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Marche, quei paesi dimenticati a un mese dall’alluvione

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A Senigallia quando arriva l’allerta meteo, vicino al Misa si materializzano una decina di uomini della protezione civile. Sono le sentinelle che guardano a vista il letto del fiume, lo fotografano quando il livello si alza, avvertono il sindaco di eventuali pericoli imminenti. Tutto questo accade dal 15 settembre scorso, dal giorno dell’alluvione che con la sua furia ha travolto le vite di 12 persone nelle Marche. Una tredicesima, Brunella Chiù, è ancora dispersa. Ma a un mese da quell’evento straordinario che ingrossò piccoli torrenti come il Misa e il Nevola nelle Marche e il Burano in Umbria, seminando morte e distruzione, lo stato dell’arte della ripresa è all’anno zero. Città, paesi e frazioni sono ancora in ginocchio. Lo stato di calamità è ancora solo sulla carta per le Marche e per 11 frazioni umbre non è arrivato nemmeno quello. Gli sfollati, 250 solo a Senigallia, sono in hotel o da parenti. Le strade, i ponti e molte industrie ancora restano sotto metri di fango. 

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Il sindaco: “Serve un sistema di allertamento per il territorio”

“Deve essere la Regione a fornirci un piano di allertamento a monte, prima che la catastrofe arrivi a valle. Non posso andare avanti così, con le sentinelle”, sbotta il sindaco di Senigallia, Massimo Olivetti. I danni stimati oscillano tra i 25 e i 30 milioni solo a Senigallia, compresi i lavori di somma urgenza. Ma lo stato di calamità per le Marche è stato dichiarato per 5 milioni, somma fortemente criticata dai sindaci all’indomani della catastrofe. 

Strade, ponti chiusi e nessuno interviene 

Ad Arcevia, ad esempio, ci sono ancora 16 strade chiuse e tre ponti saltati. La stima dei danni è di 600 mila euro. Il sindaco del comune di poco più di 4mila abitanti, Dario Perticaroli, ammette: “Se non arrivano aiuti esterni mi dimetto”. Mentre a Barbara, in contrada Coste, dove vennero travolte Noemi Bartolucci, 17 anni, e la mamma Brunella Chiù, le strade restano inaccessibili perché nessuno le ha ripulite da tronchi e fango. “La Regione nell’ordinanza ha dimenticato di inserire chi si occuperà di ripristinare le strade comunali”, è quanto ha rilevato il sindaco Riccardo Pasqualini che ha segnalato più volte quella dimenticanza. Il Nevola, intanto, è stato ripulito in parte dai privati.  

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Il comitato dei cittadini

I cittadini colpiti dall’alluvione stanno cercando di organizzarsi. Nei giorni scorsi hanno iniziato a vedersi per capire se è possibile formare un unico comitato “a tutela degli interessi di tutti”. “Naturalmente siamo nella fase iniziale – spiega Andrea Marsucci, uno dei promotori – ma sarebbe importante riuscirci”. E d’altra parte la situazione è sotto gli occhi di tutti e bisogna fare in fretta. Aggiunge Marsucci: “Purtroppo non è stato fatto molto in queste settimane. Il fiume ora è ancora più pericoloso perché il letto si è alzato in alcuni punti anche di due metri. Se a questo aggiungiamo che gli argini non ci sono più (ad esempio a Pianello di Ostra e a Bettolelle, ndr) questo significa che appena tornerà a piovere ci saranno nuovi allagamenti”. 

Aziende in ginocchio, distrutto il 70 per cento del tessuto economico

A questo si aggiunge il sostanziale blocco di tante attività commerciali e imprenditoriali. L’area industriale di Ostra  è completamente ferma, gli imprenditori stanno facendo la conta dei macchinari danneggiati. Milioni di euro di attrezzature inutilizzabili e i tempi sono lunghi per ripartire col lavoro.

Far ripartire le attività commerciali è anche la preoccupazione del sindaco di Cantiano, in provincia di Pesaro-Urbino, Alessandro Piccini. La città per fortuna non piange vittime, ma la situazione è altrettanto grave. I numeri dicono che la rete fognaria e quella idrica hanno subito danni per 12 milioni di euro, a cui vanno aggiunti tutti gli altri, a partire dal patrimonio storico e culturale. Ma non basta perché è andato distrutto il 70 per cento del tessuto economico e sono ferme il 50 per cento delle imprese del territorio. Per Piccini l’unica possibilità di sopravvivenza per il borgo medievale è la ripartenza del lavoro e dell’economia. “Siamo in una fase decisiva – spiega – perché gli imprenditori stanno decidendo se ripartire o gettare la spugna. Naturalmente noi stiamo facendo di tutto per incoraggiarli”. Poche ore dopo l’alluvione l’amministrazione ha lanciato una sottoscrizione per chiedere aiuto economico e nelle prossime ore partiranno i bandi per assegnare i primi soldi: “Abbiamo raccolto 350 mila euro – dice Piccini – e li daremo a chi ha subito danni. Sono poco cosa rispetto ai danni subiti, ma possono essere un incentivo importante in questa fase” 

L’Umbria dimenticata è senza linee telefoniche

Lo scenario non cambia nelle undici frazioni alluvionate e dimenticate dell’Umbria. Le loro case sono state spazzate via dall’esondazione del fiume Burano, la stessa che ha cancellato Cantiano. Ma si trovano in Umbria per 600 metri e lì lo stato di emergenza non è stato ancora riconosciuto.  “Abbiamo spazzato le strade da soli”, racconta una residente. Senza linea telefonica fissa e mobile ci sono ancora le frazioni di San Bartolomeo, Santa Maria di Burano, Salia e Morena. “Siamo il settimo comune di Italia – dice il sindaco di Gubbio, Filippo Stirati – e i danni sono per 4 milioni di euro ma non abbiamo ricevuto aiuto da parte di nessuno”. 

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