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Mediterraneo, sulle navi ong più di 700 naufraghi. Bimbo di un anno gravemente ustionato d’urgenza in ospedale

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“Morti in mare e violazioni continue dei diritti umani sono accettate come misure utili per blindare la Fortezza Europa. Buttiamo giù questi muri”. È al contempo una denuncia, un appello e una richiesta di aiuto quella che arriva dall’equipaggio di Sea Watch, adesso in rotta verso nord dopo aver salvato più di 440 persone in meno di due giorni.

A bordo, ai sopravvissuti si dà assistenza come si può, medici e operatori tentano di porre rimedio a traumi e ferite, mentre ci si prepara all’inutile attesa a cui da tempo ormai le navi ong sono costrette prima di avere assegnato un porto sicuro. Ma per alcuni naufraghi è impossibile aspettare: nelle prime ore della mattinata, una donna vicinissima al parto e suo marito, più un bambino gravemente ustionato dal carburante sono stati trasportati d’urgenza in ospedale. Avvolto da un giubbotto di salvataggio che gli ha fatto da culla, è stato preso a bordo da un gommone veloce della guardia costiera italiana.

Ma fra i naufraghi salvati, i bambini – anche piccolissimi – sono decine, mentre centinaia sono i ragazzini che viaggiano da soli.

Su Ocean Viking sono centinaia. Tutti con le stesse storie di schiavitù per pagare il viaggio, lunghe detenzioni e torture nei lager libici alle spalle, tutti salvati da gommoni sgonfi, barchette malandate, barche da pesca che somigliano a tinozze. Si cerca di partire in fretta dalla Libia. Perché il mare è piatto e i trafficanti ne approfittano per caricare oltre ogni limite qualsiasi cosa galleggi e perché la situazione politica, sempre più convulsa, spinge i più a non attendere oltre. Non a caso sono sempre di più le donne, prossime al parto o con neonati di pochi mesi, che provano a sfidare il mare.

Anche se vento e onde sono clementi, la traversata è sempre un azzardo e il rischio di non riuscire ad arrivare dall’altra parte del Mediterraneo c’è. In cinque, nei giorni scorsi, si sono fermati a un passo dall’Europa diventata fortezza, sono morti, probabilmente di fame e di sete, sull’imbarcazione con cui hanno tentato di attraversare il mare. Li hanno trovati gli uomini della Guardia Costiera, fra i loro compagni di viaggio, che hanno potuto soltanto guardarli mentre si spegnevano. Altre ventidue persone sono ugualmente a rischio. Il messaggio di Sos è arrivato da Alarm phone, che inutilmente da ieri invia richieste di aiuto e intervento. Sono al quarto giorno in mare, senza né cibo, né acqua e sono allo stremo.

Competente per i salvataggi in quel pezzo di Mediterraneo è la Guardia costiera di Tripoli. Ma la maggior parte dei naufraghi, tornare in Libia equivale rientrare in un girone infernale e più di una volta c’è chi si è gettato in mare piuttosto che farsi portare a bordo da quelli che considerano degli aguzzini.

Scappano da questo anche i tanti che autonomamente raggiungono Lampedusa. Negli ultimi giorni, grazie alle condizioni meteo favorevoli sempre di più. Dall’alba di questa mattina, sono arrivate più di duecento persone, che si aggiungono agli oltre 1600 ospitati nell’hotspot diventato tristemente noto per le indecenti condizioni in cui bambini, donne e uomini sono stati costretti a vivere per settimane. Già in giornata dovrebbero partire i trasferimenti, ma nel frattempo il vicesindaco dell’isola, da sempre vicino alla Lega, ne approfitta.  “È un’invasione”, si preoccupa di far sapere, annunciando di aver chiamato il leader della Lega, Matteo Salvini per “chiedere aiuto”. Numeri alla mano, due settimane fa l’Oim ha dimostrato che i trend di arrivo sono perfettamente in linea con gli anni precedenti e se a Lampedusa un problema c’è, è di gestione. Ma con la campagna elettorale alle battute di inizio non sembra importare.

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