nel voto parlamentare sulla manovra poi, l’altro tema importante da affrontare è la scuola. Finora tenuto abbastanza in sordina, ma pronto ad esplodere. C’è infatti un problema di organico Covid, di fondi per il funzionamento degli istituti scolastici e per il rinnovo contrattuale.
Questione cruciale ovviamente il fisco. Le destre puntano a maggiori sgravi Irap e all’eliminazione definitiva di sugar e plastic tax. E poi a sinistra scontro aperto sull’accordo sulla riforma dell’Irpef. La sottosegretaria Cecilia Guerra di Leu ha già fatto sapere che “non c’è necessità di tagliare le tasse sui redditi alti”: sugli effetti dell’intesa di maggioranza per la riduzione delle tasse dal 2022, la sinistra e parte dello stesso Pd hanno molto da ridire, sulla scia delle posizioni dei sindacati.
“Dopo la legge di Bilancio, a gennaio affronteremo la scelta del Quirinale”, va ripetendo Letta. E cita altri casi di provvedimenti finiti nel gioco quirinalizio. Ad esempio, il provvedimento sulla concorrenza. Per il segretario dem si è giunti a un accordo “annacquato”, con le novità approvate dal governo su concessioni e ambulanze, al di sotto delle aspettative dei Dem. C’è poi la legge sulle lobby, che ha sancito qualche giorno fa l’ennesima alleanza in commissione Affari costituzionali della Camera tra renziani e forzisti, i quali hanno votato contro sugli obblighi di trasparenza. La maggioranza non è andata sotto per un pelo. Però il sospetto del Pd è stato espresso da Stefano Ceccanti: “Italia Viva vuole fare pesare i propri voti già pensando al Quirinale”.