[ Leggi dalla fonte originale]
AGRIGENTO – E alla fine, dopo tante polemiche, ecco la cerimonia di Agrigento Capitale della cultura. Con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che fa un elogio delle periferie italiane e della cultura come apertura all’altro. Sono i due poli del discorso.
“Le metropoli, mete di turismo crescente, non sono i soli centri di gravità. Le periferie sono anch’esse motori di cultura e di progettualità. La ricchezza del nostro Paese sta nella sua pluralità”, ricorda. La periferia di Agrigento comincia dai trasporti: per raggiungerla da Palermo, in treno o in auto, ci vogliono due ore abbondanti. La vecchia Akragas saprà essere all’altezza di questa designazione, la prima volta di una città retta da un governo di centrodestra? Mattarella sprona gli amministratori locali: “Le inestimabili risorse rischiano di deperire senza cura adeguata”.
(palazzotto)
Il teatro Pirandello vibra di orgoglio isolano. La borghesia cittadina, i sindaci col tricolore, è rispuntato Angelino Alfano che tutti vogliono baciare. Non piove. Scongiurato il rischio infiltrazioni. Cerimonia condotta da Beppe Convertini e Incoronata Boccia. Si parte con uno spot sentimentale, dove un vecchio invita un bambino a correre incontro alla vita: “Corrì, Peppì”. L’attore Gianfranco Iannuzzo che fa l’elogio della “terra mia”. Il governatore Renato Schifani che rimpalla tutte le critiche facendo leva sull’identità: “Siamo fieri di essere siciliani”.
Mattarella va nella direzione opposta.
E siamo al secondo corno del suo intervento, che si può sintetizzare così: la cultura è comunità ed è aperta.
Infatti invoca un “orizzonte ampio”. Bisogna ribellarsi “a ogni compressione del nostro umanesimo”. La cultura è dialogo, senso del futuro, voglia di contaminarsi. “E’ la vita”. Non ha lo sguardo volto all’indietro. Cita Thomas Eliot: “Se smettiamo di credere al passato, il passato cesserà di essere il nostro passato: diventerà il passato di una civilizzazione estinta”. Essere fedeli alla propria storia – ammonisce – significa costruire il futuro”. Mattarella parla di libertà, l’eguaglianza dei diritti, di primato della persona, di solidarietà. Elogia la solidarietà dei cittadini di Lampedusa (“avanguardia della civiltà europea”), che è in provincia di Agrigento. Menziona Pirandello e Camilleri, due figli illustri. Ricorda che siamo figli di contaminazioni. Agrigento è stata greca, romana, araba. “La cultura non è una condizione statica”.
E’, a scorgere in controluce, un manifesto molto chiaro. La cultura non è mero culto delle vestigia del passato ma promozione di futuro. Mattarella non pensava al ministro Valditara, ma propone una sua agenda. Che non sempre collima.
C’è poi un terzo elemento che ricorre spesso nei discorsi del presidente. Quello della tutela ambientale. “Un nuovo sviluppo che potrà essere veramente tale solo se sarà sostenibile sul piano ambientale e sociale”. E poi la tecnologia che “talvolta suole monopolizzare il pensiero”.
Fa poi rigenerata la coesione. Procedere insieme. “Lo richiede il ricordo dei morti delle guerre che insanguinano l’Europa, il Mediterraneo e altre regioni del pianeta. Lo impongono le tragiche violazioni dei diritti umani che cancellano la dignità e la vita stessa. Le disuguaglianze crescenti”.
Nel piccolo teatro la gente cinge col suo affetto Mattarella, ovazione finale, tutti in piedi, gli gridano “viva il nostro presidente”, poi il corteo presidenziale riparte sulle strade di fresco asfaltate grazie al finanziamento (mezzo milione di euro) concesso dal governatore Schifani nell’ultimo giorno utile.